Diario di Murasaki Shikibu
- Autore: Murasaki Shikibu nikki
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
La conoscenza di culture diverse dalla nostra occidentale, scoprirne le affinità e la specificità aiuta la fratellanza tra i popoli e la pace. Con questo spirito possiamo avvicinarci alla lettura del diario giapponese Diario di Murasaki Shikibu di Murasaki Shikibu nikki (concessione a ’la Repubblica" da Marsilio Editori, pp. 126, 2023) a cura della studiosa accademica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia Carolina Negri.
Il testo risale all’XI secolo, la traduzione attuale in italiano è di MiyazaKi Sōei.
La scrittrice Murasaki, una dama di corte addetta al seguito di sua Maestà Shōshi, la giovanissima seconda moglie dell’imperatore Ichijō, visto come un dio, è anche l’autrice del romanzo Genji monogatari, Storia di Genij, considerato un capolavoro della letteratura mondiale.
Le donne giapponesi allora, a qualunque classe o rango sociale appartenessero, in una società fortemente maschilista, dovevano vivere segregate.
Scrive la curatrice:
Piccole figure, nascoste sotto strati di pesanti vesti, che conducevano un’esistenza ritirata, molto spesso monotona e malinconica, nelle tenebrose residenze aristocratiche.
Murasaki rompe questo schema, è una ragazza coltissima per aver avuto accesso alla vasta biblioteca paterna, come Leopardi. Possiede il dono naturale della scrittura, grande sollievo alla sua malinconia. Riesce a entrare a corte. Ciò costituiva un onore e un avanzamento importante nella scala nobiliare della famiglia d’origine.
Per scrivere deve chiedere carta e inchiostro, ed ecco il miracolo, compila un diario ricco di penetrazione psicologica, introduce il lettore in un mondo che sembra una fiaba.
La sua finissima sensibilità, oltre alla precisione descrittiva, per esempio delle varie tuniche da indossare, anche sette con cintura e strascico e giacca annessa, aggiunge un elemento fantastico e figurativo, spirituale, alle scene.
Le ragazze di corte sembrano angeli:
Come in un sogno si muovevano leggiadre con le vesti fluttuanti nell’aria quasi fossero creature celesti discese sulla terra.
I colori del vestiario dovevano attenersi a regole precise, rispondenti ai dettami di corte, legati al mutamento delle stagioni. Ciò riguardava anche i gentiluomini. Questi ultimi potevano entrare nelle stanze delle dame, ma esse avevano la facoltà di non riceverli.
Indossare la natura, afferma Carolina Negri con felice espressione, in relazione all’abbigliamento. Era una questione non soltanto formale, di etichetta, ma simbolo dell’unione, non ancora interrotta, dell’umanità con la terra.
La rottura, con l’avvenuta industrializzazione, costituisce la nostra dolorosa alienazione.
Il libro si apre con la nascita del principe Atsuhira, primogenito di sua Maestà, la ragazzina Shōshi che ha solo 13 anni. I festeggiamenti durano giorni e giorni, il principe è considerato come il sole. Prima della sua nascita tutte le dame sono vestite di bianco, colore di purezza ma in Oriente anche di morte. Nascere è pericoloso. Insieme ai medici, vediamo una schiera di monaci oranti giorno e notte, indovini, astrologi e medium. Una parte delle dame è incaricata di rappresentare gli spiriti maligni con urla sgraziate, per essere esorcizzate e rese innocue.
Le cerimonie del primo bagno del neonato si protraggono per sette giorni. È autunno. La descrizione del paesaggio, a volte malinconico, le nebbie mattutine sul lago, i pini, simbolo di immortalità, sono poesia pura.
Anche Murasaki è una giovane malinconica. È già vedova. Prima di arrivare a corte è stata sposata per breve tempo; il marito è morto prematuramente, lasciandola madre di un maschietto.
Nell’osservare i servi che portano con fatica il palandrino dell’imperatore, non manca di meditare:
[…] si prostravano al suolo visibilmente affaticati. Mentre li guardavo, pensai che tra quei servi e noi dame non c’era proprio nessuna differenza: eravamo al servizio dei nobili e stavamo sempre insieme a loro, però, non appartenendo allo stesso rango, provavamo sempre un certo disagio.
I dignitari di corte non hanno alcuna caratteristica dei nostri politici: nel palazzo giocano d’azzardo ai dadi, ballano, suonano la cetra e il flauto nei momenti in cui è richiesto, dialogano con le dame poetando, facendo a gara a chi improvvisa i versi migliori. Si tratta di una cultura, come viene rappresentata vivacemente da Murakami, che influenzerà i secoli futuri, la letteratura, l’arte, la pittura giapponese.
Fra le dame spesso si instaura un’affinità elettiva, divenuta famiglia. Quando ciò viene a cadere, e accade per le donne mature che a un certo punto vengono sostituite dalle giovani, la perdita affettiva è grave. Anche l’aspetto materiale, economico, può diventare un problema, se la dama è sola, non ha un uomo che la protegga.
Non esistevano le pensioni, tardissima conquista, come sappiamo; la vedova nella cultura antica ha avuto una scarsissima considerazione.
Murasaki è sola. Serve la regina per dieci anni. Scrive all’amica del cuore, lontana e perduta, la poesia:
Ho nostalgia di quando / dormivamo insieme. / Sono come l’oca solitaria / che sulle ali porta la brina / caduta durante la notte.
La natura e l’anima sono una specchio dell’altra. Riceve la risposta:
Ora che non ho più l’amica / che con me scuoteva la brina dalle ali, / nel cuore della notte mi sveglio / e ho nostalgia di quando / eravamo come due oche mandarine.
Tanta dolcezza fa sorgere il parallelismo con la grande Saffo, madre della poesia lirica occidentale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Diario di Murasaki Shikibu
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