Cos’è la Felicità? Lo ha spiegato in maniera illuminante Hermann Hesse, lo scrittore tedesco premio Nobel per la Letteratura nel 1946, in una breve poesia dal profondo significato simbolico che reca il titolo Felicità.
Hesse è stato un grande teorico dell’intelligenza emotiva, un pensatore sapiente, un esistenzialista dell’epoca moderna. Le sue opere più famose, da Siddharta (1922) a Narciso e Boccadoro (1930), sono intrise di un peculiare misticismo, un’influenza del pensiero orientale che si oppone alla materialità capitalistica del mondo occidentale. Il viaggio in India, compiuto nel 1911, incise in modo notevole sulla sua opera letteraria e, soprattutto, sulla sua maniera intima di percepire l’esistenza.
Oggi nella Giornata internazionale della Felicità vogliamo proporvi l’interpretazione che dà Hermann Hesse di questo sentimento così sfuggente e così complesso da definire: le sue parole sono come una carezza per l’anima.
Il titolo originale tedesco della poesia Felicità è Glück: questa parola indica le circostanze favorevoli e piacevoli che ci possono influenzare (la cosiddetta “fortuna”) ma anche lo stato d’animo di gioia e soddisfazione che ne deriva, dunque proprio l’agognata e indefinibile Felicità.
Glück è la parola più corretta per definire l’essere felici, perché nell’espressione tedesca das Glück sono racchiusi entrambi i significati in una sorta di co-dipendenza: buona sorte, soddisfazione, gioia; dunque Felicità. Lo stesso binomio inscindibile tra buona sorte e Felicità era ripreso dagli antichi romani che vedevano nella Dea Fortuna la personificazione della divinità greca Tyche.
La Fortuna era dunque una dea volubile, spesso rappresentata in chiave iconografica con in mano un timone, simbolo dell’incostanza di tutte le cose e della mutevolezza della vita, come una nave sottoposta a continue procelle (tempeste) metafora delle calamità e del continuo mutare della sorte.
La Felicità secondo Hermann Hesse
Il testo Felicità è contenuto nel volumetto La felicità. Versi e pensieri edito da Mondadori nel 2020 con la traduzione di Nicoletta Salomon che racchiude tutte le riflessioni, le prose, gli articoli e le osservazioni di Hermann Hesse sulla ricerca della felicità.
Questa ricerca è il fondamento della vita di ogni uomo: ma oggi, nella Giornata internazionale della Felicità, siamo portati a chiederci: cosa significa davvero essere felici? È veramente possibile essere felici a dispetto di tanta infelicità e miseria nel mondo? Ma soprattutto: è etica la felicità, è lecita, è giusta? Viviamo in una società che ha fatto della società, con la F maiuscola, il suo baluardo: una felicità a portata di acquisto e di vendita, una felicità spendibile in fotografie sui social network, una felicità capitalizzata. Tutti oggi ci professiamo felici: così siamo chiamati a mostrarci al mondo, sorridenti, gioiosi e soddisfatti, mettendo sempre in luce il nostro lato migliore. Ma in fondo sappiamo bene che la felicità è una materia ribollente come le emozioni e quindi molto complessa, che non può essere inserita nella cornice ristretta di una fotografia e non è nemmeno vendibile o acquistabile in una trattazione da compravendita. Effimera, passeggera, fugace, continuamente ci sfugge come una farfalla volante: esistono forse attimi di felicità, ma è davvero possibile essere “felici sempre”?
Ecco la risposta che ci dà Hermann Hesse sotto forma di poesia.
Felicità di Hermann Hesse: testo della poesia
Fin quando dai la caccia alla felicità,
non sei maturo per essere felice,
anche se quello che più ami è già tuo.Fin quando ti lamenti del perduto
ed hai solo mete e nessuna quiete,
non conosci ancora cos’è pace.Solo quando rinunci ad ogni desiderio
e non conosci né meta né brama
e non chiami per nome la felicità,Allora le onde dell’accadere non ti raggiungono più
e il tuo cuore e la tua anima hanno pace.
Felicità di Hermann Hesse: analisi e commento
Hermann Hesse nella sua poesia Felicità ci dà una risposta molto filosofica, degna di un vecchio saggio.
Sembra quasi di vederlo mentre distaccato dal mondo, in contemplazione di un orizzonte indistinguibile sulla sommità di un monte, ci fa la sua predica dicendoci la verità delle verità, ovvero: che la felicità non è un obiettivo.
Fino a quando le daremo caccia, cercando di conquistarla attraverso un piano prestabilito, non la otterremo mai.
Hesse associa la “Felicità” a uno stato d’animo profondo e più complesso: la pace interiore, che è data proprio dal raggiungimento di un equilibrio tra mente e cuore.
Questo equilibrio, dice Hermann Hesse, è raggiungibile solo da chi smette di affannarsi nel cercare sempre nuove mete, nuovi desideri, di bramare furiosamente qualcosa all’esterno di sé stesso. È il desiderio che ci acceca: il costante volere ciò che non abbiamo ci impedisce di vedere la bellezza - e la grandezza - di ciò che abbiamo.
La riposta di Hermann Hesse è simile a quella di un saggio indiano, riverbera la stessa cristallina semplicità di un proverbio giapponese. L’eco profonda della Felicità è già dentro di noi, scorre nella linfa stessa della vita con la stessa limpida placidità di un torrente: Hesse, proprio come il suo Siddharta, ci invita a chiudere gli occhi e a guardarci dentro e a non lasciarci distrarre dal caos multiforme del mondo.
Cos’è la Felicità, dunque? Non è una meta, né un richiamo. Non è un desiderio esaudito né un dono da afferrare correndo, non è nemmeno la medaglia alla fine della corsa. È uno stato d’animo più complesso che ha a che fare proprio con la vita e solo quando capiremo che il nostro viaggio non ha davvero una meta allora, dice Hermann Hesse, saremo pronti ad accogliere la Felicità. Cesseremo di sentirci incompleti, mancanti, bisognosi e troveremo la pace.
Capiremo che noi siamo, esistiamo, in accordo con il nostro cuore e la nostra anima: e il resto è ciò che accade.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cos’è la Felicità? La lezione nella poesia di Hermann Hesse
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