Due paeselli d’Abruzzo
- Autore: Benedetto Croce
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
“La terra di Montenerodomo sorge sopra una rupe calcarea a circa milledugento metri sul livello del mare, al principio della valle inferiore del Sangro ch’essa domina, isolata com’è tutt’intorno”.
Montenerodomo, “le sta innanzi il gran massiccio della Maiella” in provincia di Chieti a causa della disposizione delle linee ferroviarie non è “di agevole accesso a questa regione”.
Benedetto Croce (Pescasseroli 1866 – Napoli 1952) ricostruisce la storia del paesino appartenuto prima ai Normanni e poi agli Angioini. Nel 1447, “nel censimento che si fece” Montenerodomo è descritto come abitato da ventotto “fuochi”, ossia famiglie, tra le quali si noverano i Croce. Fra il XV e il XVII secolo, il paese fu feudo di varie famiglie: Caldora, D’Aquino e Di Capua. La pastorizia “formava l’esercizio principale della popolazione”, ogni autunno i pastori si recavano in Puglia con le loro mandrie attraverso sentieri chiamati “tratturi”.
La migrazione delle greggi dalle zone montuose e collinari verso la pianura e viceversa viene chiamata transumanza. Come ricorda l’autore, filosofo, storico, politico e critico letterario, dalla stessa industria pastorale “doveva in ultimo sorgere la differenziazione sociale”, ovvero la formazione di famiglie agiate. In questa terra non manca l’emigrazione che condusse i monteneresi in America settentrionale, specialmente in Pennsylvania. Croce qui ricostruisce anche la storia del suo paese natio. Nell’undicesimo secolo Pescasseroli era dominio della famiglia Borrello per passare come “suffeudo ai di Sangro”.
Durante i secoli il borgo abruzzese fu luogo di lotte e guerre anche aspre, sviluppatesi per la contesa di feudi e terre. Da Pescasseroli partiva uno dei tre grandi tratturi principali che giungeva fino a Candela in Puglia. È rimasta famosa un’antica rivalità con il paese vicino Gioia dei Marsi. Da questo paese partirono in molti per cercare fortuna in America. Alla fine del trattato, Croce ricorda come “da più parti fu invocata l’istituzione di un parco nazionale” per tutelare le bellezze naturali della regione. Poco dopo la nomina a senatore del Regno, il 21 agosto 1910, Croce tornò per la prima volta dalla nascita a Pescasseroli, dove dal balcone di palazzo Sipari pronunciò un discorso, presente nel volume, nel quale salutando i propri concittadini si rammaricava di non essere tornato prima. Secondo il parere dell’autore il motivo di questa lunga assenza era dipeso dal timore di disperdere le immagini che si era fatto dai racconti di sua madre. Infatti per Croce, Pescasseroli era come “uno di quei paesi delle fiabe”. Inoltre Croce auspicava che il suo borgo natio diventasse “familiare a tutti”, perché “qui converranno i villeggianti e gli escursionisti”. Parole profetiche che si sarebbero avverate con l’inaugurazione del Parco nazionale d’Abruzzo avvenuta nel 1922.
Come si legge nella prefazione al volume:
“Croce, legato per ragioni biografiche ai paesi di origine della sua famiglia, Montenerodomo e Pescasseroli, ha dedicato a ciascuno di essi un manoscritto, tracciando la storia dei paeselli e le origini dei due rami familiari, i Croce e i Sipari”.
Le due monografie qui presenti, pubblicate rispettivamente nel 1919 e nel 1922, in seguito inserite da Croce in appendice alla “Storia del Regno di Napoli” (Laterza 1925), vengono riproposte a cura della Fondazione Erminio e Zel Sipari Onlus. La Fondazione che ha come scopo la promozione di attività volte all’incremento delle conoscenze sull’ambiente, alla conservazione dei beni culturali e ambientali presenti a Pescasseroli e dei valori architettonici, storici e artistici della Marsica e dell’Abruzzo, fu istituita nel 2005 per volontà di Maria Cristina Sipari, pronipote dell’illustre filosofo e critico letterario, e figlia di Erminio Sipari.
In Due paeselli d’Abruzzo Croce, con uno stile arcaico ma mai noioso, traccia la storia dettagliata di Montenerodomo e Pescasseroli, includendo quella dell’Abruzzo stesso. Dalla lettura di questo piccolo ma intenso volume, da ritenersi quasi come un trattato antropologico, lo scrittore rende partecipi i lettori del suo amore per la gente e la bellezza di questa regione, i cui raccolti borghi incastonati in un territorio montuoso e selvatico sono rimasti intatti e le cui montagne assumono un aspetto nobile e fiero.
Due paeselli d'Abruzzo
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