Chiamatemi perpetua, ma il mio nome è Mimì
- Autore: Paolo Perlini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
La quotidianità ottunde il nostro codice etico e ci sentiamo nel giusto, anche se intorno a noi gli uomini di malaffare ricevono soldi sporchi, perché se anche non abbiamo fatto nulla di male, abbiamo dimenticato di avere una coscienza.
Verona, ai giorni nostri. La Chiesa di San Simone è famosa per un dente spezzato da una sega dai pagani, per renderlo martire e santo. E poi, a pulire la chiesa c’è Mimì.
Così inizia Chiamatemi perpetua ma il mio nome è Mimì (Damster edizioni, 2023).
La perpetua nell’immaginario delle persone è vista come una signora attempata, non sposata, che fa tutto quello che concerne la pulizia e i servizi della chiesa e il mangiare per il sacerdote. Mimì, invece, è giovane e sveglia, ha trentasette anni e lavora in quella chiesa di Verona da quasi un anno. Pur essendo una bella donna, lei veste continuamente in salopette, senza trucco, attenta all’ora in cui va a prendere sua figlia Elisa da sua madre Amelia, perché è estate piena e la bambina non va a scuola. Mimì pulisce con cura tutto e poi cucina per il prete Giovanni. Ma proprio in quel giorno caldissimo di luglio, per scacciare una zanzara vicina al confessionale si accorge della presenza di Alberto Casati all’interno, morto ammazzato.
Alla veglia dell’uomo, dopo le indagini del caso, arrivano solo donne, belle, eleganti, truccate con cura. Molte lavoravano nel suo locale, “la Mezzaluna”, per altre era stato un cliente. Per farla breve, un uomo di nessuna moralità.
Dalla polizia viene fermata e interrogata anche Mimì, perché ha fatto la macabra scoperta. Lei vive sola, con la bambina Elisa; è una madre single, a cui il prete ancora non ha fatto un contratto, quindi lavora in nero, meno male che c’è la madre Amelia che l’aiuta.
Tutto è precario nella vita di Mimì: il lavoro, fare la spesa con pochi soldi, una macchina tutta scassata. L’unica nota positiva, dopo l’omicidio, è stato l’ispettore Franchini, un uomo di bell’aspetto, ma basso, che l’ha trattata con molto garbo durante il primo interrogatorio informale. Non ha studiato Mimì, non ha mai detto a nessuno chi è il padre di Elisa.
Mimì soffre di nervi, per lei l’unico rimedio per dormire è piangere.
Tra quelle donne, venute in chiesa per il funerale di Casati, c’era Marlene, che lascia a Mimì il suo numero di cellulare.
Così Mimì esce con la donna per fare delle compere, è soprattutto Marlene a dirle che veste malissimo, che non sa truccarsi. Così si notano le scarpe col tacco mai possedute e la vita amorosa che è meno di zero. Gli uomini che Mimì frequenta sono Don Giovanni e Alberto, il sacrestano. Mentre bevono un caffè, Mimì chiede alla nuova amica come riesce ad essere così calma, se tra mezz’ora ha un cliente. Marlene fa sfoggio di un cinismo piuttosto convincente e fa un paragone azzardato. Mentre lei ha il cliente, Mimì guarderà svogliatamente la televisione, fumando di nascosto dalla figlia; non c’è poi così tanta differenza, perché nemmeno Marlene guarda bene il cliente, fa quello che deve fare e dopo la doccia fuma una sigaretta. Non ha un vero fidanzato, men che meno un marito.
Ed è sola, perché non ha una figlia piccola e se Mimì le piace è proprio perché non è cinica per niente. Crede ancora che possa esserci un’occasione anche per lei, la nostra Mimì. Intanto indaga sull’omicidio ma in modo discreto, si avvicina a quelle ragazze che hanno un marchio, un tatuaggio con la mezzaluna, il che significa che hanno lavorato per Casati, inizialmente come cameriere, poi facendo altro.
Per Mimì è inconcepibile che delle ragazze sveglie, attente, possano accettare che un uomo, il datore di lavoro, le comandi al punto da accettare un marchio-tatuaggio, per far capire agli altri colleghi che sono giovani donne di sua proprietà.
Nel locale c’era anche un privè, dove accadeva un po’ di tutto, pure con le minorenni.
Lo scrittore Paolo Perlini, che ha costruito un giallo dove le influenze cinematografiche si sentono eccome, non denuncia lo stato delle cose in modo didascalico. Non ci sono i buoni e i cattivi; c’è solo una realtà malata dove il sesso è usato come un trofeo, più lo fai, più sei uno "giusto", ovvero uno che sa vivere il presente. In realtà è solo l’altra faccia della medaglia del consumismo imperante.
Una come Mimì, con la sua bontà, con la pazienza, le paure per il futuro di sua figlia, sembra una donna fuori dal mondo, una che non sa vivere.
Eppure lo scrittore racconta di come le altre ragazze con il tatuaggio che si sono affrancate, grazie ai genitori o alle forze dell’ordine, ora vivano libere: ma sono tristi, hanno ripreso il lavoro di prima, ma non riescono più a sentire niente. Si portano nell’animo, come dice un titolo di un famoso libro di Peter Handke, premio Nobel per la Letteratura nel 2019, una “Infelicità senza desideri”.
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