Che la festa cominci
- Autore: Niccolò Ammaniti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2009
- Benvenuti al party del secolo. L’Italia fatta a pezzi in una sfrenata ed esclusiva Apocalisse. Quarta di copertina
- “Quel che resta dell’Italia…”ovvero una favola a rovescio Sottotitolo
Un Ammaniti inedito per certi versi; toltasi la pesantezza di testi più grevi, si è lasciato scivolare una storia impazzita che ricorda certi musical degli anni ottanta, dove tutto è esagerato e paradossale (ma non troppo). La trama, in breve, è quella di un parvenu della peggior specie, Sasà Chiatti, un immobiliarista/palazzinaro, cafone quanto non basta e megalomane all’ennesima potenza, il quale organizza una super-mega festa a Roma, a Villa Ada, sua proprietà, ed invita “Tutti i nomi che contano” del rutilante mondo dei VIP. Ci sono proprio tutti: politici, attori e attoruncoli, artisti di svariati generi, calciatori, donne e donnine inconsistenti se non ornate di bellezza, per lo più rifatta, elefanti, tigri e quant’altro, insomma un campionario e una fauna umana, archetipi di una specie tanto stigmatizzata e, al contempo, corteggiata dai mass media perché spettacolarizza e sensazionalizza! C’è lo scrittore di successo, “Tu sei forte, tu sei bello, tu sei imbattibile, tu sei incorruttibile, tu sei un …AH…AH…Cantautore”, Fabrizio Ciba, preoccupato solo del suo ego e dell’immagine che deve dare di sé. Da antologia cinefila, la scena...”Con un colpo gli strappò la chiavetta USB da 40 gb dal collo…” del grande autore dei capolavori della letteratura italiana degli anni settanta, ormai cadavere. Ci sono le belve di Abaddon, una patetica setta satanica di Oriolo Romano, il cui leader Saverio Moneta cerca nel male un riscatto alla sua tapina e fantozziana vita. Una folla di personaggi affolla la scena narrativa, impazza in preda ad un’euforia lugubre da bolgia infernale, è una festa tragicomica, iperrealistica e sopra le righe dall’inizio alla fine. Un’umanità tronfia e ridicola, persa nel suo isterico vaneggiare, tesa ad inseguire e perseguire, spesso il nulla, cieca nel non vedere il precipizio che gli si para di fronte. Sono scene apocalittiche, in tono mondano, fatuo e satirico, quelle che si palesano davanti agli occhi dei lettori, dove tutto è esasperato fino al parossismo, la comicità graffia e irride. Sembrano tutti delle marionette senza umanità e sensibilità, omnia transeat… “Con il tempo, anche questa brutta esperienza sarebbe passata, avrebbe perso la sua drammaticità e l’avrebbe ricordata con un misto di divertimento e di rimpianto”, gli Umani si orientano come certi voltagabbana della politica e non. Critica feroce all’ex URSS, gli atleti sovietici partecipanti alle olimpiade del ’60 a Roma che preferiscono alla vita soffocante in Unione Sovietica quella altrettanto soffocante, ma libera delle catacombe: alla prigionia della mente la libertà di scelta... Siamo una società, si spera una parte, alla deriva, travolti da quell’onda anomala, “l’acqua della condotta esplose dal bacino ed aprì una voragine nella terra e sfondò la volta di tufo di una galleria che passava proprio sotto il lago, e cominciò a riempirla come fosse un’enorme tubazione”, che tracima e porta a galla senza una razionale selezione. Certo che siamo anni luce lontani dalla morale manzoniana della peste che amministra la giustizia separando i vizi dalle virtù; i confini tra il male e il bene non sono più tracciabili, tutto può essere accettato, importante che raccolga consensi e plausi pubblici. Non è un pamphlet: Ammaniti non è un fustigatore delle storture e delle deviazioni di certa umanità, ma come gli artisti di razza, imbastisce una favola, solo che rovescia le parti, non sono protagonisti gli animali umanizzati, bensì gli uomini animalizzati in tutta la loro ferinità. Dialoghi comici e battute mordaci contrappuntano uno stile attuale e carico di vena sardonica dove galleggia ciò che resta della nostra “Povera Patria”, gli avanzi di un pranzo o di una cena mal digerita.
L’autore - Niccolò Ammaniti è nato a Roma nel 1966. Ha pubblicato Fango (1996), Branchie (1997), Ti prendo e ti porto via (1999), Io non ho paura (2001), Come Dio comanda. Dei suoi libri sono stati tratti film di successo, di importanti registi. E’ pubblicato in 44 Paesi e il suo sito ufficiale è all’indirizzo www.niccolòammaniti.com.
Recensione di Arcangela Cammalleri
E’ una storia pazzesca, questa raccontata in “Che la festa cominci “. Ammaniti ha dato sfogo a tutta sua meravigliosa fantasia, alla sua verve e al suo innato talento. Il libro è ambientato a Roma e si muovono, personaggi particolari, se osservati nei dettagli, e assolutamente comuni, se visti nella massa. Il Talento, sta appunto, nell’osservare oltre le apparenze .
Il primo da ”osservare“ è Saverio Moneta. Saverio è un ragioniere stanco e insoddisfatto, sposato con una donna insopportabile che lo tratta come se fosse pezza da piedi. Lui ha una vita parallela, perché è il capo di una setta satanica, Le Belve di Abbadon, setta, a dire il vero un pò sfigata. Non riescono a organizzare nulla e poi sono solo in quattro a farne parte. Lui tenta (sogna) di organizzare qualcosa che li faccia balzare al primo posto tra le sette sataniche italiane.
Il secondo da “osservare“ bene è Fabrizio Ciba, scrittore talentuoso che però è fermo da circa cinque anni nella stesura del suo ultimo romanzo. Fabrizio è sicuramente un bravo scrittore, eppure conduce una vita abbastanza dozzinale…non è certo circondato da intellettuali, ma piuttosto da una vasta schiera di ignoranti. Specie di donne “stupide“, che preferisce a donne intelligenti, perché così il suo ego la fa da padrone.
Entrambi hanno modo di partecipare alla mega festa organizzata dall’imprenditore Sasà Chiatti a Villa Ada. Parteciperanno a questa festa, che sarà il party dell’anno, le varie attricette, veline, calciatori, chirurghi estetici e vari psico-intellettuali. Ciba cerca di spaziare e cavarsela tra queste varie fette d’umanità, metre Saverio è lì con la sua setta per portare a termine un piano diabolico ai danni di una cantante convertita da poco al cattolicesimo.
Durante questa lunghussima festa capiteranno avventure incredibili, iperboliche che Ammaniti riesce a raccontare in maniera molto semplice e soprattuto comica, delineando le sfaccettature dell’essere umano nell’epoca in cui viviamo. Un’epoca colma di vizi, di effimero e soprattuo della perdita di dignità .Proprio uno dei personaggi dice che non esiste più la classica “figura di merda“. Un tempo gli uomini ne erano ossessionati. Oggi invece non esiste più. Sembra che oggi si possa commettere tutto, anche le cose più disprezzabili. E queste invece di nuocere a una persona, la rende invece più affascinante, più meritevole di curiosità e attenzione.
Basta guardare i giornali italiani, in questo senso.
Il libro è incredibile.
Si ride dall’inizio alla fine. Un vero e proprio antidepressivo.
Recensione di Lucia Dell’Omo
Che la festa cominci
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scusatemi, ma io devo aver letto un altro libro - il CHE LA FESTA COMINCI che hanno venduto a me è una patetica caricatura del Niccolò Ammaniti che tanto mi aveva in passato deliziato
a me è sembrata un’emerita pocheria!
Veramente un brutto libro, per fortuna l’ho preso in biblioteca! Mi dispiace, perchè penso alla poesia del bellissimo "Ti prendo e ti porto via" al praticamente perfetto "Io non ho paura" e all’incasinato ma pur avvicente "Come Dio comanda".
Sembra essere uno di quei libri pubblicati postumi e assemblati prendendo dei poveri appunti dell’autore ormai deceduto...
Brutto davvero. Peccato
si non posso che concordare con gli altri commenti;mi aspettavo molto di piu’ e man mano che leggevo sprofondavo nel baratro di questa storia pazzesca.Che dire? Aspetto qualcosa di meglio dall’autore ,boh speriamo!
siete i soliti sfigati pippaioli pseudo intellettual-onanisti,andatevi a leggere le scoregge dei numeri primi di quella mezza sega di giordano,o il libro di paolo brosio su la madonna.intanto se non avete letto il racconto scritto da niccolò con manzini su crimini 1 non coglierete mai appieno la genialità di questo sequel in flashback,per finire questo libro è un divertissement satirico visionario,non ha di certo la brama di emulare guerra pace.
concordo con chi leggendo il libro si aspettasse di più
tanta pubblicità per un gran brutto libro
Si prega di moderare i termini, limitandosi a dare la propria opinione del libro, senza insultare altri lettori con idee differenti a riguardo. La Redazione di SoloLibri.net
Moltissime strizzate d’occhio al lettore (il rapporto di Ciba con i fans, per esempio), a tratti persino moralistico (mai davvero pungente). Mancano grandi invenzioni. Ammaniti resta simpatico, qualche pagina è piacevole tuttavia tutto (dalla trama alla scelta degli aggettivi all’evocazione di particolari oggetti e animali) appare scritto senza troppo impegno...insomma un lavoro tirato via. Non appare nemmeno molto efficace come libro satirico poichè la pirotecnica realtà italiana superà per impatto la rilettura (molto didascalica) del bravo scrittore. Molto piatte le citazioni di "Jurassic Park" e di Scarface (sembrava di vedere il film "Gomorra"). Leggendo "L’ultimo capodanno" e "Come Dio comanda" e idealmente unendo questi due libri "Che la festa..." appare, in sintesi, un libro superfluo ed inutile. Mi ha fatto male leggerlo? sono pentito di averlo acquistato? La risposta ad entrambe le domande è no.
bè non lo so forse sarò strana io, ma a me è piaciuto tantissimo... finalmente una storia diversa forse un pò confusionaria ma diversa. veramente un gran bel libro !!!
Deludente scivolone di uno scrittore che era apparso geniale in "Ti prendo e ti porto via" e in "Come Dio comanda", o iperealistica fotografia della volgare, putrida cloaca della società in cui sguazziamo con becero compiacimento? ai posteri l’ ardua sentenza.
come sieti critici e negativi.sembra quasi che non sappiate sorridere della vita che ci circonda. bravo Ammaniti
All’inizio mi era sinceramente piaciuto, ma a festa inoltrata, via via che sono andato avanti sono rimasto sempre più sconcertato. Il libro ha preso una brutta piega, irrimediabilmente troppo assurdo. Peccato davvero, niente a che vedere con "Ti prendo e ti porto via", per non parlare poi di "Io non ho paura". Solo un po’ peggio di "Come Dio Comanda".
Perchè non pensate che possa esistere un Sasà Chiatti al giorno d’oggi? Date la possibiltà a chi dico io di comprare villa Ada e vedi che ti combina! Nessuno ha notato che nel libro ci sono molte scene di sesso ( a Niccolo te piacerebbe esse come Ciba eh!!! ). Bella libertà che si sono conquistati i Russi, 50 anni dentro le catacombe deve essere ’na figata proprio. Comunque il libro mi è piaciuto abbastanza e volevo dire a Niccolò di tenere duro che prima o poi l’incontra un vecchietto con una USB da 40Gb al collo. Fabius.
nel complesso potrebbe considerarsi anche un bel libro, ma il finale è stato un pò insoddisfacente!
adoro lo stile dell’autore, e ho letto tutti i suoi libri in passato, ed è la prima volta che Ammaniti compone questa storia tragicomica e surreale.
A livello personale, leggendo le prime pagine, mi aspettavo tutto tranne che un finale del genere, il fatto che l’autore ama terminare i suoi romanzi lasciando i lettori nel dubbio, è evidente, ma personalmente parlando, nel caso di "che la festa cominci" mi ha notevolmente deluso.
Delusione, l’inizio è accattivante poi scade pesantemente.
Speriamo nel prossimo.
Non capisco le critiche negative al libro.Per me è stato un’esplosione di divertimento.ilarità e riflessione che mi ha fatto letteralmente perdere qualche ora di sano sonno per sapere le avventure di questi personaggi.Grossa fantasia e riproposta di personaggi di cui è piena la vita! Grande Ammaniti! Spero in un altro romanzo così "lieve" ma così ironico!
Solo ora, dopo avere appena finito di leggere "Che la festa cominci", ho letto - per mera curiosità e forse, incosciamente, per prolungare il rapporto con il libro - alcune recensioni, quasi tutte, purtroppo, negative. Personalmente ho trovato l’opera (e sottolineo l’opera) amabilissima. Non mi ha commosso, certo, come altri libri di Ammaniti (a Cristiano di "Come Dio Comanda" ho voluto bene quasi come a un figlio) non mi ha sconvolto come "Io non ho paura", ma mi ha preso ugulmente, mi ha fatto sorridere e riflettere. E’ una deliziosa satira della nostra società malata, popolata da squallidi megalomani e da poveri sfigati in cerca di riscatto. La festa di Chiatti ha un epilogo grottesco e quasi catartico. L’apocalisse si consuma al centro di Roma, sullo sfondo il rumore del traffico della capitale. Eppure tra le macerie affiora a tratti l’umanità di alcuni personaggi, non a caso, proprio i più emarginati. Mantos salva Larita anzichè giustiziarla, Zombie si uccide per amore e non in nome di Satana.....Ammaniti è un maestro nel dare spessore e dignità a quelli che non contano, nel concedere un’occasione a chi di occasioni non ne ha mai avute.
Ammaniti resta il mio autore preferito
sicuramente non è uno di quei libri che ti trasmettono chissà cosa..ma sicuramente è molto piacevole..non è uno di quei libri pesanti, anzi è ti fa fare quattro risate con delle scene assolutamente diverteni..
è un ottimo libro per chi ha voglia di leggere qualcosa di non impegnativo in qualsiasi momento della giornata, anche in metropolitana o durante un viaggio perchè no??
Ho finito il libro col sorriso sulle labbra.
Non ho letto altro di Ammaniti e sinceramente non trovo intelligente paragonare un libro ad un altro; mi sembra di aver capito, leggendo gli altri commenti, che i precedenti lavori dell’autore siano stati più "seri e profondi"...ma chi vi dice che quest ultimo voglia esser stato serio e profondo!!!
mi complimento con lo scrittore per la brillantezza e la capacità di avermi fatto passare delle sere "leggere e poco seriose". Attenzione: non è un libro superficiale.
Con tutto il rispetto di chi ha una diversa opinione, ma non è che può valere sempre tutto ed il contrario di tutto!! Ho trovato il libro pessimo, la fantasia quando va così a briglie sciolte non produce nulla di buono, si può sparare qualunque cavolata. La bravura dello scrittore sta proprio nello incanalare la fantasia per sorprendere il lettore, qui si inventa "la qualunque" senza alcun senso.
E poi, scusate, lo stile letterario è banalissimo, la tecnica inesistente. Non ho letto altri libri di costui, sono certo che abbia scritto di molto meglio, ma questo libro è una vergogna, e sono certo che anche Ammaniti lo sa. Anche se ovviamente tutto il circo pubblicitario ha funzionato, compresa ahimè la Dandini estasiata che si manteneva la pancia dal ridere commentando il libro con l autore (ma che te ridi ?).
Magari non sarà il capolavoro della letteratura italiana di tutti i tempi ma nel complesso non è male.
Sono sicuro che Ammanniti sapeva ciò che faceva quando ha scritto questo libro perchè non è uno stupido e lo ha dimostrato, certo, rispetto ai suoi precedenti lavori questo libro è dotato, specie nella seconda parte, di una sfrenata fantasia nella quale quasi non si riconosce il caro vecchio Ammanniti e quindi ti lascia un po perplessi.
Mi fa piacere pensare che stavolta ha voluto fare una stranezza accettando anche le critiche fatte male e eccessive come quelle che ho letto.
leggo alcuni commenti e rimango sbigottito...per quale motivo sarebbe una porcheria, per una storia stramapalata, per personaggi strani, perchè racconta la superficialità della vita, di tutti...è una porcheria perchè vi fa riflettere? perchè ci fa rendere conto di quanto siamo idioti? nono idioti perchè non capiamo piuttosto perchè ci comportiamo esattamente come i protagonisti de " Che la festa cominci"...tutti a preservare la propria immagine prima che la propria mente, a copiare, a rubare;
"Che la festa cominci" se me lo permettete è anche una critica a questo eccessivo consumismo,a questa epoca di pura GLOBALIZZAZIONE; si parla di questioni economiche-sociali, si fa riferimento a Mafie, ad un subdolo mondo dello spettacolo...prima di dire che è una Porcheria riflettete e sopratutto leggetelo Ammaniti, mi riferisco a BRANCHIE e FANGO.
E’ il primo libro di Niccolò Ammaniti che ho letto, non so se leggerò in futuro libri interessanti come questo, spero di sì, mi è piaciuto tantissimo. Una cosa è certa ne leggerò altri di questo scrittore, ha un modo di scrivere coinvolgente, non mi ha mai fatto annoiare, non vedevo l’ora di continuarlo a leggere, bravo!!!!!
Decisamente brutto, forse Ammaniti aveva una scadenza di consegna ed era nella condizione di Ciba, forse ha trovato una penna usb da 40gb, o forse sarebbe stato meglio che l’avesse trovata... forse Ciba e Ammaniti sono la stessa persona... forse ci ha fregati... allora mi sta antipatico, anche perchè così mi ha rubato un po’ di soldi cha avrei potuto spendere meglio...
CHE LA FESTA COMINCI mi è apparso un libro pretenzioso, scritto male, ricolmo di stereotipi letterari ormai logori seppur molto ben mascherati dall’autore. Di fondo si capisce l’intento di creare un immagine apocalittica, ironia di argomenti più quotidiani. Il risultato è una comicità veramente bassa che nulla ha della satira. Questo libro lo poteva scrivere anche mia nonna, non glielo avrebbero pubblicato.
Veramente deludente. Non riuscivo ad arrivare in fondo .
La mia impressione ( magari sbagliata) é che, visti i successi precedenti e l’indiscutibile talento, lo scrittore abbia voluto togliersi uno sfizio e trasporre in un libro una situazione paradossale che, magari, ha immaginato chiacchierando con gli amici una sera davanti al caminetto..............
La storia é originale, ma é veramente brutta e avrebbe potuto trovare spazio in un articolo domenicale su un quotidiano. Irrispettoso proporla ad un pubblico vasto ed affezionato.
Lo scrittore dovrebbe ironizzare su questo scivolone e, con un pò di umiltà, riproporsi in grande stile !
banalissimo. Dopo aver letto "Io non ho paura" (meraviglioso) mi sarei aspettata qualcosina in più.
ho ascoltato l’audiolibro letto da Tirabassi (bravissimo) certo si ride molto ma quando la storia diventa troppo assurda perde di grinta e tutto quello che di grottescanete vero che viene raccontato neò libro perde di credibilità
Libro geniale e divertente. Descrive meravigliosamente la socità attuale italiana, soprattutto quella esaltata dai media. I personaggi sono quasi tutti azzeccati nei loro comportamenti e nelle loro miserie o virtù ( poche ).
Comunque a mio modo di vedere questo libro è inferiore come qualità sia a "Ti prendo e ti porto via" che a "Come Dio comanda" ma è superiore a "Io non ho paura" che personalmenmte non ho apprezzato più di tanto.
Non sempre la creatività e l’inventiva di un bravo scrittore si esprimono al meglio. Ammaniti non mi ha entusiasmato nemmeno con i suoi romanzi migliori, ma devo dire che in passato non ha mai scritto niente di deludente. Invece con questo "Che la festa cominci" ha proprio toppato. Non mi viene un altro termine. Toppato. Questo libro è davvero, profondamente, deludente. Un’accozzaglia di luoghi comuni messi lì a bella posta per far cosa? divertire? fare satira? Mah, la risposta resta nella testa dello scrittore, il messaggio, se ce n’è uno, non arriva. Una suspanse cercata e tirata per i capelli, quella sì che fa sorridere, una scrittura priva di contenuti, personaggi senza spessore che non sono nemmeno caricature, sono macchiette, imitazioni di una imitazione di un luogo comune. Peccato. A essere onesti bisogna guardare questo "romanzo" per quello che è: uno scivolone di uno scrittore che in passato ha scritto di meglio. A giustificarlo si potrebbe dire che è una cosa che capita, d’accordo. E’ una caduta, ecco. Caduta di stile, di contenuti, di idee. Spero che Ammaniti sappia risollevarsi da questa caduta. Glielo auguro.
Alcune pagine del libro mi hanno fatto veramente ridere per le situazioni esagerate e rocambolisticamente improbabili. L’episodio del vecchio maratoneta russo, vissuto come un clandestino per mezzo secolo nelle catacombe e che si salva dall’apocalisse dopo essere stato sparato una decina di metri in cielo causa il collasso del sistema fognario ed essersi prodotto in un atterraggio da ginnasta nel mezzo di una strada riuscendo a dire "ho scelto la libertà" e finendo travolto da una smartwo; la fine di Saverio, anche lui salvo ma solo per rinunciare ad ogni contatto con il mondo e farsi barbone accogliendo usi e (soprattutto) costumi di quei ciccioni mutanti che costituiscono la delegazione russa, mi hanno fatto ricordare nostalgicamente le risate che mi facevo da ragazzino con i libri di Villaggio su Fantozzi. Oggi, purtroppo, parecchie delle situazioni e dei tipi sociali narrati possono essere accolti dal lettore in modo ben più realistico. Sasà Chiatti, l’imprenditore mafioso ( anche se non specificato diverrebbe certo un pezzo grosso della politica se non volesse esagerare a fare il Tony Montana della situazione) è anche l’ ideatore di un parco giochi usa e getta in uno dei pochi polmoni verdi rimasti a Roma con conseguente ed esclusiva festa di inaugurazione indimenticabile. E’ iperbolico? lo scrittore mediatico Fabrizio Ciba, con gustoso corollario di personaggi che sono via via intellettuali e politici e che vivono in un loro mondo autoreferenziale. E’ paradossale? Il "sistema vip" soprattutto che quel personaggio geniale che è il chirurgo plastico Bocchi spiega consista nel fare "figure di merda" sapendo di farle ma senza preoccuparsene e considerandole altrettanti bonus per stare a galla in questo mondo. E’ fuori dalle cose che fanno parte della nostra vita di tutti i giorni? Per questo, avrei preferito dallo scrittore più moderazione verso la crazione fantastica (tipico il caso di inventare il popolo delle catacombe- che è centrale nella narrazione ma non così indispensabile per scatenare la grottesca parte finale- o il cuoco ipnotizzatore che pare un monaco shaolin ma è un tantino superfluo) perché mi sembra gli riduca la possibilità di una critica ben più feroce verso la nostra (in)cultura.
Un autobiografia del personaggio che Ammaniti avrebbe voluto essere. Scritto male, senza sentimento e con approfondimenti inutili. Il lettore si chiede per quale motivo si sprechino tante parole per descrivere personaggi fantastici ed assurdi. Uso sconsiderato ed inutile di termini quali "culo" e "tette". Un "fondoschiena" e "seno" ogni tanto non avrebbero di certo guastato. Più di uno scivolone: una discesa libera.
Un grande parco, cuore e anima di Roma, quello che circonda Villa Ada, diventa per volere di Sasà Chiatti, un palazzinaro grossolano e pieno di sé, il palco virtuale di uno spettacolo grottesco, un evento che dovrà essere ricordato come la festa più mondana mai vista nella Capitale, una grande battuta di caccia, anzi tre, pianificate nei minimi dettagli. I personaggi si aggirano per l’area immensa della villa come acrobati e clowns di un circo immaginario con l’aria di chi è fuori posto, e vuole tuttavia a tutti i costi, conquistarne uno. Un party gigantesco pieno di comparse ed eroi da poco, una fiera delle apparenze in cui cuochi, veline, calciatori, elefanti e tigri, pavoni e tacchini addomesticati, fanno la loro parte secondo un identico copione. La riproduzione fedele dell’idea imperante del successo; una vuota pantomima, in cui i valori e la cultura restano latitanti. Fabrizio Ciba, noto scrittore, dominatore delle classifiche, invitato di punta della festa, partecipa con distratto coinvolgimento, lasciandosi prendere dagli eventi senza disdegnare le occasioni che si presentano, con compiaciuto cinismo. Parallelamente si snoda la biografia e la storia senza radici delle Belve di Abaddon, una pseudo - setta satanica di Oriolo Romano, il cui leader, Saverio Moneta, cerca nei sogni paranoici di vendetta verso l’umanità, incarnata da Larita, una famosa cantante, il suo personale riscatto da un’esistenza senza gloria e senza futuro, accanto ad una donna prepotente e insensibile e dalla sudditanza dal padre di lei che ha un’ingombrante personalità e la costante capacità di umiliarlo. L’evento coinvolge tutti in varia misura, diventa un’avventura dai risvolti imprevedibili, una commedia tragicomica in cui i valori agonizzanti di una civiltà in decadenza, annaspano nello champagne e nel cinismo. L’autore sembra guardare la storia allo specchio, con un autoironico sorriso. Che cosa si salverà dopo il naufragio? Nessuna risposta sembra prendere forma. Forse, l’unica possibilità di rinascita è nella capacità di operare la propria metamorfosi, essere il proprio cambiamento.
divertente, leggero, evasivo! Un bel libro!
divertente, leggero, evasivo! Un bel libro!
Il libro non mi è piaciuto, l’autore gioca troppo con la fantasia e si tocca veramente il limite del surreale. Da ammaniti mi aspettavo qulacosa di più sentimentale, invece di un racconto fantastico bastao sul nulla.
secondo me è davvero antidepressivo! divertente, ironico e scritto benissimo
Mi è piaciuto, come tutti i libri di Ammaniti (...penso di averne letti molti se non proprio tutti) perchè ti lascia in bocca quel sapore dolce-amaro che è l’essenza stessa delle nostre esistenze. Il libro in particolare deride e ridicolizza la società degli eccessi, quella che nell’immaginario collettivo è tipica del cosiddetto "Bel Mondo", quello degli attori, degli scrittori, della gente cosiddetta di successo o "arrivata"(...non importa come) e che ha la necessità di mantenersi sulla cresta dell’onda con compromessi e conflitti interiori pressochè quotidiani. ...fino a che non arriva qualche "spiritello maligno" che li costringe a fare i conti con se stessi, con le proprie mediocrità e debolezze. Ci piace perché ci rivediamo la crisi di valori e la decadenza tipica dei nostri tempi che raggiunge l’apoteosi negli ambienti sfavillanti e patinati che ci vengono proposti dai Media come modelli ideali cui tendere! Ammaniti con i suoi libri ha la capacità di prenderci per mano, di farci abbandonare, per brevi momenti, le nostre comode poltrone di perbenisti e di trascinarci, recalcitranti, sull’orlo dell’abisso, oltre quelle porte chiuse dove sappiamo si allevano gli embrioni della delinquenza, della degradazione e della follia, e ci spinge a fare i conti con la parte più oscura di noi stessi.
A me ha strappato sorrisi. Divertente e simpatico. Ma anche un pò malinconico! L’ho trovato magnifico e l’ho letto in pochissimo tempo. Mi ha dato emozioni. Grande Niccolo’ mi ha fatto tornare la voglia di leggere!
Non mi è parso un bel libro.
Mi è sembrato un libro tirato via e che andava scritto a tutti i costi per impegni presi con l’editore.
La storia è troppo inverosimile ed in certi punti raggiunge la banalità.
Ciba mi è sembrato lo specchio dello scrittore Ammaniti che porta il lettore a pensare una cosa ed il contrario della stessa cosa. Insomma risulta evidente il giochino di usare e sfruttare il lettore e questo me ne dispiace: come se Ammaniti disprezzasse il lettore stesso.
In compenso va letto perché si legge bene.