Dov’è Anna?
- Autore: Biagio Proietti, Diana Crispo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
Se “Sandokan” (Sergio Sollima) era luce, mare, colori, puro esotismo declinato al cappa & spada, “Dov’è Anna?” (Piero Schivazappa) era l’appuntamento televisivo con la zona d’ombra, l’impalpabile, l’inapparente sotto la patina dell’attualità.
Correva l’anno 1976, andando a saltare l’anno della neonata “Repubblica” di Scalfari e dell’ “Ultimo tango a Parigi” sul rogo per volere della Cassazione; l’anno dello scudetto del Torino di Pulici & Graziani (i gemelli del goal, ve li ricordate?) e degli azzurri di tennis che dal Cile del nefasto Pinochet portano a casa la coppa Davis. Orbene, in quell’anno lì - per sette martedì consecutivi - “Dov’è Anna” inchioda alla poltrona davanti la tv qualcosa come ventotto milioni di italiani: friggono per conoscere la sorte di Anna Ortese, moglie (apparentemente?) devota di Carlo, sparita nel nulla, tra il brusco e lusco, in una Roma-specchio dell’Italia già da allora dei misteri.
Poiché sui dettagli di un “giallo” è d’obbligo tacere, rimando senza indugi alla lettura del romanzo “Dov’è Anna?” di Biagio Proietti e Diana Crispo, (21 Editore, 2014) da cui è tratto lo sceneggiato: un romanzo a chiave, un puzzle implacabile, il cui senso autentico è anticipato, non a caso, dal punto di domanda che grava sul titolo come una massicciata sul paesaggio attorno.
E’ l’interrogativo-emblema di una realtà perennemente chiaroscurale, sfrangiata, di una città occulta, un interrogativo contiguo alla notte, alle strade, alla vita, ai maneggi di danaro, all’amore, agli appartamenti, in cui si incrocia il coacervo di personaggi - “fratti” a loro volta -, spesso custodi di verità ulteriori, di segreti irrivelabili. A cominciare da quello, che forse è ontologico forse no, che avvolge la protagonista, assenza/presenza fantasmatica e materica al contempo, del romanzo. L’Anna di volta in volta vittima-complice-fedigrafa-innocente-morta-viva-assassina possibile, sulla cui caratura morale non sempre ti giocheresti un soldo bucato (solo il marito, pur se tra i dubbi, continua a crederci).
La verità inattesa arriva - come da canone del genere - all’ultima pagina (o, insomma, giù di lì), discendente dal reiterato tour de force di colpi di scena e ribaltamenti di prospettiva (in pratica uno a ogni fine capitolo), che Proietti e Crispo allestiscono con perizia, costringendo il lettore (così come, allora, lo spettatore) a restare "nel" plot dall’inizio alla fine.
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