Citomegalovirus. Diario d’ospedale
- Autore: Hervé Guibert
Hervé Guibert narra i suoi giorni d’ospedale, senza orpelli o sentimentalismi. L’Aids galoppa e lui ha la candidosi e tutte le malattie opportunistiche dell’Aids.
Non si lamenta dell’orrore di perdere la vista, o meglio, ironicamente si mette a scrivere della coperta d’ospedale che è di vera lana o di chi sia l’infermiera più professionale e chi quella sgarbata.
Scrivere per lui diventa anche un modo per ritmare il tempo e farlo trascorrere più in fretta. La camera dove alloggia non è stata disinfettata, nemmeno una passata di scopa: vecchie medicazioni sotto il letto e sporcizia ovunque. I buoni e i cattivi nell’ospedale come nelle favole.
"In un primo tempo si riceve il gran pugno nello stomaco, è comunque la tristezza, la disperazione, ci si sforza di non piangere. Poi si cercano argomenti che possano sostenere il riflesso di vita. Pericoloso passare all’euforia perché di lì si rischia di passare al crollo".
Altri quattordici giorni, la psichiatra si lamenta che non prende l’antidepressivo per stare più su e non avere pensieri di suicidio.
Lo scrittore sta in una stanza singola e paga novanta franchi al giorno, le infermiere sono sgarbate con i "ricchi" perché scocciano e si credono padroni del reparto. Dottori giovani annaspano sulla cartella clinica di Guibert, non riescono ad accettarla, per quanto pesante è il verdetto.
Inizia a prendere gli antidepressivi, sta un pochino meglio, leggiucchia i due autori che si è portato dietro e il lunedì è meglio della domenica, almeno i dottori passano per le visite. Tutti i giorni, nel giornale, guarda che temperatura c’è a Roma.
"Nel momento della sofferenza intensa prodotta dal medico sul malato si crea, stranamente, un sentimento di amore e di rispetto che credo reciproco. La sofferenza ha qualcosa di sacro".
La scrittura di Guibert è preziosa, densa, è come una preghiera laica verso un destino che ci accomuna tutti.
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