Dal classico al postmoderno al global
- Autore: Veronica Pravadelli
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
Una lezione di storia e di critica cinematografica, non per tutti, certamente per cinefili smaliziati. E non c’è bisogno di andare in via Ostiense, a seguire i corsi della prof.ssa Veronica Pravadelli nel Dipartimento di comunicazione e spettacolo dell’Università Roma Tre. È tutto nel saggio Dal classico al postmoderno al global. Teoria e analisi delle forme filmiche , pubblicato nei primi di maggio da Marsilio, nella collana Elementi (192 pagine, 12,50 euro).
È un testo evoluto, indubbiamente complesso, una ricerca attenta al cinema della maggiore età. Infatti, tralasciando la cinematografia pur interessante degli esordi, fissa il punto d’avvio dell’indagine a partire dai primi anni Trenta del secolo scorso. È dall’avvento del sonoro che si sviluppa il lavoro della docente della terza università della capitale. Veronica Pravadelli coordina il dottorato di ricerca in cinema dal 2004 e dirige il CRISA (Centro di Ricerca Interdipartimentale di Studi Americani). Vanta a sua volta una formazione negli Stati Uniti: dopo la laurea in lingue e letterature straniere a Verona, ha seguito i corsi di specializzazione nell’Università dell’Indiana dal 1989 al 1995, completando il dottorato nel 1999, col Ph.D in Comparative Literature e Film Studies. Nel 2008 è stata ospite nella Brown University e New York University come visiting professor.
La sua attenzione s’indirizza in particolare verso la produzione classico hollywoodiana, orientandosi poi in direzione del cinema italiano post neorealista e soprattutto verso il cinema delle donne. Non è nuova a pubblicazioni per Marsilio, ha firmato nel 2007 La grande Hollywood. Stili di vita e di regia nel cinema classico americano, sottolineando tra gli altri temi (avventura, commedia sofisticata, dramma familiare, musical) la duplicità dell’immagine della donna, da quella autonoma e non conformista delle origini del sonoro al ritorno successivo nei panni dell’angelo del focolare e della fedele compagna dell’uomo, tornato a manifestare un protagonismo virile.
Sono argomenti che ricorrono nel percorso proposto nel nuovo volume: un itinerario teorico e storico sull’evoluzione delle forme filmiche, dal cinema classico degli anni Trenta al global film contemporaneo.
Nascendo dallo sviluppo di una ricerca pluriennale sulle trasformazioni delle modalità di rappresentazione cinematografica, il libro è anche e soprattutto un prodotto ad uso didattico, in particolare per i corsi di analisi, estetica e stile del film.
Nei diversi saggi monografici in cui è articolato, segue pellicole e autori particolari e si concentra su tre macro-forme: il cinema classico, il moderno, il postmoderno, dedicandosi nella parte finale anche a quello contemporaneo (successivo al postmoderno).
La sezione dedicata al classico guarda ovviamente al cinema americano. Stili di vita e di regia: la classicità come modello di rappresentazione ha vita breve, prosegue grosso modo per un quinquennio (1934-1939). In precedenza e, soprattutto nei decenni successivi, il cinema hollywoodiano era stato e sarà dominato da forme non classiche.
“Bringig up baby” (“Susanna!”, del 1938, per la regia di Howard Hawks e con interpreti Charles Ruggles, Katharine Hepburn, Ward Bond, Cary Grant) è il primo film all’esame e precede il melodramma anni Cinquanta, che imprime una mutazione alla scrittura classica.
La discussione sul moderno è sviluppata per un verso in relazione al postmoderno, dall’altro attraverso l’esempio del cinema d’autore italiano degli anni Sessanta e dei suoi maggiori esponenti (Antonioni, Visconti, Fellini, Bertolucci). I contributi teorici su moderno e postmoderno presentano alcune sovrapposizioni. Nell’ultimo capitolo, elaborato specificamente per questo volume, la docente mette a fuoco differenze e analogie, continuità e rotture, tra cinema postmoderno, postclassico, mind-game film e global film.
Il mind-game, che qualcuno chiama puzzle-film, da un lato è una pellicola in cui “si gioca” col personaggio o con lo spettatore, nascondendo informazioni o inserendo contenuti e oggetti enigmatici interpretabili solo dopo aver scoperto un “codice”, dall’altro è un’opera in cui il personaggio principale è in una condizione mentale estrema, instabile o patologica, ma viene presentato come normale. L’esempio è fornito dai protagonisti schizofrenici di “A Beautiful Mind” (2001) e “Spider” (2002).
Per global film, Pravadelli intende una forma filmica, apparsa negli ultimi quindici-vent’anni, che mostra un legame forte con le dinamiche della globalizzazione,
un ciclo di film in cui gli spazi e gli ambienti mostrati o rappresentati restituiscono l’idea del pianeta come totalità, entità unitaria e percorribile nella sua interezza.
Dal classico al postmoderno al global. Teoria e analisi delle forme filmiche
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