Cinema e terrorismo. La lotta armata sul grande schermo
- Autore: Carmine Mezzacappa
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
I volumi sugli anni di piombo occupano tre scaffali della mia libreria. Tra memoriali di ex terroristi, inchieste di giornalisti di indubbia (e dubbia) fama, saggi, romanzi e persino un paio di graphic novel (chiunque si è abbeverato nel fiume carsico dell’argomento), si contano in numero di 88. Questo di Carmine Mezzacappa su
“Cinema e terrorismo. La lotta armata sul grande schermo” (Edizioni Paginauno, 2016) è dunque il tomo numero 89. Tra i meno paludati che mi sia capitato di leggere. Parla di cinema ma parla anche di (tanto) altro. Lo fa senza distogliere lo sguardo, senza infingimenti: molto bello da parte sua.
Altra cosa: il capitolo che introduce l’excursus di Carmine Mezzacappa (Il dito e la luna), contiene passaggi prodromi sul tema. Questo, per esempio:
“La lotta armata, in sostanza, non è un virus che si annida in soggetti malvagi e si diffonde nella collettività. La cura, però, non sta nel rimuovere chirurgicamente quel segnale (con l’arresto o l’eliminazione di chi lo invia) ma nella volontà di comprendere che la causa di quella malattia è nel deterioramento estremo di situazioni che lo Stato, con tutto ciò che rappresenta, non ha nessuna intenzione di sanare”.
E poi questo:
“Ci si domanda allora: ma lo spreco di vite umane, di intelligenze, di sensibilità, di sogni e ideali che invece ogni società civile avrebbe il dovere di valorizzare, non è la prova del fallimento del modello di società democratica occidentale che non si fa scrupolo di sacrificare il proprio patrimonio umano per continuare, vampirescamente, a esistere senza alcun merito?”
Credo che quanto sopra renda l’idea della sostanza ulteriore, acuminata (con intelligenza) di questo lavoro. Venendo ora al suo stretto specifico, ritengo che l’abbraccio (colpevole?, disperato?) di Trintignan al figlio che ne occupa la copertina (da una scena di Colpire al cuore, di Gianni Amelio) illustri bene la sostanza sentimentale dei film italiani che, nel corso del tempo, si sono interessati alla lotta armata. Sentimentale nel senso di derivante da sentimenti in gioco – individuali, collettivi, persino edipici (valgano, per ragioni di sintesi, gli esempi autoriali di Caro papà, Colpire al cuore, La seconda volta, Buongiorno notte). Le schede redatte con dovizia critica da Carmine Mezzacappa (scrive di cinema su riviste britanniche) sono cinquanta, riprova del rapporto continuativo instauratosi tra il cinema italiano e le pagine rosse e nere della cronaca eversiva. Data la costante evasione della lettura politica del fenomeno terrorista, la liason andrebbe assunta, se non altro, a memento storico del periodo. Come ribadito senza ulteriori mezzi termini dall’autore, a p. 19:
“Nonostante le proprie contraddizioni, il cinema italiano non si è mai tirato indietro quando si è trattato di esplorare delicati temi sociali e generazionali o riesaminare eventi storici sui quali il Paese è ancora diviso. Tuttavia, davanti alla complessa realtà della lotta armata, i registi hanno preferito assumere un atteggiamento prudente. Nessuno di loro è mai partito da un assunto provocatorio come il seguente: se lo Stato è insensibile alle istanze dei cittadini, è giustificato l’uso della violenza da parte di alcuni individui per costringere le istituzioni ad ascoltare?”.
In ultima analisi: Carmine Mezzacappa ci consegna un’anamnesi esaustiva della filmografia sugli anni di piombo made in Italy (volete toglietevi dalla testa, una buona volta, l’idea paranoica del Grande Vecchio?), e lo fa per temi, nel migliore dei modi. Attraversando il conflitto fra generazioni (Carò papà, La tragedia di un uomo ridicolo, lo stesso Colpire al cuore), la rivisitazione ontologica del passato militante (Maledetti vi amerò, La caduta degli angeli ribelli), la dura scelta di campo da cui non derogare (Gli invisibili, La mia generazione). Ma sono soltanto sparuti esempi: il saggio è copioso, di quelli da tenere a portata di mano, anche per via di un sottotesto meta-cinematografico, stratificato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cinema e terrorismo. La lotta armata sul grande schermo
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