Fatti diversi di storia letteraria e civile
- Autore: Leonardo Sciascia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Sellerio
Leggendo Il maestro di Regalpetra di Matteo Collura apprendiamo che una copia di Fatti diversi di storia letteraria e civile (Sellerio, Palermo 1989), in cui sono raccolti diversi saggi, è consegnata da Elvira Sellerio a Sciascia prima che egli muoia. È il quarantatreesimo libro cui ha dedicato le sue ultime attenzioni. Lo tiene in mano mentre aspira alcune boccate da una sigaretta che subito spegne. È l’opera in cui sono trattati argomenti sull’essere siciliani, tra cui scrittori e artisti che della Sicilia hanno dato un’immagine di universalità. C’è il cuore della nostalgia quando Sciascia parla del suo rapporto con il cinema e c’è anche il fascino della memoria cui egli si abbandona nel raccontare esperienze. L’autobiografia si fa così conoscenza da cui emerge il critico che interpreta con puntuali sottigliezze. Siamo nel territorio della rievocazione che si fa intellettuale ed etica. Una pagina introduttiva al tema della memoria si legge nel saggio C’era una volta il cinema. L’occasione è la visione del film di Tornatore Nuovo cinema paradiso ed è da qui che inizia il ritmo pressoché magico del ricordare denso di stupore:
"Un uomo che sta oggi per varcare la fatidica soglia dei settant’anni e che i primi dieci – gli indelebili anni dell’infanzia – ha passato in un piccolo paese, isola nell’isola, senza, in quei primi anni, mai allontanarsene, ha da inventariare ricordi ben diversi per quantità, qualità e significati, di quelli di ogni altro suo coetaneo che questi primi anni li ha passati in città più o meno grandi, in paesi affacciati al mare o toccati da strade e ferrovie di grande transito".
I ricordi sono indispensabili a nutrire di immagini la psiche: e la letteratura e il cinema, facendoli affiorare, li raccordano e lasciano gustare il fascino del ri-essere. Fanciullo, Sciascia amava il cinema ed è nel saggio anzidetto che ne ricorda l’arrivo nella sua Macondo. Sciascia nomina Gesualdo Bufalino, unito all’intellettuale-scrittore di Comiso da un solido rapporto amicale e culturale; tante le differenze tra i due sul modo di scrivere e di parlare, ma ad accomunarli è la passione per il cinema:
"Arrivava intanto il parlato: in cui travasai, pur con qualche residua nostalgia, tutto l’amore che avevo per il muto. Studiando intanto a Caltanissetta, avevo modo di vedere più films: uno al giorno, e a volte anche due. Ogni anno riempivo un libretto di annotazioni sui films visti. Avevo, prima che lo facessero i giornali, inventato una specie di votazione con asterischi: cinque il massimo voto. La cosa curiosa, scoperta qualche anno fa, è che Gesualdo Bufalino, che non conoscevo, faceva allora la stessa cosa. Non molto curiosa, a pensarci bene: perché per lui, per me, per altri della nostra generazione e della nostra vocazione, il cinema era allora tutto. Tutto".
Lo sguardo si posa su un libro datato 1881 che s’intitola: Il Texas / La ferrovia Nuova York Texas Messicano / La colonizzazione italiana della costa del Texas. L’anno gli evoca l’edizione dei Malavoglia. Il discorso, allargatosi all’emigrazione, si apre alla scrittrice Maria Messina di cui viene ricordata la novella La Mèrica. Sciascia poi racconta lo sbarco degli alleati sulla costa siciliana, tra Gela e Licata con riferimento ai soldati della divisione "Texas".
Nel saggio La biblioteca di Mattia Pascal incontriamo Pirandello quando si reca alla Biblioteca Lucchesiana di Girgenti, poco prima di partire per Bonn, al fine di soddisfare una richiesta di Ernesto Monaci, suo maestro all’università di Roma: è da presumere che non ci fosse mai stato, se tanto si meraviglia e indigna dello stato di abbandono e rovina in cui la trova.
Vi si parla di monsignor Boccamazza: cioè, Monsignor Andrea Lucchesi-Palla, conte di Camprofanco e vescovo di Girgenti (Agrigento), munifico e nobilmente illuso fondatore della biblioteca appunto denominata Lucchesiana. Diciottomila i libri, insieme a un museo di oggetti, da lui donati con animo laico e "come un patrimonio di libertà". Regole d’osservanza dettagliate ne stabilivano le modalità d’uso. Ma l’incuria era in agguato: molti volumi finirono ammuffitti e gli amministratori, “gentiluomini che reggeano le cose del municipio”, non sapevano che farsene.
L’intreccio di memoria autobiografica e letteraria è tangibile nel saggio E come il cielo avrebbe potuto non essere, di cui l’esordio è d’ampio respiro in una sorta di bio-alchemia:
“Il caso, la memoria; il gioco del combinarsi di occasioni, coincidenze, rispondenze, ricordi; il connettersi e concatenarsi dapprima impercettibile delle cose viste, lette, immaginate, sospettate, sognate che assumono poi rapporti di cause ed effetti: e tutto si dispiega, si fa netto e necessario nel nostro sentimento, nella nostra ragione, nel nostro modo di essere”.
Tre i bei saggi dedicati al territorio ibleo della provincia di Ragusa: La contea di Modica, Invenzione di una prefettura, Guastella, il barone dei villani. Un attimo Soffermiamoci sull’ultimo, essendo Guastella un originale autore dell’Ottocento siciliano nominato per la prima volta nell’opera Morte dell’inquistore e richiamato più volte nel corso di alcune sue opere. Chi è Guastella, l’aristocratico di Chiaramonte Gulfi, per Sciascia? Quale posto occupa negli studi del folklore e nella scrittura vigorosamente realistica? L’aristocratico di Chiaramonte Gulfi è visto in una zona di equidistanza tra Verga e Pitrè. L’intuizione è profonda: una voce narrante con un particolare tipo di attenzione per il mondo contadino, dando luogo a una specie di genere letterario che tiene più del “conte philosophique” che del romanzo o racconto di verismo lirico che veniva a manifestarsi in quegli anni. Nel saggio di chiusura Stendhal e la Sicilia, Sciascia parla di viaggi di Stendhal nell’isola senza esservi mai stato (lontano anche dall’Italia) e il discorso giunge ad altri scrittori siciliani (Navarro, Verga, Giuseppe Antonio Borgese, Vitaliano Brancati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa): conoscitori dello scrittore francese.
In definitiva, Fatti diversi di storia letteraria e civile è come la macchina del tempo con l’occhio che esplora. Esprime il sentire di un uomo di profonda cultura che incontra gli intellettuali della sua formazione. Sciascia procede per associazioni ed espansioni a spirale, congiunge l’invenzione con l’indagine critica: dal metodo di ricerca adottato emerge la complessità del magmatico lettore che sa puntualmente interpretare il suo universo conoscitivo.
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