Ti prendo e ti porto via
- Autore: Niccolò Ammaniti
- Categoria: Narrativa Italiana
Letto quando era uscito, "Ti prendo e ti porto via" di Niccolò Ammaniti era piaciuto per lo stile dell’autore e per la storia dei personaggi un po’ così… fuori da certi schemi: balordi, incasinati, problematici, ingenui; insomma la gamma infinita dei caratteri umani. Una galleria d’individui viva e tragicomica, data in pasto ai lettori. Oggi rileggerlo, offre le stesse sensazioni positive, non certo di un libro dalla lettura frettolosa e via al prossimo. Un vero libro si rivela e poi si conferma quando una seconda lettura è più interessante e apre altre chiavi d’interpretazione e approfondisce pensieri e suggestioni.
La trama in breve - A Ischiano Scalo, piccolo paese con poche opportunità di svago e di cultura vivono i nostri eroi: due ragazzini Pietro e Gloria, compagni di scuola, d’estrazione sociale ed economica diversi. Gloria, bella e spavalda, di famiglia ricca e perbene e Pietro, timido e introverso, di famiglia proletaria che più non si può, e anche disastrata: padre violento e alcolizzato, madre con problemi psichici e un fratello incolto che nutre vaghi ed assurdi sogni; insomma un bambino definito, secondo il linguaggio scolastico, un caratteriale. Tra l’altro perseguitato da tre compagni bulli e balordi, che così esprimono il degrado e il disagio di certe realtà umane: lo opprimono con continue offese verbali e fisiche. Eppure tra questi due ragazzi Pietro e Gloria c’è una sintonia d’intenti e una vicinanza affettiva che va oltre una semplice amicizia adolescenziale. L’altra coppia scombinata è quella di Graziano Biglia play boy da strapazzo, un po’ attempato che insegue ancora futilità e vanaglorie trascorse e la professoressa Flora Palmieri, donna trentenne dall’aspetto misteriosamente bello e dal carattere riservato e solitario. Eppure casualmente i due destini ad un certo punto del loro curriculum vitae s’incrociano e le due diversità si combinano…
Ammaniti scandisce le tappe della vita, contrassegnate da rituali obbligati, marcatori dei passaggi generazionali e lo fa con graffiante ironia e con partecipe adesione sentimentale.
L’autore ci ammannisce con un lessico immediato ed autentico ed un periodare breve e conciso; alterna una scrittura calibrata e precisa, ad un’altrettanta scrittura non osservante di precise schemi narrativi. Alterna registri verbali diversificati dando la misura del suo profondo scavare nel centro delle vite umane e restituendoci non tanto personaggi, ma persone in carne ed ossa. Carpisce con sorprendente inquietudine i lati oscuri e controversi dell’animo umano dosando malinconiche asprezze e ironiche dolcezze. Senz’altro "Ti prendo e ti porto via" è un romanzo più che godibile, amabile come certi vini dal sapore dolce e dal retrogusto asprigno.
L’autore - Niccolò Ammaniti è nato a Roma nel 1966. Ha pubblicato Fango (1996), Branchie (1997), Ti prendo e ti porto via (1999), Io non ho paura (2001), Come Dio comanda.
Dei suoi libri sono stati tratti film di successo, di importanti registi ed è pubblicato in 44 Paesi.
Ti prendo e ti porto via
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Se mi chiedessero di descrivere questo libro con un solo aggettivo, francamente non saprei quale utilizzare. Devo ammettere che mi duole assai scadere nel banale e doverlo perciò definire "avvincente". Ma è forse il vocabolo che, racchiudendo al suo interno una molteplicità di sfaccettature, trovo più consono. Per quanto avvincente possa sembrare troppo poco per 450 pagine di storie di vita quotidiana, intrecciate in maniera perfettamente equivoca tra loro.
Un piccolo paese, Ischiano Scalo, il ritratto di un’adolescenza, quella di Pietro, ma anche quella, o meglio, la seconda adolescenza di Graziano Biglia, che nonostante i suoi 44 anni , non sembra voler rinunciare al ruolo che la vita gli ha da sempre cucito addosso : quello del playboy incallito, dell’eterno Peter Pan dai modi grotteschi, vincitore della coppa Trumbadur (con cui Ammaniti rivela la sua vena comica). L’esistenza di Graziano si snoda principalmente, oltre che attorno alle donne, alla musica, ai viaggi e , superfluo dirlo, alle serate mondane.
E poi c’è lei. Flora Palmieri, professoressa in un liceo nonchè insegnante di Pietro. In perfetta antitesi con Erica, la ragazza immagine tutta trucco, vestiti scollati, tacchi alti e provini tv, per cui Graziano arriva a perder completamente la testa, Flora è il mistero, che irrompe inaspettatamente nella vita del noto playboy, e porta con sè gli strascichi di un’infanzia e di un particolare episodio che segnerà l’intero corso della sua esistenza.
Flora è il bello e il cattivo tempo, bambina e donna assieme, una principessa vestita da guerriera ,un cucciolo racchiuso in una fortezza di vetro con mura alte metri, ma pronte a sgretolarsi al minimo urto. E soprattutto, come dice Graziano stesso, "è vera".
E’ quella sensualità acerba che neppure lei sa di possedere. Acerba come Gloria, sua allieva, migliore amica e coetanea di Pietro; una dodicenne testarda e viziata, ma risoluta quasi da sembrare a tratti un’adulta. E’ infatti lei a tener le redini nel rapporto con il nostro protagonista. Gloria che per Pietro farebbe qualsiasi cosa, compreso buttarsi nel fiume col rischio di annegare. Gloria complice, amica, amante nonostante la sua tenera età. Lei, così bella ed irraggiungibile da una parte, e Pietro, così timido, introverso, apparentemente imperturbabile, quasi apatico nei confronti del mondo e incapace di prendere decisioni, dall’altra. Vittima di una situazione familiare disagiata, nonchè di atti di bullismo da parte di alcuni suoi compagni di classe, il "Cazzone", così come ribattezzato da questi ultimi, finirà per mostrarci l’altra faccia della medaglia, il lato machiavellico della sua personalità, in un’ottica in cui impulsività e controversia prenderanno il sopravvento.
Un’attenta e implicita analisi psicologica, condotta in itinere per ben 450 pagine, che ha il suo culmine sul finale, sarà in grado di sciogliere i nodi , fornendo una "spiegazione" (e non una giustificazione) alquanto dettagliata sull’agire del giovane Pietro, in merito a quello che risulta essere il fulcro dell’intero romanzo : il DISAGIO GIOVANILE.
E che dire inoltre di Mimmo, fratello di Pietro appassionato di musica metal, pluribocciato e dedito alla pastorizia, di Patti, la sua irriverente ragazza ed ex di Bruno Miele, poliziotto amico di Graziano e figlio di Italo Miele, bidello della scuola, di Pierini, Bacci e Ronca, i bulli della classe? Tutti personaggi secondari che, come tessere di un puzzle incastratesi perfettamente tra loro, contribuiscono, ognuno in maniera determinate e per i motivi più disparati, a delineare il destino dei nostri protagonisti. Un unico appunto potrebbe esser fatto alla storia di Max e Martina, personaggi che si affacciano sulla scena di un episodio riguardante gli agenti Bacci e Miele, per poi scomparire dalla narrazione nell’immediato, e il cui contributo ai fini della trama risulta pressochè ininfluente, senza per questo annoiare il lettore nè fargli perdere il filo.
"Ti prendo e ti porto via" è un’epopea di vicissitudini in cui nulla è lasciato al caso. Due generazioni o forse più a confronto, un viaggio alla scoperta di sentimenti veri tra individui agli antipodi. Il ritratto di una quotidianità in uno stile semplice, scorrevole e conciso, scandita dall’inaspettato, dall’imprevisto, dal colpo di scena che non si fa certo attendere, cambiando completamente le carte in tavola e lasciando continuamente col fiato sospeso.
Un titolo, sei parole : "Ti prendo e ti porto via", riprese come un motivetto incalzante nell’ultima pagina ("Preparati, perchè quando passo da Bologna ti prendo e ti porto via" - lettera di Pietro a Gloria), che racchiudono il gusto, forse un po’ amaro, in questo caso, del finale a sorpresa.
Romanzo veramente godibile, come dice la recensione,in cui si intrecciano molti personaggi. L’autore sa essere buon conoscitore dell’animo giovanile e i suoi ragazzi sono veri e fragili come solo gli adolescenti sanno essere.