Come un petalo bianco d’estate
- Autore: Leah Hager Cohen
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2013
Simon Isaac Ryrie era vissuto solo cinquantasette ore, nonostante ciò sua madre Erica (Ricky) vedeva il suo “bambino imperfetto” per ciò che era davvero:
“puro spirito, gli arti pallidi come candele, gli occhi mai aperti, innocente di parole”.
L’ecografia morfologica effettuata al quinto mese di gravidanza aveva rivelato che il feto era affetto da anencefalia, “una bella parola” per definire quel difetto del tubo neurale che avrebbe comportato nel bambino l’assenza di una porzione significativa del cervello e della parte superiore della volta cranica e del cuoio capelluto.
“La sua testa sarebbe stata aperta al cielo”.
In quel pomeriggio di dicembre di un giorno amaro, Ricky era tornata nella sua abitazione situata non lontano da New York nei pressi del fiume Hudson, alla base delle Hook Mountain, decisa a non rivelare la verità della diagnosi né a suo marito John, docente di design teatrale, né tanto meno ai suoi figli, il tredicenne Paul e la decenne Elizabeth, da sempre chiamata Biscuit. L’ingegnere gestionale Ricky, brava in matematica e in tutte le cose razionali, aveva deciso di ingannare se stessa, raccontandosi quelle favole che facevano parte di un bene più grande, la speranza. Quando Ricky aveva comunicato la triste notizia a John al termine del nono mese di gravidanza, suo marito aveva pianto. Il giorno previsto del parto, i fratelli erano stati mandati dalla nonna paterna, Biscuit sapeva che
“in quella città c’era un edificio, e in quell’edificio una stanza, e lì sua madre era sdraiata in un letto intorno a cui le infermiere si affaccendavano silenziose, preparandosi per la morte”.
Quando Ricky era tornata a casa dopo aver tenuto fra le braccia suo figlio concepito “nel sudore viscido della nostalgia” e averlo visto esalare l’ultimo respiro, la puerpera dalla finestra della sua camera guardava senza vederli, per ore di seguito, “i malevoli alberi, il fiume, il ponte, il cielo”. La donna ora considerava i suoi familiari come esseri “stranamente astratti” e ripensava ai versi della poesia di Robert Louis Stevenson Il mio letto è una nave, che sua madre le recitava quando stava poco bene:
“Quando ero malato e quasi sempre a letto, con due cuscini stavo un po’ più eretto, e tenevo tutti i giocattoli intorno per far passare in qualche modo il giorno”.
Ormai era passato un anno dalla scomparsa di Simon Isaac e i Ryrie si sentivano dei sopravvissuti e questo faceva di loro degli eroi. Paul aveva notato che sua madre praticamente non apriva bocca, suo padre pur con tutto il suo ottimismo di facciata stava cominciando a sgretolarsi e Biscuit aveva preso il vizio di bigiare la scuola.
“Da un anno a quella parte la loro vita non era stata molto felice, ma almeno erano andati avanti senza scossoni, lungo binari prevedibili”
fino a quel giorno di aprile nel quale Jessica Safransky, la prima figlia di John, dopo un’assenza di otto anni, era ricomparsa nelle complicate e disfunzionali esistenze dei Ryrie. Paul si era subito accorto che la sua sorellastra era davvero del tutto diversa dall’ultima volta (l’unica volta) in cui l’aveva vista. Durante quella magica vacanza al lago Cabruda l’adolescente Jess era alta, slanciata, abbronzata, con i capelli lunghi fino alla vita. Ora la primogenita di suo padre era alta quanto lui, di un pallore lunare ed era più in carne. Otto anni prima Paul incontrando Jess che viveva con sua madre e il marito della madre aveva perso la propria infantile sicurezza nel mondo. “I padri erano intercambiabili, le sorelle arrivavano a rate”. Però l’idea di quella mezzo sorella lontana che aveva saputo vedere lui, Paul, allora un bambino di soli cinque anni, nella sua purezza come nessuno prima e dopo di lei, era stata di per sé una promessa. Ora Jess si era presentata all’improvviso, tosata, bassa, pallida mentre Paul era sovrappeso, goffo e brufoloso. Il ragazzo si sentiva imbrogliato. La verità era che Jessica, scivolata fuori dalle loro vite “senza lasciarsi dietro neanche un’ombra” dopo che i Safransky anni prima si erano trasferiti in California, era incinta di nove settimane di un giovane con il quale la ragazza non aveva un futuro insieme da condividere. Dal canto suo Jessica, che si era innamorata dei Ryrie (una forma di amore che non c’entra niente con quello che raccontano i romanzetti rosa, “un amore altruistico, disinteressato, maturo”) fin dall’estate dei suoi quindici anni, ora aveva davanti a sé una famiglia diversa. I Ryrie sono Ordinary People, Gente Comune, i quali ciascuno in un modo diverso, reagiscono alla grave e dolorosa perdita che li ha colpiti. Per John “il matrimonio è praticare una fede”, per Ricky il percorso di elaborazione del lutto è tutto in salita, per Paul disegnare rappresenta una valvola di sfogo in un mondo dove nulla sarà come prima. Per l’osservatrice, pragmatica e imprevedibile Biscuit invece è fondamentale esorcizzare la morte attraverso la lettura del volume dedicato alle svariate usanze funebri, tradizioni del lutto di questa o quella nazione scovato nella biblioteca.
“In alcune parti della Cina vengono inserite nella bocca del defunto foglie d’oro e perle e fra le labbra si pone una palla di carta rossa mista a cenere d’incenso”.
Come un petalo bianco d’estate (Garzanti, 2013 - titolo originale del volume: The Grief of Others) è la sofferta, analitica, commovente analisi di un clan familiare al quale la sorte ha giocato un brutto tiro. Leah Hager Cohen, una delle voci più belle, delicate e profonde della letteratura contemporanea, già autrice di numerosi libri di narrativa e saggistica, è la nuova stella nascente della letteratura americana. Con il suo quarto libro pubblicato, la scrittrice, che vive e insegna nel Massachusetts, con una prosa vivida e struggente ha scalato le classifiche del New York Times, mettendo d’accordo pubblico e critica. Con la storia della famiglia Ryrie (romanzo definito libro dell’anno dalle maggiori testate statunitensi) la Cohen ci insegna che “tutti ci troviamo nella necessità di una redenzione”.
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