I poeti riescono sempre a trovare le parole, anche per esprimere l’inesprimibile, oppure per dire ciò che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi e ci pare troppo ovvio e banale per diventare arte. Nella poesia di Ada Negri, intitolata Estate, la stagione del sole viene evocata attraverso una sinestesia di sensazioni, emozioni, colori e odori che ciascuno di noi, in questa estate caldissima, può condividere.
Con la sua scrittura lieve e irresistibile Ada Negri, la poetessa della classe operaia (così era definita, la chiamavano “La Vergine Rossa”), trasfigura in parole immagini tratte direttamente dalla quotidianità. Da questa raccolta di istantanee, come tante polaroid sparse alla rinfusa ma legate da un’armonia di fondo, emerge un ritratto senza fronzoli dell’estate.
È sufficiente leggere questi versi per sentire il calore che sale dall’asfalto, la ferocia dell’arsura, e quel dolce ottundimento che prende la testa nei giorni estivi e culla il corpo in uno stato di abbandono inerte. Leggiamo e pensiamo: ecco, qui, è questo istante, è il mio tempo, sono io. Ada Negri sta scrivendo nel secolo scorso, eppure le sue parole ritornano a illustrarci il ciclo eterno delle stagioni, che ritornano sempre uguali, perenni e imperiture, mostrandoci il volto di un’umanità che si evolve, conosce, rincorre instancabile l’onda del progresso, eppure sostanzialmente non cambia mai, è sempre uguale a sé stessa.
“Estate” di Ada Negri: testo
Nei mesi estivi il solleone
rende i muri così abbaglianti
che a fissarli vien sonno:
tende gialle e rosse
si abbassano sui negozi;
il nastro di cielo
che s’allunga fra due strisce
parallele di tetti
è una lamina di metallo rovente.
Dolce è non far niente,
accucciati sulle pietre roventi,
respirando il caldo.
“Estate” di Ada Negri: analisi e commento
L’estate italiana vibra nei versi piani di Ada Negri che hanno un andamento diseguale (ci sono cinque novenari e un endecasillabo) e rincorrono unicamente l’urgenza di un’esigenza espressiva. La sua poesia Estate è come una polaroid che potrebbe essere stata scattata oggi, così come cent’anni fa. Ci ripropone immagini sempiterne: nuove, eppure antiche. Ci restituisce la sensazione racchiusa in ciò che è transitorio, nei panni stesi al sole che si muovono piano sui davanzali delle finestre ondeggiando nell’aria immota, rovente, di un pomeriggio estivo.
L’abilità di Ada Negri sta nella capacità di porre in relazione il paesaggio circostante con il nostro umano sentire: il bagliore accecante dell’estate è così feroce che a forza di guardarlo, di tollerarlo, ispira nella mente un senso di affaticamento, una lieve sonnolenza. Non resta che “respirare il caldo”, come esprime Negri in un’efficace sinestesia, abbandonandosi a un dolce far niente tutto sommato lieto perché indotto da circostanze esterne.
La poetessa sembra proiettarci nel mezzo di un pomeriggio afoso di luglio, in centro città, dove le saracinesche dei negozi sono abbassate per scacciare il caldo quasi fosse una mosca fastidiosa. In alto il cielo si allunga e diventa un nastro azzurro tra i tetti, lontano, irraggiungibile come un sogno distante.
Ada Negri ci invita ad accucciarci accanto a lei sulle pietre calde e semplicemente “respirare”, ricordarci il nostro essere vivi, in questa invincibile estate.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’“Estate” nella poesia di Ada Negri
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