Breve storia della letteratura gialla
- Autore: Eleonora Carta
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Graphe.it edizioni
- Anno di pubblicazione: 2019
La scrittrice Eleonora Carta, laureata in Giurisprudenza, con la passione per libri e racconti tanto da rinunciare a praticare qualsiasi attività forense, con Breve storia della letteratura gialla (Graphe edizioni, 2019) si cimenta con piglio da avvocato nel classificare e difendere la letteratura gialla, nata alla metà dell’Ottocento.
Uno potrebbe chiedersi il perché di questo sforzo e allora ci siamo imbattuti in uno dei pochi non lettori di gialli, dal momento, che negli ultimi anni , se sono cresciuti i lettori di poco, è grazie al giallo. Chiaramente in questo libro Carta parla di gialli puri, con tanto di logica deduttiva, sulle prove e le confessioni a volte nemmeno ancora richieste dagli inquirenti, che vanno a passo lento e gli alibi. Commistioni come il giallo noir, l’hard boiled, il noir, il thriller psicologico e il legal thriller arriveranno molto tempo dopo.
Innanzitutto, perché i gialli? Perché Giallo Mondadori, la celebre collana che uscì nel lontano 1929 era di colore giallo. Ma i gialli in cromatologia danno un senso di ansia e di paura e la scrittrice non è proprio interessata a spiegazioni simili, avendo dalla sua il buonsenso condito da una sapida ironia e dunque “giallo”, perché con questo colore continuarono i gialli economici Mondadori dal 1933 con Il consiglio dei quattro di Edgar Wallace dalla tiratura di ventiseimila copie, che sembrano poche, mentre nel Novecento italiano fino ai giorni nostri, la cifra può sembrare modesta poi aumentata con l’accrescere dei titoli; mentre per la “narrativa pura” italiana, ammesso che significhi qualcosa, in questi ultimi anni sarebbe una cifra ragguardevole.
Il Giallo economico Mondadori è sempre stato venduto anche in edicola e non solo in libreria, persino durante il secondo conflitto bellico. Mancò solo nel 1941 perché il regime fascista credeva che leggere storie di morti ammazzati fiaccasse la moralità “italica”, ma viste le proteste, fu di nuovo in edicola dove è venduto tuttora.
Eleonora Carta poi riprende l’annosa questione della letteratura di genere, che è solo di diporto, quindi “paraletteratura”, ritenuta buona per lettori di serie b che non volevano impegnarsi con la cosiddetta “narrativa pura”.
Il padre fondatore del giallo fu in realtà Edgar Allan Poe, e lo scrittore non considerava l’arte un mezzo di innalzamento, la trovava perniciosa e inutile. Un autore che abbiamo amato moltissimo si prendeva gioco di noi che avevamo bisogno di leggere e in particolar modo seguivamo il modus operandi deduttivo, che però fu una rivoluzione del linguaggio scritto.
Scrive l’autrice:
Nell’ambito del romanzo.giallo, la storia si scrive a partire dalla fine, per ricostruire a ritroso tutti i passaggi intermedi e fare sì che tutto si incastri come gli ingranaggi di una macchina perfetta. Ecco il modo in cui Edgar Allan Poe inventa il romanzo poliziesco.
Quindi, quando scriviamo di letteratura di genere, non significa necessariamente che è un genere minore. L’unico problema è la quantità spropositata di libri gialli, che sono diventati gialli noir, noir, thriller, legal thriller.
Molti sono scritti male, ma perché è una catena di montaggio; sono tantissimi e molti di essi sono scritti per chi non è così interessato allo stile, spesso l’uso di un termine quale “distopico” è solo una parola per imbarazzare chi non ha finito gli studi.
La verità è che ora si può scegliere tra mille scrittori e scrittrici e in Italia c’è il raffinatissimo Hans Tuzzi e negli Stati Uniti uno scrittore che produce letteratura di genere come Stephen King o legal thriller scritti in maniera eccezionale da John Grisham.
Ma chi scrive è consapevole che la letteratura di genere avrà sempre una connotazione non positiva. A tal proposito Eleonora Carta addirittura fa un esempio. Due scrittori in un foyer. Uno dice all’altro:
Bè ti sei divertito non poco coi tuoi delitti di carta e hai guadagnato. Quando inizi a fare un lavoro vero come noialtri?
Non se ne esce, anche se è un pregiudizio duro a morire, soprattutto in Europa. Negli Stati Uniti a chiedersi se la letteratura deve farsi schiacciare dal genere paraletterario sono solo gli studiosi di Harvard e di Yale e altre prestigiose università.
Se mi sono attardato sulla riflessione di genere è perché c’è una succosa e importante commistione di fatti e di persone: ne citerò due, Edgar Allan Poe e Alexander Dumas. In questo volume l’autrice, fino alla fine, ci vuole convincere a non usare mai più il termine “letteratura di genere” in senso dispregiativo. Non fosse altro perché Carino uccise Abele e nell’Edipo Re di Sofocle il figlio uccide il padre e sposa la madre e poi troviamo omicidi anche nelle novelle orientali, come Le mille e una notte.
Molto più avanti troviamo l’inglese Arthur Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes, pieno di difetti, maschilista, ma dotato di un acume eccezionale, se non fosse che dato il successo, Doyle detesta il suo personaggio, ma più aggiunge difetti più piace ai lettori. Segue il londinese Chesterton con le avventure di padre Brown.
E poi lei Agatha Christie, tra gli epigoni del giallo giacché visse fino al 1976 e aveva quasi ottantasette anni, l’autrice di gialli più letta nel mondo (ha venduto un numero di copie pari a Shakespeare). Lei privilegiava le donne nei panni di assassine o investigatrici, come l’attempata Miss Marple suo probabile alter ego, perché più intuitive. Nondimeno il suo inglese veniva criticato perché dozzinale, ripetitivo, la Christie le accettava le critiche, ma buona inglese se ne fregava. Nonostante una certa inventiva sui suoi casi, era inglese fino al midollo. Tè alle cinque, visite da fare, obiettivo: trovare un marito come una buona ragazza dell’alta borghesia inglese. Il suo Hercule Poirot era pacifico, grassoccio perché goloso (ma solo di cose buone) e innamorato di una certa Catherine, conosciuta durante il primo conflitto bellico. Intuizione geniale. Ordinato e metodico.
Poi ci sono i grandi anche nello stile della scrittura, più realistica e cruda da due scrittori americani: Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Creatori degli hard boiled, gialli di ambiente metropolitano, tra Chicago o New York, dove i confini tra il bene e il male non sono più definiti. Non esiste l’uomo buono in assoluto nelle città statunitensi, i personaggi sono attraversati da chiaroscuri e momentanee amnesie, sono consapevoli del male che hanno sotto pelle. Sam Spade per Hammett (nella versione cinematografica era Bogart e la donna infida Mary Astor ne “Il falcone Maltese”, del 1930). Mentre per Chandler, Philip Marlowe, poliziotto privato nella Los Angeles degli anni Trenta.
Questo libro di Eleonora Carta è pieno di aneddoti interessanti, ma soprattutto rappresenta la difesa ad oltranza del romanzo giallo, dignitoso quanto la narrativa pura.
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