Uno scrittore intenzionato a fare questo mestiere (non certo arricchirsi coi proventi dei diritti d’autore, ma almeno permettersi un frugale pasto) e che ha studiato duramente anni e anni allo scopo, passa attraverso il desiderio che la sua copertina, in una libreria ben fornita del centro, mischiata fra la folla di altre migliaia di colorati vestitini dei volumi a stampa, sia presa in mano da un talent scout coi fiocchi che, attirato dal titolo particolare o da quella immagine accattivante, sia incuriosito a tal punto da leggere qualche riga. Gli piace e prosegue un po’, poi va alla cassa, paga e trascorre la notte tuffato fra le pagine di quel libro che, a poco a poco, emerge dal suo oblio come un bronzo di Riace dal fondo del mare. Per quello scrittore è la fama assicurata.
Ma è un sogno irrealizzabile e vano.
La realtà insegna che questo non avviene, non può avvenire poiché la fantomatica copertina fra gli scaffali della libreria non c’è. La trovi on line sui siti di Libreria Universitaria o su IBS, ma solo se fai una ricerca mirata, il che vuol dire che devi avere già notizia della sua esistenza, che non vi incapperai mai per caso. Allora siamo in presenza del serpente che si mangia la coda e tu, scrittore che a fatica hai pubblicato il frutto delle tue fatiche, ti rassegni a non essere letto quasi da nessuno. In questi pensieri mi crogiolavo fino a poco tempo fa, attribuendo la mia impossibilità di farmi conoscere oltre alla cerchia dei parenti e degli amici (pochi gli uni e ancor meno gli altri) a questo meccanismo perverso e invalidante.
Poi ecco arrivare la mia occasione: la mia opera esposta al salone del libro di Torino, finalmente i lettori avrebbero avuto a pochi centimetri di distanza il mio passaporto per la notorietà e si sarebbero tuffati, facendo a gara per averne una copia in tiratura limitata.
Piena di belle speranze salgo sul treno che mi porta nella sconosciuta città piemontese, mi avvicino alle Alpi come Annibale ma non le oltrepasso, mi fermo prima, a Torino Lingotto; dall’agitazione trascorro notti insonni, ma sarò ripagata. Le premesse sono quelle giuste: è vero, anche lì il grande editore sovrasta la scena con stand che sembrano il Mausoleo di Alicarnasso, più simili a discoteche che a templi della cultura. Altrettanto vero è che gli autori conosciuti al grande pubblico, grazie anche agli strumenti mediatici, fanno il pienone alle loro presentazioni, però lì gli editori ci sono tutti o quasi, quello minuscolo che ha al suo attivo quattro titoli (tutti di qualità) giace senza soluzione di continuità accanto al grande Guru della carta stampata e i lettori (a migliaia) hanno la possibilità in questa occasione di trovare l’opera preziosa, anche a prezzo scontato, di averla a portata di mano, sfogliarla e accaparrarsela, cosa che altrimenti non avviene. Pensavo che ogni lettore che si rispetti ne avrebbe approfittato, del resto Mondadori e Rizzoli li trova in ogni angolo della Penisola per 365 giorni all’anno, non deve far fatica.
Ma la realtà mi disillude: una volta aperti i battenti del Salone quel famigerato lettore medio cosa fa? Evita come la peste il piccolo stand, ci passa a distanza per paura che qualcuno lo "intorti", cerchi di rifilargli qualcosa come facevano tempo fa i venditori porta a porta. Dopo essere transitato in fretta e guardingo come un soldato che fa una sortita si tuffa tra le rassicuranti pareti di Mamma Rai dove può incontrare la Littizzetto o qualche volto noto e lì tira un sospiro di sollievo e si riempie le mani di best seller, quelli che conosce già di titolo e di autore. Allora, davanti a questa scena, ho capito una grande verità ed è stato come quando mi hanno rivelato che i bambini non nascono sotto i cavoli o che Babbo Natale non esiste: la colpa del "fallimento" degli autori sconosciuti non è delle librerie o degli editori che non si danno da fare, è dei lettori che non offrono fiducia a chi non è stato almeno una volta in televisione e che pensano che, se pubblichi con un piccolo editore (di quelli che fanno una selezione feroce e che, considerandoti un pinco pallino, guardano il pelo nell’uovo del tuo testo e non considerano affatto la persona), vuol dire che non sei bravo.
Faccio un appello a chi legge e che ha mantenuto intatta la propria intelligenza: non fatevi incantare, scegliete dal catalogo dei piccoli. Se non diventano grandi vuol dire che fanno a meno dell’Isola dei Famosi e scelgono di pubblicare chi davvero vale preferendo investire sulla cultura e sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Sapete che è una scelta coraggiosa la loro, aiutateli a crescere, riportiamo la letteratura italiana a un livello di qualità affrancandola dalla televisione e dal cinema. Altrimenti non lamentiamoci poi che si pubblica solo spazzatura, siamo noi lettori a scegliere così.
P. S. L’immagine rappresenta l’allestimento dello stand delle Edizioni 6pollici, coraggioso editore che ha come sottotitolo "parole colte nell’etere" e che ha pubblicato il mio romanzo "Non si dispensano tartase".
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cronaca di un fallimento annunciato: neanche il Salone del Libro di Torino può nulla per gli scrittori esordienti
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Ho letto con interesse la tua disamina della situazione. Bazzico il salone di Torino da anni, e nei primi tempi tornavo a casa carica di libri. Negli ultimi anni passo la maggior parte del tempo alle conferenze scegliendo quelle che mi interessano. Butto uno sguardo soprattutto agli stand dei piccoli e a quelli dei reminders ma difficilmente compro se non trovo forti sconti. Al massimo mi segno titolo ed editore per poi comprarlo sul web dove di sicuro risparmio. Credo sia da rivedere la formula del salone. Se paghi per entrare poi devi trovare la convenienza all’acquisto, se il libro costa come in libreria, perché portarselo dietro in uno zaino già pesante per tutto il giorno? I piccoli editori al salone sono sempre meno perché gli spazi costano e vengono sempre più utilizzati dalle CE a pagamento. Il salone era altro, ora, purtroppo si sta impoverendo e i risultati sono quelli che evidenzi tu.
Purtroppo concordo pienamente con il commento di Lady H. E secondo me, dovrebbe diventare un salone itinerante, tenerlo bloccato a Torino è controproducente. Bisogna cercali i lettori, non solo attirarli.
I piccoli editori presso i quali ho acquistato i libri, al Salone, non hanno fatto quasi mai sconti. E questi non hanno superato il 15%. Una politica miope, a mio avviso, proprio perché Torino era una delle poche occasioni per "mettersi in mostra".
La colpa è anche e soprattutto degli scrittori che pagano fior di quattrini per pubblicare il proprio "capolavoro". In questo modo il lettore che non conosce il sistema e acquista spazzatura sconosciuta torna subito sui suoi passi e compra un’etichetta nota. I libri ottimi di piccoli editori non a pagamento pagano questa diffidenza. Se sei uno scrittore, non spendere un centesimp per la pubblicazione. Non solo non serve a te ma devasta un mercato giá malato.
Premesso che non sono un lettore di romanzi,narrativa e quant’alro, imbattendomi nel tuo articolo mi sono limitato ad annuire ad uno dei classici "scenari" della vita: Se non sei nessuno devi faticare 3 volte tanto. L’alternativa e le carte vincenti sono i soldi o la pubblicità!…e visto che non tutti dispongono di grossi investimenti o conoscenze,mi sono SEMPRE CHIESTO (da artista mai riconosciuto dal grande pubblico) COSA porti un piccolo autore a scegliere titoli inutilmente ""misteriosi""(tu pure consapevole) e copertine ben POCO accattivanti (per esser gentile)!..in un mondo dove l’immagine è tutto!!!
Ritenendo che ogni critica faccia crescere (e parlo in primis per me stesso),mi limito un pò desolato per la tua sventura a dirti che certi fallimenti uno se li cerca! Ribadendo che pur non essendo un lettore nella vita mi sono imbattuto in copertine che mi han fatto venire voglia di leggere un libro, ritengo che giocarsi lavoro,tempo e fatiche dietro un prodotto "mal presentato" ahimè ci fa perdere già in partenza! ..Sperando di esserti stato d’aiuto(per la prossima) ...in bocca al lupo per tutto!
Leggo il tuo resoconto sul salone di Torino e mi trovo d’accordo su molte cose. Ho appena pubblicato il mio primo romanzo a 54 anni con nessuna prospettiva di diventare un professionista (non perché il mio prodotto non sia di valore, ho avuto ottime critiche a tutti i livelli) Ma semplicemente perché sono un operaio e non ho i soldi per fare tutte le trafile di agenzie, editing a pagamento ecc. perché le agenzie che contano non fanno niente gratis, e anche la pubblicità costa, ho cercato di mettere il link del mio libro in siti come questo riservati ai lettori ma non si può (forse giustamente, approfitto per chiedere a questi siti uno spazio apposito per gli esordienti) è sempre questione di soldi o di nome popolare. Così ho fatto un piccolo investimento che però mi ha almeno dato la certezza di pubblicare, visto che le case editrici il mio libro non lo hanno nemmeno accettato. Ho pubblicato con Albatros il filo.
Che vuoi fare, il mondo è questo.
volevo rispondere a Mauro Lovato:
forse dovresti chiederti perchè il tuo libro non è stato accettato dalle case editrici, la Albatros (come tutte le EAP) accetta di tutto purchè paghi, non fa nemmeno l’editing e butta sul mercato la schifezza delle schifezze. Tu dici di aver fatto l’investimento, io non credo proprio, anzi, sarebbe stato meglio se quei soldi li avessi investiti in editing e ti fossi autoprodotto. Tra l’altro Albatros chiede anche cifre consistenti.
Simone ha centrato il punto. È così.
Colpa... non ha molto senso parlare di colpe, secondo me. Di responsabilità, può darsi, ma non possiamo scaricarle tutte sul famigerato "lettore medio".
Certo la responsabilità è anche dei piccoli editori (magari non tutti, ma molti), incapaci di garantire una presenza fisica dei propri manoscritti sugli scaffali; dei grandi editori, che puntano sui soliti noti alimentando una campagna di denigrazione; degli scrittori esordienti stessi, o sedicenti tali, che neppure loro si degnano di leggere esordienti e, quando lo fanno, sono gli unici a farlo.
E un momento...
Babbo Natale non esiste?!
Io punterei anche per quegli autori che ci hanno messo la faccia anche come editori e che hanno raggiunto ottimi risultati di critica, ricevuto apprezzamenti da lettori sconosciuti, e che hanno pubblicato in ebook e curato di persona, come fa un editore serio, ogni aspetto della pubblicazione, incluso editing valido e valutazione.
Le fiere purtroppo sono per l’appunto fiere, cioè esposizioni e quella di Torino a me sa tanto di grande libreria con i libri in bella esposizione e basta. Per l’appunto vado in libreria, vedo che aria tira, mi informo su quali sono i best seller, così da evitarli come la peste e me ne esco comprando altrove.
Ho pubblicato 3 sillogi di poesia, a mie spese, scrivo per passione. Di poesia non si vive. Ho un altro lavoro che mi permette di fare qualcosa. Quel che scrivi è la realtà. Forse ci sono più autori e libri che lettori.
Certo, ci sono più scrittori che lettori, nella poesia più che nella narrativa, gli sconti che mandano a puttane le piccole librerie, l’ editoriaa pagamento, che, a tutti i prezzi, permette a chiunque di sentirsi Dante, l’ accettare la filosofia del salòone è accettare il mercato con tutte le sue regole, è accettare amazon con le sue regole schiavistiche è accettare albatros con le sue regole chiare:" pur di avere i tuoi soldi ti dico che sei un grande scrittore", di certo nessuna libreria investirà mai soldi nei libri di albatros ne in quelli della piccola editrice di "qualità" chi lo dice che è di qualità? nemmeno avrà piacere di avere rapporti con le piccole case editrici e con i giovani autori che sempre creano più problemi di quelli che risolvono, gli sconti a gogò hanno distrutto le librerie indipendenti
lo dico da scrittore senza pretese, da editore senza pretese, da libraio con una sola pretesa, essere trattato come gli editori trattano amazon per concorrere con le stesse possibilità, chi ha preteso uno sconto su un libro non può lamentarsi dello stato delle librerie indipendenti, chi è orgoglioso di essere vsulla piattaforma amazon non può lamentarsi se viene sfan.... dalle librerie indipendenti,
a pagamento hanno pubblicato , tra gli altri, darwin, nietzsche, montale, ma questo, come sappiamo, non vuol dire niente!
certo che le copertine, la qualità della carta etc di quasi tutte le edizioni a pag e dei piccoli editori sono inguardabili
Cara Laura,
il Salone del libro di Torino non è una buona vetrina. C’è troppa confusione e poca logica nell’allestire i padiglioni. Se pensavi che lì avresti trovato il tuo palcoscenico, be’, hai sbagliato.
La tua difesa dei piccoli editori è sacrosanta, ma mi trova complice quello che ha commentato un altro utente: spesso si confonde l’eleganza e le scelte di qualità dei piccoli editori con la loro sciatteria. Sì, esatto, perché noi viviamo in un’epoca dove l’immagine conta almeno quanto il contenuto.
Sarò brutale, ma lo faccio per darti un contributo che spero possa essere utile. Prendiamo il tuo libro. Sarà un capolavoro, non lo nego, ma la copertina non m’invoglierà mai a comprarlo. Sono superficiale? Forse, ma come me allora lo sono la maggior parte dei (pochi) lettori italiani. E tu devi cercare di catturarne il più possibile.
Io ho iniziato come scrittore auto-prodotto su Amazon (oh, santo cielo, che parola sacrilega!). Le copertine le curavo io personalmente. Molti lettori mi hanno confessato di aver scaricato il libro perché attirati dalla copertina. Poi hanno anche trovato una buona storia.
Be’, quei piccoli successi su Amazon hanno fatto sì che la Newton Compton (oddio, un altro mostro dalle mille teste!) mi notasse. Quindi, ho ottenuto il sogno grazie al selfpublishing. Ora pubblico con loro. E sai una cosa? Le loro copertine sono volgari e urlano, ma sono tra le più copiate da altri editori. Il "condominio" Newton Compton al Salone era il più affollato.
Passiamo al contenuto. L’editing è fondamentale, se una casa editrice non lo fa (e spesso sono proprio le piccole che non lo fanno, ne ho esperienza, perché un editor costa) il libro è, ancora una volta, raffazzonato. Le grandi case editrici, questi mostri che fagocitano tutto, purtroppo hanno risorse e hanno gli editor. Alcuni bravi, altri no, ma comunque ce l’hanno.
Quindi, ben vengano i piccoli editori, ma devono essere competitivi. Non è necessario avere l’editor di J.K. Rowling, ma il lavoro sul testo va fatto. E le copertine, devono dire al lettore "comprami, dietro questo bel vestito c’è anche un bel corpo".
Marketing, ragazzi, purtroppo non si può ignorare.
Un grosso in bocca al lupo,
Martin
io sono un piccolissimo editore (presente al salone) e non concordo nemmeno un po’... l’autrice mi sembra un bel po’ snob, frustrata e rosicona. Perché se la prende così tanto con i grandi editori??? invidia forse???? come fa ad essere così convinta di aver creato un’opera d’arte preziosa ed incompresa??? mah... un po’ di umiltà e di sano realismo ogni tanto non guasterebbe x crescere...
Sono Federica, seconda metà di Edizioni6pollici. Ho letto i vostri commenti e ho pensato che fosse doveroso allargare il fronte delle considerazioni aggiungendo quel che abbiamo tratto noi dal Salone del Libro.
La nostra parte di osservazioni riguarda l’obiettivo che ci siamo poste intervenendo in questa manifestazione: conoscere altri editori NOEAP che fossero dell’idea di fare fronte comune continua
Che dire, mi hai tolto le parole di bocca. Sono cose che sostengo da tempo. E’ inutile nascondersi, i lettori sono dei pecoroni, si lamentano della qualità di ciò che leggono ma non si sforzano di cercare alternative, forse perché non credono ce ne siano. E parlo anche dei lettori che lo scrittore conosce di persona, che sono i primi a non dargli fiducia... la buona parte almeno.
Mi ha colpito, però, che mentre leggevo il tuo articolo in basso a destra sul sito è comparso immancabilmente la pubblicità all’ultimo romanzo di Giordano. Ed ecco che le tue sacrosante intenzioni vengono vanificate dalla solita pubblicità che sembra affermare il contrario di quanto tu - e io con te - ti ostini a sostenere.
Salve a tutti, grazie per i commenti, benevoli e non. Non sono gelosa dei grandi editori, mi dispiace solo che spesso vendano tanto pubblicando robaccia. Quello che ho scritto qui voleva solo essere una visione personale, senza volontà di oggettività. Non ho mai speso un soldo per pubblicare i miei libri e non uso titoli volutamente incomprensibili e copertine strane a caso, ogni cosa rispecchia il contenuto. L’editing è sempre stato fatto, in primo luogo leggo i miei testi almeno dieci volte prima di mandarli via (come diceva Carver) e poi mi affido allo sguardo esterno dell’editor e del correttore. Ma non importa se qualcuno non ha capito il mio spirito. Non sono frustrata né invidiosa di nessuno. L’invidia non mi appartiene proprio, vado avanti per la mia strada, ma mi guardo comunque attorno e osservo le cose. Grazie comunque per aver commentato l’articolo.
Scusami Babette Brown ma ti devo smentire, vi erano alcuni piccoli editori quali AlterEgo Edizioni che pur avendo autori emergenti scontavano al 50 % del prezzo di copertina i proprio libri, pur di guadagnare qualche spicciolo
Non è un paese per esordienti.
Al di là delle questioni squisitamente relative all’editoria, l’italiano non si fida del nuovo in senso generale.
Quando nelle richieste di lavoro leggiamo "cercasi apprendista con esperienza", come fa l’italica persona a fidarsi dello sconosciuto?
Considerazioni sulla mostra del libro.
1) se il problema è la gargantuesca presenza degli editori grandi, che stupiscono con effetti speciali, che i piccoli editori, almeno nell’occasione della fiera, si consorzino, creino uno stand unico dove poter attirare e coinvolgere il lettore, Davide sconfisse Golia con armi da lunga distanza, non in un corpo a corpo...
I piccoli devono cambiare strategia...
2) Presentare prodotti di qualità alla massa.
Scordatevelo.
Non parlate la stessa lingua di quell’agglomerato di persone indefinito che è la "massa", la "massa" non è curiosa, la massa è fondamentalmente conservatrice, ama sentirsi al sicuro, non si avventura in territori ignoti, per questo preferirà sempre il prodotto già conosciuto, dove, per quante novità ci siano, saranno sempre in un ambiente familiare e conosciuto.
Siamo codificati in questa maniera. Per questo gli avventurieri sono esigui rispetto al resto della popolazione.
La maggior parte delle persone non riuscirà a porre attenzione al motto dell’editore "parole colte nell’etere" nella sua intera ambivalenza, e non si incuriosirà sul titolo del tuo romanzo, anzi...
E’ un bene?
E’ un male?
Dipende.
Se si cerca un certo tipo di lettore, capace di apprezzare la novità, è un bene, ma occorre essere consci che questi lettori non sono la maggioranza, (e già i lettori in Italia non sono poi cosi’ tanti...)
Se l’esordiente vuole mangiare con i proventi del suo romanzo, in Italia...
non c’è trippa per gatti.
3) L’idea della fiera itinerante non è del tutto peregrina, però immaginatevi la logistica necessaria per realizzare tale cosa.
Però, Lucca insegna, è anche necessario avere un punto di riferimento stabile e riconoscibile...
Lucca è territorio dei fumetti e giochi... nei giorni della Mostra del Fumetto, Lucca si trasforma ed accoglie ospiti da tutta italia...
Però organizzarsi per piccoli eventi nell’arco dell’intera penisola, per un piccolo editore non la vedo un impresa impossibile, far conoscere il libro attraverso letture, portare il libro non nei classici posti del libro, ma che ne so, organizzare una serata lettura in un pub...
andarsi a cercare un pubblico diverso, diversificando i modi di presentarlo...
P.S.
Cos’è una tartasa? :)
Io sono stato al Salone del libro e non ho notato tutta questa crisi. Consideriamo inanzitutto che stiamo attraversando una crisi globale e anche l’editoria ne è stata trascinata anche se con numeri più contenuti rispetto ad altri settori. Il Salone per il secondo anno consecutivo ha registrato un aumento dei visitatori e un aumento globale delle vendite, cosa davvero positiva visto appunto il periodo di crisi. Per quanto riguarda la piccola editoria, purtroppo se un calo c’è stato è dovuto anche alla non congeniale posizione del padiglione 1 e questa la cosa che gli organizzatori dovrebbero rivedere. Poi non sono daccordo nel considerare il Salone come se fosse un mercatino, cosa che non è assolutamente. Al Salone si partecipa per accrescere la visibilità che molti editori pensano di avere solo con un blog e una pagina di facebook con un numero di "mi piace" più o meno grande. Al Salone si stabiliscono contatti con tanti esponenti e addetti ai lavori del settore che in altre occasioni non incontreresti. Ci sono pure piccoli librai (visti personalmente) che raccolgono contatti sopratutto di piccoli editori. Se un editore non partecipa ad eventi come il Salone di Torino confidando solo nei social, rimarrà solo un editore per amici e parenti, quasi solo editore per Hobby, ma nulla di più