Exit Tragedy. Pensare che volevamo la pace per l’Afghanistan
- Autore: Maria Clara Mussa e Daniel Papagni
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Maria Clara Mussa, direttrice di Cybernaua.it Informaction Magazine (web magazine dedicato a quanto accade nel mondo in materia di sicurezza, difesa e diritti umani), e Daniel Pagani, fotografo associato a Reporters sans frontières e collaboratore di Cybernaua, sono stati numerose volte in Afganistan. Sono i due autori di Exit Tragedy. Pensare che volevamo la pace per l’Afghanistan (LoGisma, 2021).
Tra il 2009 e il 2021 gli autori hanno compiuto numerose missioni giornalistiche, sia embedded, ovvero seguendo i contingenti internazionali nelle loro missioni nei teatri operativi, sia unembedded, frequentando da vicino la popolazione afghana e condividendone le abitudini.
Hanno incontrato e intervistato personalità afghane e persone comuni, vissuto esperienze nelle Forward Operating Base (Base Operativa Avanzata), stando a contatto con le Forze speciali americane, raccolto testimonianze di donne afflitte dalle imposizioni culturali locali, un lavoro giornalistico sottolineato da immagini forti e significative.
Il libro contiene le testimonianze e gli aneddoti che gli autori hanno voluto raccontare per rendere omaggio a quanti nel corso di questi venti anni di missione “di pace” hanno sacrificato la propria vita per rendere il Paese meno insicuro e alle donne afghane, che hanno subito e stanno subendo tuttora moltissimi soprusi da parte dei talebani ora tornati al governo.
L’opera è suddivisa in tre capitoli principali. Il primo è dedicato alle numerose missioni che gli autori hanno svolto nel paese, il secondo capitolo riguarda gli ultimi anni della missione di pace, quando si inizia a trattare per una exit strategy che avrebbe dovuto pacificare il paese, mentre nel terzo l’io narrante è Daniel Papagni che racconta in prima persona quanto ha visto e vissuto in Afganistan.
Un capitolo è dedicato ai cinquantatré italiani caduti in Afghanistan, perché il loro nome non cada nell’oblio, perché “dimenticare è facile, basta non ricordare”. E alla fine dei racconti, l’intervista rilasciata dell’ambasciatore Stefano Pontecorvo in cui racconta gli ultimi giorni trascorsi a Kabul che racconta il proprio impegno per gestire con successo gli imbarchi dei collaboratori afghani sui voli verso l’Italia.
Insomma, Exit Tragedy non è in libro dove sono analizzate le cause dell’insuccesso della missione ONU in Afganistan, per quello ci vorrà tempo, ma, come spiega nella postfazione Mario Arpino, già capo di Stato Maggiore della Difesa dal 1999 al 2001, è:
“Un libro d’amore. Amore per la natura selvaggia, le montagne, i deserti, per quel cielo stellato che ormai noi non riusciamo più a ricordare, ma che quelli della mia generazione sanno bene che esiste. Amore per i suoi uomini e per le sue donne, in attesa perenne di una libertà a loro sconosciuta. E amore per i nostri soldati, che per vent’anni si sono avvicendati in quei luoghi certamente affascinanti, ma proprio per questo capaci di nascondere pericoli improvvisi e trappole letali.”
Exit Tragedy. Pensare che volevamo la pace per l'Afghanistan
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