Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti Paesi. Nel 1990 ha vinto il premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, nel 1999 il premio Strega con “Buio”, nel 2012 il premio Campiello alla carriera. Il suo ultimo romanzo è “La bambina e il sognatore” (Rizzoli, 2015). Da poco è in libreria “Telemaco e Blob. Storia di un’amicizia randagia” (Rizzoli 2017, pp. 80, euro 15,00, illustrazioni di Pia Valentinis), pubblicato per la prima volta nel 2001 da Fabbri Editori con il titolo “Cani di Roma” nella raccolta “La pecora Dolly e altre storie per bambini”. Il libro racconta la grande “randagia ma felice amicizia” che unisce due cani cittadini dalla diversa provenienza.
“Blob e Telemaco si vedevano di nascosto, perché i padroni di Telemaco non amavano che lui frequentasse un cane come quello”.
- “Conoscevo un cane di gran razza che era amico di un cane randagio”. Signora Maraini, com’è nata l’idea di scrivere questo racconto?
La nascita dei racconti è misteriosa. Non so risponderle con precisione. Posso solo dirle che ho sempre amato i cani, che mi piace osservarli e raccontarli, che li considero intelligenti e generosi. Tutto qui.
- Il forte legame tra Telemaco e Blob dimostra ancora una volta che le differenze attraggono?
Più che altro dimostrano che le differenze non impediscono l’amicizia e l’affetto.
- Ha spesso preso posizione su chi tiene cani e gatti come se fossero oggetti, senza comprendere che gli animali sono esseri viventi con dei diritti. Ce ne vuole parlare?
Lo dicono anche gli scienziati: tutti gli esseri viventi sono fatti della stessa materia. Hanno una struttura molecolare molto simile. Questo vuol dire che sentono come noi, patiscono come noi, gioiscono come noi e spesso sono più generosi di noi. Vanno rispettati come creature viventi, che fra l’altro stanno sulla terra spesso da prima di noi.
- Blob abita sotto un ponte del Tevere con un barbone. Quando Telemaco corre a cercare il suo amico scomparso scopre che la riva del fiume che attraversa Roma assomiglia a un immondezzaio. Il racconto è anche un modo per denunciare i mali atavici dell’Urbe?
In effetti, è così. Io ho sempre abitato vicino al Tevere. E tante volte ho visto la gente che veniva in macchina a gettare le immondizie dentro l’acqua, quasi fosse una cloaca. Eppure ci sono gabbiani e papere che bevono quell’acqua, che vi si bagnano dentro e si dovrebbe avere più cura anche per loro. Ma a prescindere dagli uccelli che pure hanno i loro diritti, penso che il fiume, oltretutto antico e cantato dai romani, sia l’anima di una città e come tale vada rispettato e protetto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dacia Maraini racconta “Telemaco e Blob. Storia di un’amicizia randagia”
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