Contro Hitler
- Autore: Georg Holmsten
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2020
Luglio 1944, Operazione Valchiria, il piano fallito di uccidere Hitler e assumere il controllo della Germania, per negoziare l’uscita onorevole da una guerra devastante per il popolo tedesco. A chi aveva congiurato contro di lui, il fuhrer non riconobbe nemmeno la dignità di condannato. Molti vennero impiccati a ganci da macellaio, in segno di disprezzo. È fredda, distaccata, oggettiva, stupefacente la ricostruzione dall’interno di quegli eventi, offerta a metà degli anni Settanta da un protagonista, Georg Holmsten, in un libro-testimonianza scritto con perizia professionale da giornalista e conoscenza diretta dei fatti, per essere stato un cospiratore.
Cronaca degli eventi da un punto di osservazione privilegiato, il piccolo ma interessante saggio è stato pubblicato quest’anno da Mimesis Edizioni: Contro Hitler. 20 luglio 1944 l’attentato al fuhrer raccontato da uno dei protagonisti, (96 pagine).
Un sopravvissuto, è così che la curatrice del volume, Isabella Horn, considera l’allora cronista trentenne della DNB, l’agenzia di stampa ufficiale del Terzo Reich. Arruolato dal 1942, era ufficiale in borghese del servizio segreto diretto dall’amm. Canaris.
Risale al 1975 la sua ricostruzione dell’evento che avrebbe potuto cambiare la storia e stravolse invece solo la vita di chi tentò di sottrarre la Germania a una barbara guerra ormai persa. Soltanto l’ostinazione del capo del nazismo continuava a spingere il Paese verso l’inevitabile caduta degli dei.
Figura simbolo di quelle tragiche vicende è von Stauffenberg, nobile e colto ufficiale che posò materialmente la borsa con l’esplosivo sotto il tavolo accanto a Hitler nella sala della Wolfsshanze, la tana del lupo, uno dei quartieri generali in Polonia. Una figura rimossa o discussa quella del trentasettenne colonnello Claus Schenk von Stauffenberg. Considerato dai connazionali un “traditore” nel dopoguerra, è stato molto più tardi recuperato e riconosciuto come il principale artefice di un tentativo di salvare la Germania dal “pazzo”.
Pur non eliminando il tiranno, la sua azione ha mondato i tedeschi dal marchio d’infamia d’essere stati tutti consenzienti, seguaci entusiasti o nella migliore delle ipotesi “finti sordi, ciechi e muti”, per paura d’incorrere nella repressione di ogni accenno alla ribellione, come toccò ai congiurati del 20 luglio.
Alcuni vennero fucilati nell’immediatezza (tra questi il colonnello von Stauffenberg), ma le SS interruppero le esecuzioni per interrogare i cospiratori e allargare la cerchia degli imputati. Si calcolano in almeno due centinaia gli appesi ai ganci come carne da macello, per volere di Hitler, nel carcere di Plotzensee, dopo l’impietoso processo davanti al Tribunale del Popolo. Qualche migliaio gli arrestati, con varie sorti personali. Al feldmaresciallo Rommel, che non aveva preso parte al complotto ma non lo aveva ostacolato, venne offerta ad esempio la scelta di un suicidio con successivi grandi onori militari e funerale di Stato.
Holmsten visse ore di ansia febbrile dopo il fallimento della congiura, ma nessuno fece il suo nome sotto tortura e nel riassetto seguito al 20 luglio si vide confermare l’incarico cronistico-spionistico. Dichiara d’aver seguito nei giorni successivi l’andamento delle indagini, impressionato in negativo dai nomi di quanti venivano portati con sdegno in giudizio. Gli unici militari coinvolti erano un feldmaresciallo e due colonnelli anziani: alti ufficiali a riposo, senza alcun potere su reparti operativi. Confessa d’essersi chiesto che fine avessero fatto i capi dell’Esercito al vertice della catena di comando, consapevoli della situazione disperata in cui versava la Germania e che non avevano concesso un appoggio chiaro, opponendo deboli pretesti o scuse.
Si avverte il suo sconforto, quando poche ore dopo l’esplosione nella Tana del lupo una voce inconfondibile irrompe dagli apparecchi radio nelle case dei tedeschi. Hitler in persona informava il suo popolo che per l’ennesima volta era stato pianificato un attentato contro di lui:
"Una ristrettissima cricca di ufficiali stupidi, uomini ambiziosi, senza scrupoli e al contempo criminali, ha ordito un complotto per eliminarmi. La bomba piazzata è scoppiata al mio fianco destro… Stavolta ricorreremo i conti come da nazionalsocialisti siamo usi fare."
Su tanta violenza e viltà, si erge von Stauffenberg (1907-1944), disposto a rischiare il tutto per tutto, sapendo che la sua è un’opposizione senza popolo. Ma sente di dover agire contro il regime totalitario del fuhrer, per il bene della Germania e dei tedeschi asserviti, illusi o anche solo pavidi. Il suo profilo è il più ampio tra i cenni biografici degli oppositori, in appendice. Concepiva l’Esercito come uno strumento al servizio del popolo e alla carriera da architetto aveva anteposto quella militare, condotta in modo brillante, grazie alle capacità che emergevano in ogni occasione.
Di antica nobiltà sveva, ascese allo Stato Maggiore. Sulle prime aveva sostenuto il nazionalsocialismo, che sembrava impegnato a riscattare il Paese dopo la sconfitta nella Grande Guerra e a privilegiare l’interesse collettivo, ma non si iscrisse mai al Partito e si allontanò da Hitler dopo gli eccidi in Polonia, Ucraina e la persecuzione degli ebrei. Era pronto alla rivolta fin dall’estate 1942 e ad agire di persona. In un attacco aereo in Tunisia perse l’occhio sinistro e la mano destra, ma una volontà d’acciaio gli consentì di superare le ferite. Promosso colonnello, ottenere l’accesso al quartier generale del fuhrer…
Contro Hitler: 20 luglio 1944. L’attentato al Führer raccontato da uno dei protagonisti
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