Chiodi di Antonio Schiena

Tutto parte da un gioco, da una sfida: entrare di notte nel cimitero del paese.
È questo l’inizio di Chiodi (Fazi editore, 2023), l’ultimo romanzo di Antonio Schiena. La storia intreccia le vite di Marco, un bambino fragile e solitario e del custode del camposanto, un uomo di mezza età scontroso e cupo che vive insieme a Robinson, il suo fedelissimo alano.
Fra le lapidi del cimitero aleggia la leggenda dell’Avvinto, colui che osò deridere la Morte.

Secondo la versione più antica, l’Avvinto era un bambino come loro che aveva provato a prendere in giro la Morte ed era finito per sempre incatenato all’interno del Bello. I ragazzini sanno che prima o poi, per smetterla con i vezzeggiativi e diventare uomini, dovranno entrare di notte nel camposanto e deridere l’Avvinto, per dimostrarsi diversi da lui, migliori di lui, per dimostrare alla Morte che è a lei che concedono rispetto, e non all’Avvinto. Serve per poter crescere liberi dalle catene.

Vittima di soprusi e offese da parte di un gruppetto di compagni, Marco decide di scavalcare il cancello del cimitero nella notte e di mostrare a sé stesso e agli altri di essere forte, coraggioso e, soprattutto, capace. Tuttavia questo non basta e l’accesso al cimitero diventa soltanto l’occasione per incontrare il custode, con il quale instaura un rapporto particolare.

I due stanno tornando al rifugio quando entrambi si immobilizzano. Ci sono dei rumori che nonostante la distanza arrivano nitidissimi. Il custode spegne la luce e intima a Robinson di rimanere in silenzio. Mette la torcia in tasca e si accerta di mantenere una presa solida sulla vanga che stringe nella mano sinistra. Si avvia con cautela verso il rumore, ma non ha dubbi circa ciò che sta ascoltando. Sono bambini.

Un uomo e un bambino, due personaggi all’apparenza così lontani, che si avvicinano però l’un l’altro con l’avanzare della storia. Pagina dopo pagina, emergono i tormenti e le fragilità del bambino e i misteri oscuri del custode. Sono tante le domande che il lettore si pone su di lui, sui suoi pensieri, sui racconti enigmatici del suo passato.
Che cos’è successo che non ci dice? Che cosa nasconde nella sua solitudine?

Seduto sul letto, con lo sguardo perso oltre la finestra, il custode cerca nel nero dell’esterno la conferma dei suoi presentimenti. Respira a fondo. Sul vetro si forma un alone di condensa che resta impresso come un marchio, non svanisce. Tic, toc, tic, toc. Con il dito lungo e fragile, disegna una linea verticale, poi una orizzontale. È una croce. Sta per succedere qualcosa. Tic, toc, tic, toc. Lo sa perché non c’è alcun libro in giro per la stanza, sono tutti meticolosamente riposti sulle mensole. Non sta leggendo, non legge da giorni, e non è un buon segno.

Un romanzo di formazione che affronta delle tematiche importanti e purtroppo all’ordine del giorno: il bullismo, per esempio, e le ferite insanabili che provoca in chi subisce violenza, in chi cresce nella denigrazione, vittima dell’arroganza e della cattiveria di chi si crede più forte e si arroga il diritto di agire contro il più fragile. Dovremmo imparare e, dunque, insegnare l’empatia ai più piccoli, quella capacità di essere nell’altro, di sentirlo.
È da bambini che si diventa già grandi: chi siamo oggi è la somma di chi siamo stati negli anni, per merito nostro e per colpa degli altri.