Boom!
- Autore: Marcello Dòmini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2023
Nel romanzo Di guerra e di noi (Marsilio, 2020), Marcello Dòmini aveva avviato le vicende dei Chiusoli, a Bologna e dintorni, da una guerra all’altra del Novecento. Il pediatra e cattedratico bolognese prosegue il racconto di formazione di una famiglia italiana nel sequel Boom!, nuova ampia opera narrativa, uscita da poco, sempre per i tipi Marsilio (giugno 2023, collana Romanzi e Racconti, 666 pagine).
Con il titolo di tre anni fa, il docente di chirurgia pediatrica nell’Ateneo bolognese ha fatto incetta di premi letterari, anche in concorsi per opere prime ed è stato tra i finalisti del prestigioso “Premio Acqui Storia nazionale 2020”. Ora fa doppiare ai suoi personaggi la Seconda guerra mondiale. Ricciotti Chiusoli, parenti, amici e conoscenti affrontano le conseguenze e le divisioni del conflitto. Entrano poi nella ricostruzione, nel seguente boom economico e da qui nella stagione altrettanto divisiva, segnata dagli opposti estremismi, insanguinata dalle bombe della strategia della tensione e sconvolta dal terrorismo politico.
La storia di una famiglia? O della famiglia, del non ancora sessantenne professor Marcello Dòmini? Come spiega l’autore:
Mio nonno si chiamava Renato Chiusoli e vendeva automobili. Era sposato con Pina, aveva due figlie, Donata, Stefania e un maschio, Cesare.
Ma le analogie con Ricciotti “Ciotti” Chiusoli finiscono qui,
perché non è mai esistito un Candido in famiglia, tanto meno due, zio e nipote.
A quel nonno era molto legato e usare il cognome è stato un omaggio, “senza immaginare che il libro sarebbe stato poi pubblicato e letto”. In ogni caso, Renato non ha mai fatto quasi nessuna delle cose attribuite al suo alter ego, nei due romanzi, anche se “avrebbe potuto” (fare il partigiano, ad esempio), da persona eccezionale qual era. Marcello ha lavorato di fantasia, calando però le vicende in fatti collettivi realmente accaduti, che ha diligentemente studiato, per definire un contesto storico corretto delle vicende narrate.
Al nonno hanno voluto bene in tanti e due sono stati grandi amici per tutta la vita (ripresi nella narrazione). Uno si chiamava davvero Enzo, anche se non Ranuzzi di cognome - nella realtà non hanno mai litigato - l’altro era Angelo Schiavio, Anzlén, calciatore del Bologna, punta della Nazionale campione nei Mondiali 1934.
Ricordato il simpatico intercalare spesso in dialetto (un vernacolo bolognese alla portata di tutti, nessuna fatica per i lettori), merita un cenno la paternità dei divertenti aneddoti sulla Bologna degli anni Sessanta, che rendono brillante il racconto. Si devono a Lorenzo Tamburi, divulgatore di una bolognesità quasi del tutto persa, osserva Dòmini e non senza amarezza. Intraprendente e simpatico, amico di famiglia, ha divertito quattro generazioni raccontando le sue storie. Ma il cognome del Lorenzo del libro non è il suo e non ha fatto assolutamente gran parte di quello che l’autore fa compiere al suo personaggio.
Sintetizzando il primo romanzo, ricordiamo i due fratellini di Castenaso orfani di padre, caduto nella prima guerra. La vedova è sola, con un’azienda agricola da gestire, Candido ha sei anni e al fratello maggiore tocca darsi da fare, nonostante ne abbia soltanto nove. Ricciotti, Ciotti come lo chiamano tutti, si sacrifica per non separare il minore dalla mamma, prende lui il posto nel Collegio per orfani di guerra, l’Istituto Ungarelli di Bologna. È qui che fa incontri decisivi per il suo futuro: un ragazzo agiato, Enzo, un anarchico agitato, Franchi e un calciatorino di talento, Anzlén Schiavio.
La direttrice vede grandi doti in Ciotti, ma il ragazzo non ha la possibilità di continuare gli studi dopo il Collegio, gli tocca lavorare, per dare una mano in famiglia. La donna lo indirizza alla Casa del Fascio di via Marsala, dove trova occupazione da scrivano. È diretta da Leandro Arpinati, che diventa un vero mentore per Ricciotti ed è un fascista anomalo, certamente violento ma piuttosto autonomo di pensiero e parole. Infatti cambierà e anche molto nel romanzo.
Passano gli anni, Candido diventa un bel ragazzone e sarà lui, col tempo, a instradare il fratello verso la Resistenza.
Oltre milletrecento pagine complessive, due romanzi alluvionali, ma scorrono come acqua fresca, non sono di certo il fango stagnante lasciato nella bella e martire Romagna dall’esondazione dei fiumi e canali a maggio.
Dòmini si racconta e ci racconta. Molto di quello che scrive e descrive è comune a tante generazioni, episodi della storia grande nazionale, di quella piccola di famiglie e persone e della storia della città felsinea.
Tante vicende, con tanti aspetti anche divertenti, non solo drammatici.
Possiamo specchiarci nelle sue pagine, tanto più chi ha vissuto i decenni raccontati stavolta, dal 1954 al 1980, un periodo che comprende la travolgente espansione economica dei Sessanta, il Paese che rinasce e diventa potenza industriale mondiale come non è mai stato. Un quarto di secolo che porta all’Italia policroma della televisione a colori, passando dagli anni grigi di piombo.
Ma già durante la lotta antifascista, Ricciotti ricordava ai partigiani:
Dobbiamo ricostruire tutti insieme questo Paese spezzato. Tutti insieme.
Una visione aperta, mai cupa quella del medico-scrittore bolognese, orientato verso i valori positivi e che non disconosce le negatività, ma mette in luce soprattutto gli affetti veri. “L’amicizia”, afferma, è amore, scambio, stima, soprattutto fiducia, che finiamo per sottovalutare quando invece è il sentimento più importante, alla base di tutti i rapporti umani.
Boom!
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