Carpediem di Claudio Ronco

Diario intimo, autobiografia, racconto di una vita straordinaria e del successo, cresciuto anche all’estero, di un’eccellenza tutta italiana; scambio epistolare, descrizione di un caso clinico particolarmente complicato, una vera e propria sfida dagli esiti più che mai incerti; denuncia delle contraddizioni e dei problemi della sanità italiana...
E’ tutto questo insieme Carpediem (Angelo Colla Editore) del Professor Claudio Ronco – nefrologo di fama internazionale e direttore del Dipartimento di nefrologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, che con il suo team ha messo a punto, fra l’altro, una nuova macchina per dializzare i neonati.

Il titolo, «Carpediem», nel linguaggio scientifico significa Cardio-Renal Pediatric Dialysis Emergency Machine: un miracolo della tecnologia, come lo chiama Umberto Veronesi nella prefazione. Ma è la sua traduzione dal latino, «ruba un giorno» al futuro che esprime al meglio la filosofia e lo spirito con cui il nefrologo Claudio Ronco ha affrontato il difficile caso della piccola Lisa.

Un testo ricco di riflessioni dove si alternano capitoli – alcuni sono brevissimi – dedicati al ricordo delle difficili ore passate accanto alla piccola Lisa, nata con un’insufficienza renale e respiratoria, ed altri relativi ai tanti momenti di una carriera eccezionale, i cui inizi risalgono, in qualche modo, alla vigilia di Natale del 1956 quando il giovanissimo Claudio capisce che il padre, medico condotto sull’Altopiano di Asiago, è un uomo importante e che la gente gli vuole bene per quello che fa e per come è.
Altri episodi gli insegneranno che non è solo quello che dice e quello che sa, ma anche quello che sente per i propri pazienti – come se facessero parte di una sola famiglia –, a rendere grande il padre e lo convinceranno a seguirne le orme.
Nel corso della lunga e soddisfacente carriera, non sono mancati dubbi, difficoltà, tentazioni e scelte difficili, ma gli studi, le esperienze e la sensibilità di una persona fuori dall’ordinario hanno permesso di raggiungere, nella diagnosi e nella terapia delle malattie renali, risultati insperati fino a qualche anno fa, e di dar vita, grazie ad un’intensa attività didattica e di ricerca, ad un centro fra i più moderni e aggiornati.
La collaborazione tra medici e scienziati di diverse specialità, ovvero la cooperazione interdisciplinare di specialisti in campi diversi con diverse competenze, è alla base della costruzione di quello che oggi viene chiamato nel mondo “modello Vicenza”.

Estraneo ad ogni intento autocelebrativo o autoreferenziale, il Professor Ronco diventa, pagina dopo pagina, il medico cui tutti vorremmo affidarci – se mai ce ne fosse bisogno; l’amico che tutti vorremmo avere nei momenti di difficoltà; il collega o il superiore cui fare riferimento nei casi più critici; il ricercatore di cui andare fieri come italiani, grande comunicatore, leader seguito e amato, strenue fautore della formazione globale, della condivisione del sapere e della trasmissione di ideali che vanno ben oltre i risultati materiali del momento...

Il suo racconto, oltre ad arricchire umanamente, permette di avvicinarsi alla scienza medica con rinnovata fiducia. Certo, nella sanità italiana ci sono stati, negli ultimi anni, mutamenti epocali: sono cambiati – non sempre in meglio – il rapporto medico-paziente, la gestione della malattia e l’applicazione dei protocolli, né mancano invidie, opportunismo e burocrazia, ma pensare che potremmo imbatterci in specialisti come il Professor Ronco, capaci non solo di delicati slanci poetici e di grandi entusiasmi, ma anche di umiltà e di disponibilità, ci rende meno pessimisti.
Dopo quasi sessant’anni da quella messa di mezzanotte nella chiesetta dell’ospedale, il bilancio positivo dell’autore si fonda sulla consapevolezza di aver realizzato alcuni dei propri sogni, di aver messo a frutto i propri talenti, di aver compiuto buone azioni, come permettere una vita normale alla piccola Lisa, dopo averla seguita momento per momento, senza mai abbandonarla, e di aver realizzato qualcosa di utile per gli ammalati.
In breve, di aver fatto non solo di Asiago o di Vicenza, ma di ogni luogo in cui ha vissuto, lavorato o insegnato, un posto migliore di come lo aveva trovato.