Benvenuti nel deserto del reale
- Autore: Slavoj Žižek
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
“Nei tempi oscuri si può ancora cantare? Allora si deve cantare dei tempi oscuri”.
Bertold Brecht
Un capillare intervento contro(in)formativo che restituisca il cittadino alla propria autonomia di pensiero. Un’anti-pedagogia estranea ai protocolli educativi dei governi, che si ponga come obiettivo primario il disallineamento dalle direttive di condotta imposte dal sistema turbo-capitalista. In tempi caratterizzati dall’idiotismo (di massa) e dal tramonto della realtà (Vanni Codeluppi) si rende necessaria l’assunzione di un aut-aut riguardante l’azione rieducativa e permanente degli adulti: o essa è posta come processo ontologico disalienante oppure è destinata alla mera perpetuazione di condotte, a beneficio esclusivo dello stato dottrinale vigente.
Si tratta dunque di sgomberare il campo dalle mezze misure: adulti pedissequi - o passivi - di fronte alle obbligazioni del sistema capitalistico (generatore di una crisi dai contorni catastrofici) produrranno una trasmissione di saperi succube di tale sistema. In altri termini: cittadini-adulti indifferenti all’attuale stato di fatto non potranno che modellare generazioni a loro volta indifferenti allo status quo consumistico. Ecco la prima e più evidente delle metastasi sociali: l’incapacità di differenziarsi (speculativamente prima ancora che politicamente) dal pensiero e dalle condotte vigenti, che sono il pensiero e le condotte imposte dal neoliberismo globale: la seconda e inevitabilmente ferale fra le metastasi sociali.
Questa copiosa introduzione mi viene suggerita da libere associazioni: ho letto un saggio di Slavoj Žižek che ha impattato decisamente su alcune mie riflessioni. Il testo si intitola Benvenuti nel deserto del reale (Meltemi, 2022. Traduzione di Piero Vereni) e non ne smentisce la fama di filosofo irriverente (anche l’attuale pensiero filosofico dovrebbe costringersi a focus divergenti).
Per esempio: al di là dell’individuazione dell’ennesimo Nemico e dell’innegabile sgomento che ne sono discesi, cosa tramanda della strage delle Torri Gemelle l’unanimismo narrativo occidentale? Che l’11 settembre 2001 significa per il pianeta un punto di non-ritorno: il violento tracimare della “realtà vera” nella vita di tutti i giorni. Traduco con una certa libertà: prima si sussisteva tranquilli & beati nell’Eden mediatico del sogno americano realizzato, dopo - ex abrupto - la realtà dei fatti (la nemesi del sogno americano) rompe gli argini sbattendoci in faccia il suo lato peggiore.
Slavoj Žižek va oltre lo scontato, discostandosi dall’interpretazione comune: l’attentato alle Torri Gemelle, sostiene, è stata piuttosto il realizzarsi di una fantasia distruttiva da tempo alimentata esemplarmente dal cinema e dalla letteratura catastrofiche. Questa diversa assunzione dell’evento non è per Žižek di poco conto: rispetto alla convenzionale lettura del “ritorno alla realtà”, la tesi Žižekiana, in quanto concretizzazione del più terrifico degli incubi, diventa infatti un trauma collettivo di più ardua elaborazione psicologica.
Oltre che il coraggio del pensiero autonomo, sorprende del filosofo-sociologo sloveno la metodologia con cui viene a estrinsecarlo. Una metodologia trasversale agli spunti culturali, in cui la psicoanalisi lacaniana convive con citazioni di blockbuster americani e moralisti inglesi; e l’idealismo hegeliano con Matrix (“Benvenuto nel deserto del reale” è la frase che il capo della resistenza Moebius rivolge a Keanu Reeves). Il focus divergente con cui Slavoj Žižek re-inquadra l’11 settembre, risulta dunque paradigmatico di un ulteriore modo di pensare e interpretare i fatti della storia.
Già a partire dalla nuova prefazione al volume (traduzione di Giulia Vallacqua) Slavoj Žižek si sofferma criticamente su alcune modalità di traduzione del reale. Anche nella fattispecie le annotazioni sono luminose: mi costringo giocoforza a sintetizzarne i passaggi:
“Verso l’inizio della sua Enciclopedia, Hegel parla delle tre posizioni di pensiero fondamentali rispetto all’oggettività […] Per affrontare i principali dilemmi etici di oggi, mi sembra opportuno descrivere le tre posizioni di pensiero più diffuse fra gli intellettuali odierni nei confronti del caos più totale in cui ci troviamo. La prima è costituita dall’esperto che svolge il compito specifico impostogli da chi sta al potere, ignorando il più ampio contesto sociale della sua attività […] un’altra figura chiave del nostro spazio culturale (è il, ndr) “contestatore decaffeinato”. Un contestatore che dice (o canta) tutti i principi corretti, ma deprivandoli in qualche modo del loro margine critico […] Nella sua prefazione a La fattoria degli animali, George Orwell scrisse che se la libertà ha un qualche significato, è “il diritto di dire agli altri quello che non vogliono sentirsi dire”, proprio ciò che il contestatore decaffeinato non fa mai […] Quale sarebbe, allora, una terza posizione nei confronti della follia del nostro mondo caotico, che ci permetta di evitare le trappole della posizione critica senza ricadere nell’affermazione della realtà così com’è?” (pagg. 9-12-13)
La risposta non ve la anticipo, anche perché funzionalmente parcellizzata nelle 184 pagine di questo saggio fondamentale. Per chiunque, ma in primo luogo per chi non si rassegna alle pillole interpretative di una realtà sottaciuta e/o retoricizzata e/o omogeneizzata funzionalmente all’addomesticamento delle masse acefale.
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