Mercenari. Il mestiere della guerra dall’antica Grecia al Gruppo Wagner
- Autore: Domenico Vecchioni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Mercenario, il terzo mestiere più antico al mondo, dopo la prostituta e la spia. Gli anglosassoni lo chiamavano Soldier of Fortune (prima dell’attuale contractor), nel Medioevo in Italia era definito soldato di ventura, mettendo in risalto il suo ruolo di avventuriero, guerriero per guadagno personale, senza ideali o spirito di fazione, al soldo di chi pagava meglio. Uomini che combattevano in cambio di una “mercede”, per questo mercenari, titolo del testo storico del diplomatico e saggista Domenico Vecchioni Mercenari. Il mestiere della guerra dall’antica Grecia al gruppo Wagner, pubblicato da Diarkos Editrice di Sant’Arcangelo di Romagna (febbraio 2024, collana Storie, 294 pagine).
Una lunga carriera per l’autore abruzzese, conclusa da ambasciatore italiano a Cuba. Lasciato il servizio attivo dopo incarichi di rilievo per la Farnesina e all’estero, si è dedicato alla divulgazione storica, mettendo a fuoco in particolare biografie politiche e lo spionaggio internazionale. Collabora con diverse riviste di storia, in particolare “Bbc History Italia” e “Conoscerelastoria.it”. È autore di una trentina di libri. Per Diarkos ha pubblicato Legione Straniera. Storia, regole e personaggi (2022), tra gli altri.
L’impiego dei primi mercenari si può fare risalire a tempi molto lontani. I faraoni egizi ricorrevano largamente a combattenti di mestiere, per non distogliere operai e contadini dai compiti essenziali per il Regno: edificare le grandi costruzioni celebrative degli ex regnanti e coltivare le aree fertilizzate dal Nilo. Duemila anni prima di Cristo, Sesostri III arruolava guerrieri provenienti da Sudan e Medio Oriente nell’esercito permanente impegnato contro i nubiani a sud e i libici a occidente. Ramses II schierava contro gli ittiti soldati cirenaici, africani e addirittura asiatici.
La standardizzazione del vero mercenario si ebbe con i Greci, che prima di altri e più rapidamente riuscivano ad adeguarsi alle tattiche belliche in costante evoluzione. Leggendaria ma vera la spedizione di diecimila opliti al comando di Clearco di Sparta, raccontata da Senofonte nell’Anabasi (spedizione), un testo del 375 avanti Cristo. È l’epica ritirata, dall’odierno Iraq alle città della Grecia, di guerrieri assoldati da Ciro il giovane, ma abbandonati a se stessi dopo la sconfitta e morte del committente. Senofonte è capace di narrare vicende alle quali aveva partecipato, con un grado tra i più alti, e di farlo con uno stile che oggi si direbbe giornalistico, asciutto e senza pretese letterarie. Il principe persiano era in lotta col fratello Artaserse, per il dominio sull’impero orientale; la battaglia fratricida decisiva avvenne nei pressi di Babilonia. L’iniziale successo dei mercenari venne capovolto dall’uccisione di Clearco e Ciro. Gran parte delle truppe sbandò, passando dalla parte del nemico, e i greci si ritrovarono soli, senza comandante, committente e paga, a diecimila chilometri da casa. Non restava che la la ritirata, con un’immensa distanza da percorrere e pericoli di vario genere da affrontare. Grazie a una rigida disciplina e intelligenti condottieri, tra i quali lo stesso Senofonte, gli elleni rientrarono in patria, sopportando marce faticose e individuando i percorsi migliori.
Il saggio di Domenico Vecchioni ripercorre la lunga storia del mercenarismo, dall’antico Egitto all’Impero persiano, dal mondo ellenico al Medioevo, quando in Italia nacque la figura del condottiero, al servizio di principi e duchi (spesso tentato di prenderne il posto e il potere). Non trascura le “oche selvagge” irlandesi e i corsari britannici, i mercenari-volontari e i mercenari-avventurieri. Raggiunge gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, segnati da figure leggendarie, come Denard, Hoare e altri ancora, compresi i nuovi soldati di ventura italiani nel Katanga in lotta per l’indipendenza dall’ex Congo belga.
Nel 1989, una Convenzione ONU ha vietato l’arruolamento di mercenari. Recepita solo da una quarantina dei 193 Stati aderenti (l’Italia l’ha ratificata nel 1995), non ha inibito però una ripresa del fenomeno, che vive anzi un’epoca d’oro. Dopo una contrazione, in seguito alla decolonizzazione e alla progressiva indipendenza degli Stati africani, è perfino in espansione. Molti Stati hanno la necessità di esternalizzare servizi di sicurezza per ridurre le spese militari e fanno ricorso alle Società militari private (Smp), in inglese Private Military Company (Pmc), presenti in teatri operativi d’Africa, Medio Oriente, America Latina ed Europa. Svolgono funzioni varie e delicate, gestiscono basi militari, assicurano la logistica delle unità impegnate in operazioni, addestrano al combattimento forze speciali e piloti, proteggono Ong e missioni diplomatiche, senza escludere attività belliche vere e proprie.
Vecchioni approfondisce le ricadute politiche e legali delle Smp, vietate per legge in Italia. Soggetti difficilmente classificabili e di natura giuridica incerta, ma pur sempre caratterizzati da una componente mercenaria; un esempio è il gruppo russo Wagner, al quale è dedicato un capitolo. L’autore lo considera un ibrido paramilitare senza precedenti: non è formalmente mercenario, perché i suoi uomini sono in gran parte russi, combattono per difendere solo gli interessi nazionali e ricevono fondi e armamento pesante dall’esercito di Mosca, e non è una Compagnia privata, perché le Pmc sono vietate in Russia. Né si potrebbe assimilare alla Legione straniera, perché i suoi membri non integrano i ranghi dell’esercito russo. Il modello che più gli si addice è quello delle grandi Smp internazionali, come la Blackwater americana (oggi Academi), che si vantava di gestire l’esercito privato più potente al mondo, con 23 mila uomini.
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