Ed ora, andiamo! Il romanzo di uno “scalcinato”
- Autore: Mario Muccini
- Genere: Storie vere
- Anno di pubblicazione: 2014
Mario Muccini, livornese, classe 1895, ha lasciato questa calda testimonianza della Grande Guerra in forma di diario. Ha combattuto sul Carso, in Carnia e sul fronte trentino. Il testo parla anche di molte regioni e città legate alla vita dell’autore; dalla nativa Toscana, alla Sicilia, alla Liguria, alle Marche.
Muccini è coraggioso, combatte con impegno, viene ferito e decorato più volte. Dopo Caporetto diventerà capitano. Subisce spesso il lato iniquo dell’organizzazione militare e le infelici decisioni dei superiori; scarsa meritocrazia, arroganza degli ufficiali, impiego spregiudicato delle fanterie negli attacchi. Sull’Isonzo, ad esempio, deve sopportare la boria di un pavido capitano che resta in trincea mentre il reparto di Mario compie un temerario assalto, rimanendo per ore bloccato sotto le trincee austriache. Quell’ufficiale ricorda il capitano A. di cui parla Carlo Salsa nel suo Trincee. Le sofferenze al fronte sono così condensate:
“Il nostro battaglione si disfa a poco a poco in una strage senza impeti, terribile, irreparabile. I comandi vogliono sapere qual è il morale della truppa e bisogna rispondere che è ottimo e questi disgraziati eccoli lì, assiderati, distrutti dal fango, dal freddo, dall’acqua putrida e inquinata”.
Patisce nel vedere tanti compagni cadere in azioni senza risultati. Chi come il colonnello Ferretti esita a mandare gli uomini al massacro, viene rimosso. Muccini amaramente scrive:
“Hanno silurato il colonnello. E’ troppo integro e onesto e dice sempre la verità. Non può far carriera”.
Ferretti fa la stessa fine del brillante generale Venturi di cui tesse l’elogio Paolo Caccia Dominioni nel suo diario di guerra.
Nelle licenze Mario nota il divario tra combattenti e civili; lontano dal fronte poco si sa del calvario di chi sta nelle prime linee. La descrizione della rotta di Caporetto rende bene la rabbia dell’ufficiale di fronte allo sfacelo delle truppe in ritirata. C’è spazio anche per il disagio del reduce; finita la guerra, il giovane cerca faticosamente un nuovo ruolo sociale.
Un’attenzione importante viene riservata all’interiorità del soldato, legato alla famiglia, bisognoso di affetto e amore, costretto a crescere in fretta tra assalti e bombardamenti. Rappresenta quella generazione uscita segnata da un conflitto in cui un giovane come lui aveva comandato uomini più anziani di oltre dieci anni e coperto responsabilità in frangenti delicatissimi. Da qui verranno, a guerra finita, più in generale, i problemi per i reduci, spesso poco disposti ad accettare che ferite e medaglie non contassero quasi niente nella vita civile.
Ed ora, andiamo! Il romanzo di uno "scalcinato", riedito nel 2014 a cura dell’Associazione Cime e Trincee (ASCeT) e del Gruppo Ricerche e Studi Grande Guerra della Società Alpine delle Giulie Cai, con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, corredato da sei appendici mai pubblicate prima, è un diario intenso, ricco di passioni, critico verso molte storture, scritto da un giovane che ha comunque fatto il suo dovere coscienziosamente.
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