Atti mancati
- Autore: Francesco Amoruso
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Shakespeare diceva che “tutto il mondo è teatro”, ed è una sensazione che si avverte durante la lettura di Atti mancati di Francesco Amoruso (Terebinto Edizioni, 2022). Abbiamo parlato di questo autore qui su SoloLibri a proposito di un suo saggio su Bukowski.
Stavolta si tratta di una pièce teatrale composta da tre atti, definita dall’autore “no sense con senso”, con la quale ha vinto la XXI edizione del Premio Massimo Troisi come “Migliore testo teatrale, sceneggiatura cinematografica e scrittura seriale di fiction televisive” nella sezione Autore emergente. Non c’è trama unica ma si rinvengono modulate con grande efficacia – come sottolinea anche in prefazione la professoressa Giuseppina Scognamiglio dell’Università degli Studi di Napoli Federico II – tradizione culturale e insieme tematiche contemporanee.
Il taglio umoristico dell’opera inoltre non inficia le riflessioni sottese perché è l’autore stesso che non lascia scampo al lettore, tramite una resa godibile e divertente senza essere fine a sé stessa.
Nel primo atto, intitolato Pezzenti sagliuti, siamo a Pompei prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. I coniugi Proculo, che tra di loro si chiamano ciùciù e amo’, e che ovviamente ancora non conoscono la loro terribile sorte, discutono sul desiderio della moglie di far commissionare un ritratto di entrambi per mostrare a tutti di non essere dei pezzenti. Anzi, di aver una posizione sociale migliore degli altri perché solo i ricchi potevano permettersi all’epoca di farsi fare un ritratto. Il marito, però, all’inizio scettico per via della loro origine sannita e della professione di panettiere che permette di avere dei soldi ma non certo di essere benestanti, si fa poi convincere.
“Corrompiamo la memoria, modifichiamo la storia, resteremo immortali”.
Dice con convinzione la signora Proculo.
Il secondo atto, dal titolo Attante al lupo, si presenta come un dialogo mancato che si fa monologo. Nella scena c’è solo lo scrittore di una fiaba – evidente ed esplicito il riferimento a Cappuccetto Rosso – che accusa il lupo di ingordigia per aver mangiato non solo la nonna bensì anche la bambina. Il lupo non si vede mai e non risponde. Se si fosse limitato alla donna anziana che ha già goduto ampiamente della vita, sostiene la voce narrante, sarebbe stato considerato meno cattivo e più un animale con le debolezze che gli assegna la natura. Un lupo quindi ingabbiato nel suo ruolo, vittima di se stesso e della società.
Ti avevo detto sì, va’ pure dietro alla creatura, vestiti da vecchietta, poi, non lo so che m’ha pigliato, mi so’ scurdato che stavi là nel letto, a cioncarti di freddo, vestito comme a nu scemo cu ’e pezze da vicchiarella e che pure tu tenevi fame.
Nel terzo, intitolato Anima mia, si gioca con destrezza sull’ambiguo. La scena – dove i protagonisti sono una madre con la figlia piccola in braccio e il padre – si svolge in un ambiente ristretto e svelare seppur in breve il contenuto in questa sede significa svelare proprio quell’ambiguità che sorregge la narrazione. Si lascia dunque al lettore farne la scoperta.
Nel finale di Atti mancati si ripresentano, un po’ a sorpresa, i coniugi pompeiani e la voglia di ostentare ciò che non si è. Tuttavia alle proprie origini non si sfugge. Farsi ammirare o suscitare invidia era allora ed è anche adesso un tratto umano.
A conclusione del libro troviamo un saggio molto interessante dal titolo Ancora un atti…Mo, dello stesso Francesco Amoruso, sull’io in letteratura e sull’importanza del significante verso il significato di un’opera creativa. In questo scritto l’autore narra di come:
Il privato entri involontariamente in un testo creativo letteraturizzandosi.
Atti mancati
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Atti mancati
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