Coda
- Autore: Ali Smith
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Edizioni SUR
- Anno di pubblicazione: 2023
Dicevano che la pandemia di Covid-19 avrebbe generato un surplus di narrativa sull’argomento; ma ad oggi, se si escludono i saggi scientifici e alcuni romanzi fantascientifici sul pericolo del contagio o dell’isolamento, di libri dedicati alla narrazione dell’epidemia che ha sconvolto il mondo ce ne sono ben pochi.
In questo desolante panorama letterario, in cui i rari romanzi che tentano un approccio narrativo affrontano il periodo pre e post pandemico, l’ultimo libro di Ali Smith, Coda (Edizioni SUR, 2023, traduzione di Federica Aceto), appare luminoso e irripetibile come una cometa.
Con il consueto stile stravagante e psichedelico cui ci ha abituati, che procede per iperboli e accostamenti inattesi, la scrittrice britannica compone un testo stratificato capace di entrare in dialogo diretto con il lettore.
Narrare il presente nel suo farsi non è un’operazione semplice, tanto che molti scrittori preferiscono rifugiarsi nel racconto immutabile del passato – che oggi si presta sempre di più al gioco creativo di essere riscritto - o in quello immaginifico del futuro. Ali Smith invece si immerge anima e corpo nella corrente del tempo che fugge, nello shock subitaneo del reale nel momento stesso in cui accade e lo fa davvero da maestra, ovvero tenendo bene in mente che esiste sempre una compresenza narrativa tra presente e passato, ovvero che ciò che noi siamo ora è il prodotto di innumerevoli epoche trascorse. Per questo motivo i libri di Smith procedono su piani temporali sfasati e ingovernabili, capaci di sorprendere il lettore stesso con flashback improvvisi. Leggere i romanzi di quest’autrice significa abbandonarsi all’invenzione letteraria come a una corrente, entrare in una storia che contiene un’altra storia e poi un’altra ancora con un effetto matrioska, consapevoli di essere posti di volta in volta nel mezzo di una verità.
Secondo Ali Smith quando leggiamo qualcosa stiamo sempre cercando un significato o, se non altro, stiamo sempre cercando di crearlo, anche quando non è immediato. Dev’essere per questa ragione che in Coda la scrittrice richiama la nostra attenzione proprio sul significato delle parole, sulla loro scomposizione letterale e grammaticale.
Perché se le parole per noi sono vive, allora anche il loro significato è vivo, e se la grammatica è viva allora in qualche modo sarà la sua capacità di creare connessioni, più che la nostra di creare divisioni, a dare energia a tutto quanto.
Per spiegare la pandemia, nel momento stesso in cui accade, la scrittrice si affida a una sorta di indovinello linguistico che è la chiave di lettura dell’intero romanzo: l’opposizione tra curlew e curfew (chiurlo e coprifuoco), due parole che in inglese differenziano solamente per una sillaba. Può apparire un accostamento azzardato, discordante e dissonante, in realtà si tratta di un pensiero geniale che viene via via sviluppato nel corso della storia.
In questo romanzo Ali Smith ci ricorda l’importanza della pandemia come di un evento non ancora concluso, capace di raccontarci storie che dovremmo ancora ascoltare: storie di identità, di isolamento, di malattia, di divisione e di speranza. La pandemia ora è finita, direte voi, ma questa narrazione ci rammenta che non lo è affatto: le sue conseguenze si ripercuotono ancora sul nostro presente, sui nostri comportamenti, azioni e abitudini di vita.
Nella contrapposizione linguistica tra curlew e curfew è racchiuso il segreto: c’è la forza della natura – rappresentata dalla libertà alata di un uccello dal lungo becco – e poi c’è la prigionia del tempo fermo, sospeso, irrisolto.
Queste due realtà sono in profonda connessione l’una con l’altra, perché in fondo la pandemia è un altro risvolto della nostra epoca stravolta dal cambiamento climatico. Quando nel 2020 il mondo umano si è fermato, immobilizzato nella prigionia forzata del coprifuoco, la natura è risorta e ha preso il sopravvento.
Nel romanzo Ali Smith inserisce una scena quasi epifanica a questo proposito, descrivendo la sua protagonista, la pittrice Sandy Gray, smarrita in un bosco nel mezzo del lockdown. In questo preciso momento, mentre il mondo umano e i suoi traffici appaiono ghiacciati in una stasi, la donna sperimenta una profonda comunione con la natura ed ecco che vede un uccello – il chiurlo? – volare alto nel cielo.
Un uccello si è fiondato nel pezzo di cielo visibile in mezzo a tutto quel verde, chiamato da qualcosa al di là di sé stesso. Gli alberi parlavano la loro lingua. La luce e l’oscurità si avvicendavano. Ciò di cui ero consapevole era la mia assenza. Ciò che percepivo, con la chiarezza di un’aria non turbata da nulla, era il fantasma di una possibilità, una diversa presenza.
La pandemia ci ha insegnato un diverso modo di stare al mondo, che probabilmente ci siamo già dimenticati. Abbiamo dimenticato il silenzio, la maniera in cui la primavera rinasceva e fioriva per le strade anche senza di noi. Il nuovo romanzo di Ali Smith tuttavia non vuole essere una riflessione meditativa e non lo è affatto; è una narrazione scoppiettante che mescola commedia e tragedia, che fa sorridere e riflettere e illumina la mente con rapidi bagliori. Il fatto scatenante che avvia la complessa trama è in realtà una telefonata: la pittrice Sandy, che si trova provvisoriamente in casa del padre mentre lui è ricoverato in ospedale per Covid, riceve la chiamata di Martina Inglis, una sua lontana conoscente dei tempi dell’università.
La donna le racconta una storia piuttosto sconnessa che però ci riporta un elemento chiave: il Lucchetto Boothby, uno straordinario manufatto di arte metallurgica del tardo Medioevo. La donna si affida a Sandy, da lei ricordata come una studentessa geniale, chiedendole di aiutarla a svelare l’indovinello alla base della trama:
Chiurlo o coprifuoco, tu quale vuoi.
A partire da queste parole apparentemente senza senso Ali Smith compone un vero e proprio prodigio narrativo. Coda è stato definito dal quotidiano britannico The Observer un “romanzo disordinato, bellissimo e misterioso”, ma in realtà non vi è nulla di lasciato al caso e persino il mistero iniziale infine si scioglie e viene risolto. Nell’ultima parte del libro l’autrice inserisce una storia dentro la storia raccontando la vicenda della creatrice del Lucchetto di Bootbhy, la ragazza fabbro che l’ha realizzato con le sue mani nell’Inghilterra stretta nella morsa di un’epidemia di peste nera. Ecco che passato e presente si intrecciano di nuovo in un segreto gioco di corrispondenze, tese a svelarci l’incognita del vero.
Tramite il parallelismo con l’epoca della peste, Ali Smith ci offre una nuova lettura della pandemia, ma anche della nostra stessa società. Ci ricorda, ad esempio, l’importanza di avere un servizio sanitario pubblico nazionale mettendo particolare enfasi sulla necessità di cura e assistenza, risorse preziose che oggi diamo troppo spesso per scontate. Capiamo infine che il senso stesso dell’intero romanzo non è tanto sviluppare una trama narrativa coerente, ma infrangere barriere e creare connessioni.
Ali Smith in Coda ha riletto il tempo della pandemia nelle sue molteplici e stratificate declinazioni, analizzando un concetto complesso e sfuggente come quello di “identità”, vero tema cruciale della storia.
Non sapremo mai se la pluralità di personaggi che fanno capolino tra le pagine – Martina Inglis, le gemelle Pelf, la stessa ragazza fabbro – siano reali o delle proiezioni fantastiche create dalla mente della protagonista, provata dall’isolamento e della malattia del padre. C’è un punto preciso in cui Sandy Gray si pone questo interrogativo, ma non trova una risposta. E forse una vera risposta non ci deve neppure essere, perché fa parte della natura umana trovare risposte nell’immaginazione, affrontare i momenti difficili della vita intessendo una trama alternativa, una storia diversa.
In realtà non sapevo niente, su niente e su nessuno. Mi stavo inventando le cose mano a mano che andavo avanti, come del resto facciamo tutti.
Scomponendo persino delle entità immutabili come le parole, Ali Smith ci interroga e si interroga ricordandoci che la “Storia è qualcosa che avviene persino in questo preciso istante” e che l’identità è in continua evoluzione. Questa fluidità identitaria si traduce nel movimento quasi schizofrenico della scrittura che sfasa i piani temporali, rompe gli schemi narrativi, cita artisti, scrittori e poeti, dimostrandoci che noi e il passato siamo presenti nello stesso istante.
La contemporaneità tra i diversi piani temporali è una riflessione che Ali Smith riprende più volte nel romanzo: c’è una scena ambientata in un castello diroccato dove la protagonista, da giovane, si reca per leggere in solitaria e, per un momento, immagina di essere stata un’abitante di quel castello; più avanti troviamo la stessa Sandy che cammina lungo l’argine di un fiume e riflette sul fatto che sotto l’erba su cui sta camminando sono stati sepolti, un tempo, i morti di peste in una fossa comune. Il binomio passato-presente coesiste anche nella scrittura, ci ricorda che le parole nascondono mondi e “ci mettono contatto con la parte più profonda di noi”.
La dicotomia curlew/curfew si fa quindi metafora di un’identità in movimento, di un’umana erranza che non è destinata ad approdare in nessun dove.
Coda di Ali Smith non è solo un romanzo, un’opera narrativa di finzione, è anche una chiave di lettura del presente. Un libro che contiene all’interno più libri, un caleidoscopio di storie e immagini destinate a librarsi in volo – come un uccello dal lungo becco – invitandoci a guardare il mondo e noi stessi da una prospettiva diversa e più elevata. È anche una bella lezione di poesia, che ci rammenta il potere taumaturgico delle parole.
Tu guarda le parole. Saranno loro a rivelarti cosa vogliono dire.
È un incantesimo che ogni volta si ripete, dall’inizio dei tempi, la misteriosa analogia tra significante e significato. Il chiurlo, osserva a un certo punto Ali Smith, fa la sua comparsa in una delle primissime poesie in lingua inglese. Ed è proprio questo strano uccello multiforme – evocato in una sorta di indovinello linguistico curlew/curfew– a farsi metafora e rappresentazione dell’incredibile prodigio del linguaggio.
A un certo punto il chiurlo si trasfigura persino in una lettera dell’alfabeto (il suo lungo becco simboleggia un “v” rovesciata) e si fa rappresentazione incarnata del messaggio più bello di tutta la letteratura:
Una storia non è mai una risposta. Una storia è sempre una domanda.
Coda (BIGSUR)
Amazon.it: 9,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Coda
Lascia il tuo commento