Dopo la guerra c’è solo la pace. Il coraggio e la forza di Norma Cossetto
- Autore: Rossana Mondoni e Luciano Garibaldi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Comunque la si pensi, la storia va conosciuta e studiata in tutti i suoi aspetti ed eventi, senza lasciare zone d’ombra. Per questo non deve sembrare superflua la pubblicazione di un libro recente, un saggio storico del giornalista Luciano Garibaldi, scritto ancora una volta in collaborazione con la ricercatrice di storia Rossana Mondoni. In diffusione da febbraio 2020, per i tipi della casa editrice chietina Solfanelli, Dopo la guerra c’è solo la pace. Il coraggio e la forza di Norma Cossetto (152 pagine) è un altro dei lavori sulle vicende drammatiche vissute dalle popolazioni di origine italiana, a metà degli anni ’40 del Novecento, nei territori giuliano-dalmati al confine orientale.
Sono numerosi i testi che la coppia di autori - il romano Garibaldi e la docente milanese di storia, figlia di un deportato nei lager nazisti - hanno dedicato anche nelle collane Solfanelli alle pagine drammatiche degli eccidi del 1943-1945 e dell’esodo forzato di 350mila italiani dalla Dalmazia jugoslava nel 1947, privati di case e di ogni bene.
Il nuovo libro è dedicato alla tragedia delle foibe, con particolare attenzione a Norma Cossetto, che per le polemiche accese intorno alla legittimità del ricordo di quegli accadimenti è diventata la vittima più nota. Universitaria istriana di 23 anni, venne gettata nella foiba di Villa Surani dopo essere stata lungamente seviziata. Il 5 ottobre 1943, una squadra di diciassette partigiani titini la fece precipitare nella profonda cavità del suolo croato, con altri venti assassinati.
Numerosi gli episodi analoghi nel territorio triestino, rinnovati alla fine della guerra nel maggio 1945.
Su tutte quelle vicende calò un silenzio politico e storico impenetrabile, dovuto a non pochi motivi convergenti, non foss’altro la vicinanza del PCI alla Jugoslavia di Tito e la convenienza per i partiti anticomunisti di non irrigidire i rapporti con un Paese confinante che si era allontanato dalla sfera sovietica e faceva da spartiacque tra l’Occidente e gli Stati oltre la Cortina di ferro, controllati da Mosca.
Un utile silenzio, che ha lasciato inespresse le sofferenze e cancellato gli episodi. Il dolore di una generazione è stato ignorato per cinquant’anni, prima di arrivare all’istituzione del Giorno del Ricordo, con una legge del 2004. Per primo, un ex comunista, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha parlato nel 2007 di “congiura del silenzio” e il successore Mattarella non ha esitato ad aggiungere che si è trattato di “una tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica”.
Anche contro le dichiarazioni dei nostri capi di Stato, ogni 10 febbraio si levano le osservazioni di storici ed esponenti politici negazionisti (“poche vittime, non è successo niente”) o giustificazionisti (“sono stati i fascisti, nel ventennio, a seminare odio e rancore, discriminando le popolazioni slave nella Dalmazia conquistata dopo la Grande Guerra”).
Mondoni e Garibaldi fanno raccontare di Norma dalla sorella Licia, morta cinque anni fa, dal cugino Pino, che tagliò il filo di ferro che stringeva i polsi della ragazza, dall’amica del cuore Andreina e dal maresciallo dei Vigili del fuoco di Pola, che trassero i cadaveri dalla foiba. Il lavoro si sofferma sulla “verità negata”, sui contrasti ideologici, sull’istituzione del Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo, il 10 febbraio di ogni anno. C’è spazio anche per ricostruzioni teatrali della vicenda e i contributi di televisione e cinema.
“Dalla prima riga all’ultima, il nostro intento è quello di gettare nel dimenticatoio l’odio e la violenza, per arrivare finalmente alla pacificazione”.
Precisa Luciano Garibaldi. Ricordare e far conoscere, aggiunge: dare visibilità all’immane tragedia del periodo 1943-1947 vuole diventare un monito per le giovani generazioni, vuole suggerire l’esigenza di costruire un futuro di pace.
Gli eventi stravolsero la vita, quando non la tolsero, di migliaia di famiglie istriano dalmate. I Cossotto sono un esempio, la vicenda di Norma insegna, secondo Garibaldi, che qualsiasi guerra provoca danni immensi, in particolare sui civili inermi, ieri come oggi in tante parti del mondo, Siria, Iraq, Yemen.
Per tornare alle pagine terribili del confine orientale, non si sbaglia affidando ancora una volta alle parole del presidente Napolitano la sintesi di quanto avvenne. Il 10 febbraio 2007, pur sollevando le proteste diplomatiche dell’omologo croato Stipe Mesic, ricordò le violenze subite a opera dei titini da migliaia di persone che avevano “la sola colpa di essere e sentirsi italiani”.
Alla luce di tante sofferenze, non c’è nulla di sbagliato nel cercare la pacificazione della memoria, condannando senz’appello la violenza di qualsiasi colore. Pietà per i morti. Tutti martiri, tutti.
Si dia voce voce alla ricostruzione storica, da qualunque parte provenga e l’opinione pubblica potrà orientarsi, in piena libertà, tanto più facilmente quanto più avrà accesso a una varietà di fonti e anche di orientamenti opposti. La democrazia è pluralismo e il pluralismo è democrazia. Al contrario, è il pensiero unico ad avere prodotto le tragedie epocali, allo sterminio degli ebrei, ai genocidi.
Rispettiamo il monito rinnovato ogni 27 gennaio (Olocausto) e 10 febbraio (foibe): arriviamo a una memoria condivisa della storia, sarà uno dei mattoni coi quali costruire un mondo di pace.
Dopo la guerra c'è solo la pace. Il coraggio e la forza di Norma Cossetto
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