Configurazione Tundra
- Autore: Elena Giorgiana Mirabelli
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Tunué
- Anno di pubblicazione: 2020
"La Guida aveva scelto il modello Fani perché efficiente e ordinato e bianco. […]attraverso l’insegnamento della produzione dei grafi esistenziali, ci aveva permesso di considerare l’interiorità altrui come qualcosa di calcolabile e preciso".
Nel romanzo Configurazione Tundra, edito lo scorso febbraio da Tunué, la scrittrice emergente Elena Giorgiana Mirabelli ci offre intrecci di narrazioni distopiche e, come sempre più spesso accade, dal sapore spaventosamente profetico. Le storie di tre donne, Marta, Lea e Diana, s’intrecciano nella città di Tundra. Qui, al modello circolare di benthamiana memoria, si sostituisce una lunga linea retta in cui spazio e sentimenti sono entrambi votati a un ideale più grande: la funzionalità.
Tundra è una delle città-bioma realizzate a seguito di un generale bisogno di sicurezza ed efficienza; al pari del modello del Panopticon, dunque, è la stessa gente a pretendere maggiori dispositivi di controllo e a divenire controllore di se stessa:
"il confine esiste ma non si percepisce. La gente è convinta di poter andar ovunque ma è certa di non volersi allontanare troppo".
Attraverso una scrittura densa e complessa, scopriamo le regole e il funzionamento di questo nuovo modello, il Modello Fiani, dal nome della sua ideatrice, Marta Fiani: la Guida come organo rappresentativo principale e l’enneagramma come mappa di calcolo delle emozioni, così ridotte a un binomio senza sfumature: positive e negative. Anche i colori sono disciplinati al fine di non invogliare stati d’animo non contemplati dal Modello e, soprattutto, non c’è alcun relativismo nella definizione degli stessi: il rosso è rosso e così è il verde; chi s’allontana da questa omologazione sarà educato alla visione.
Questo mondo altro così spaventosamente medesimo ci si delinea nel corso della lettura spiandolo attraverso le osservazioni di Diana, la voce narrante, le lettere di Lea, figlia di Marta e gli scritti di quest’ultima. Donne diverse coinvolte in un continuo dialogo narrativo. L’una spia l’altra e la lettrice ha il vantaggio di una visione totale.
Dopo esserle stati assegnati dei mesi di riposo come da regolamento (pratica definita “l’Altrove”), Diana si ritrova a vivere nell’abitazione di Lea della quale a poco a poco scoprirà ricordi, storie di vita, sensazioni, attraverso una mappa di indizi seminati per casa.
Il disciplinamento, ideato da Marta e a cui i corpi delle protagoniste sono soggette, non riesce a limitare lo spazio delle loro emozioni, che continuano a traboccare per tutto il corso della lettura. Diana appare profondamente attratta dall’insubordinazione che Lea agisce contro il modello:
"il suo leggere e cercare nell’interiorità di Lea è una urgenza finalizzata a sperimentare i suoi grafi".
Se Diana è curiosità sfrontata, Lea è invece sofferenza, porta il segno di un tentativo fallito: il tentativo di aderire al modello della madre, di autodisciplinarsi e in ciò trovar il proprio equilibrio. Lea è la paura di scomparire, di non lasciar traccia. Si rifugia nella sua casa, la sua pellicola e qui rivela il tratto comune con sua madre, l’architetto-capo delle città bioma: la paura di soffrire.
Il personaggio di Marta non agisce nel tempo presente della lettura, fa parte del passato, degli albori della città-bioma e appare come un’eco di narrazione lontana soprattutto attraverso estratti dei suoi libri. Eppure, è un personaggio estremamente vivo.
"La felicità – tiene gli occhi chiusi come a scegliere le parole esatte – sta nel non esitare. Sei così adattato che non hai dubbi. Una sola unica direzione".
I Diari di Marta sono un’opera letteraria profondamente intima di cui l’autrice Mirabelli ci dona qualche estratto e non ci resta che immaginare quanto dense possano essere quelle pagine, quasi un testamento al sentire, poi morire e rinascere nel Modello che condanna la soggettività a errore e il libero arbitrio a fonte di infelicità.
"Ti farò seguire la linea e non avrai più momenti di vuoto. La sosta ti devia e tu non dovrai più farlo. Se ti fermi provi dolore. Sogno un uomo senza dolore, capace di seguire la direzione del proprio spazio, del proprio cuore, senza nessun tipo di ticchettio a scandirlo. Voglio che tu sia felice".
La scrittura di Mirabelli è tutt’altro che semplice: la trama è fitta e bisogna seguirla lasciando traccia passo passo; le terminologie sono estremamente ricercate. E la poesia delle continue sinestesie, case che odorano di acqua salata e lavanda e poi di tessuti e polvere e agrumi, si mischia alle realtà crude, narrate senza gentilezza.
Questa autrice emergente rivela come una scrittura femminile possa finalmente avere nuova forma: l’intimità non è sentimentale e la bocca e le mani sono sporche. Configurazione Tundra di Mirabelli è una ventata di freschezza, anzi di piscio e urla, come direbbe lei senza esitare.
Mi chiedo se l’autrice avrebbe mai immaginato che l’esordio del suo testo sarebbe stato accompagnato dal realizzarsi di una forma di città-bioma attorno a noi o, al contrario, se i suoi occhi attenti, non abbiamo, dalla realtà, tratto ispirazione.
Nella città-bioma, si sparisce quando s’insorge, quando si ha un progetto in cui non ci saranno grafi, né rette, né figure esatte. Predisporre allora indizi nello spazio per resistere e continuare a tessere i fili di una narrazione.
Configurazione Tundra
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