Caravaggio 1448
- Autore: Massimo Predonzani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
La ricostruzione di una battaglia rilevante per la storia italiana ma semisconosciuta, a fine 1400. E una curiosità, tra le altre, relativa a Bartolomeo Colleoni. Sono i contenuti del saggio di un maestro d’arte ed esperto in araldica, Massimo Predonzani, autore nel 2013 per Acies Edizioni del volume “Caravaggio 1448. L’assedio, le battaglie, l’araldica” (pp. 220, euro 19,00) illustrato con 14 belle tavole a colori dallo stesso scrittore, ch’è anche disegnatore capace e curatore del sito di figure, insegne e simboli guerreschi Stemmieimprese.it.
La sua competente attenzione si rivolge all’assedio di Caravaggio (cittadina dell’estremo lembo meridionale della provincia attuale di Bergamo) e agli scontri tra le truppe della Repubblica di Venezia e le compagnie di ventura di Francesco Sforza, al servizio di Milano. Con uno sguardo, ovviamente, agli emblemi araldici dell’epoca.
È indispensabile fare il punto del momento storico. Nell’agosto 1447 era morto a Milano il duca Filippo Maria, ultimo della Signoria dei Visconti. L’assenza di eredi aveva scatenato il conflitto tra numerosi pretendenti: il genero Francesco Sforza, condottiero militare, il re di Napoli Alfonso d’Aragona, gli Orleans di Francia, i Savoia, l’imperatore Federico III (che pretendeva di succedere in mancanza di discendenti diretti del nobile defunto) e soprattutto Venezia, per pura prepotenza, considerato lo stato di belligeranza con la casata milanese.
I milanesi per la verità non avevano perso tempo. Si erano affrettati a proclamare la Repubblica Ambrosiana, costituendo il Governo dei Capitani e Difensori della Libertà. Dopo avere espulso dalla città gli elementi viscontei e aragonesi, si erano rivolti ad affrontare la minaccia dei veneziani, che occupavano parte del territorio del Ducato.
Contro la Repubblica del Leone e le sue pretese, era accorso dalle Marche lo Sforza, valido capo militare. Moderate con alcune vittorie le ambizioni franco-savoiarde, si era volto al confine lombardo orientale, affrontando le colonne venete, comandate da Micheletto Attendolo.
Caravaggio era una piazzaforte avanzata della Repubblica nemica e Milano decise di mandarvi contro le armate sforzesche, per cogliere un possibile successo, arrivare a un armistizio con Venezia e chiudere la partita con lo stesso Francesco, condottiero che con la sua intraprendenza causava spese belliche enormi a carico delle casse ambrosiane.
Lo Sforza andò, assediò, attirò i rinforzi avversari e, pur in inferiorità numerica, travolse con un contrattacco i nemici, attardati dal fango nelle paludi tra Fornovo e Caravaggio. Li sconfisse e saccheggiò l’accampamento.
Il libro offre il modo di conoscere le modalità di combattimento dell’epoca, sulle quali si sofferma Massimo Predonziani.
I cavalieri si articolavano in lance, multipli della formazione base: la “lancia”, costituita da un armato corazzato su cavallo da battaglia, un combattente e uno scudiero montati su ronzini o asini. Altri cavalieri erano i “galuppi”, senza armature e con armi leggere. I “saccomanni” o “foraggeri” battevano i dintorni in cerca di viveri. I “guastatori” erano villici in funzione di genieri e operai. Le “cernite” erano contadini arruolati da Venezia come fanteria comune, senza specializzazioni particolari.
Truppe specializzate erano invece gli “schioppettieri” milanesi, armati di schioppetto da sparo e i fanti del compagnie di ventura, distinti in “bande” costituite in numeri uguali da gruppi di balestrieri, lancieri o ronconieri e palvesari. Il roncone era un’arma inastata: un lungo bastone di legno che recava all’estremità una cuspide di metallo con roncola e punta, per agganciare e disarcionare i cavalieri o trafiggerli. Il palvese o pavese era un grande scudo ovale di legno tenuto da un servente. Schierati in linea fianco a fianco, potevano proteggere balestrieri e arcieri o consentire alla cavalleria di riorganizzarsi.
E arriviamo a Colleoni, duce di parte veneziana. Colleoni? No, Coglioni, secondo chiare fonti storiche, a quanto si legge nei documenti del XV secolo che si riferiscono a lui o alla sua famiglia. In una biografia in latino, è Bartholomeus Coleus (testicolo) e il padre Paolo si firmava come de Colionibus. In più, in un documento dell’Archivio Storico di Brescia, appare come Coijoni e lo stemma gentilizio quattrocentesco raffigura tre testicoli e porta la didascalia de Collionibus.
Nacque intorno al 1400 a Solza (Bergamo), da Paolo e Riccadonna di Medolago. Il padre entrò nel 1404 in possesso del castello di Trezzo, conseguendo una gloria di breve durata. Coinvolto nelle lotte tra guelfi e ghibellini, venne ucciso. Il castello andò perduto, la moglie morì in prigione e il quindicenne Bartolomeo, dopo la giovinezza a Solza, fu iniziato al mestiere delle armi nella corte piacentina di Filippo Arcelli. Valletto di Braccio da Montone, passò alle dipendenze di Iacopo Caldora, che serviva la regina Giovanna di Napoli. Battaglia dopo battaglia concretizzò la sua fama di condottiero. Morì nel novembre 1475.
CARAVAGGIO 1448. L'ASSEDIO, LA BATTAGLIA, L'ARALDICA
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