Le guerre di Mussolini dal trionfo alla caduta
- Autore: John Gooch
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2020
L’Italia di Mussolini, un regime guerrafondaio, con le unghie spuntate e senza mezzi. Faceva la voce grossa con tutti, ma quando è passato a vie di fatto è finito a terra umiliato e battuto, come l’ultimo dei bulli, anche dalla modesta Grecia. Una lunga serie di sconfitte e nemmeno onorevoli, per una mini potenza vanagloriosa come quella fascista: è la sintesi di un ampio saggio di John Gooch, La guerra di Mussolini dal trionfo alla caduta, pubblicato da Newton Compton nell’autunno 2020 con la traduzione di M. Petrolo, M. Cerato e C. Pirovano (526 pagine).
Tutte le imprese militari e le disfatte l’Italia del duce, dall’invasione dell’Etiopia all’arresto del capo del fascismo, nella villa del re, il 25 aprile 1943. In apertura, una serie di brevi profili delle carriere di ventisei generali, ammiragli e gerarchi, protagonisti della disastrosa seconda guerra mondiale per il nostro Paese, quasi una lista di proscrizione. A seguire, dodici cartine dell’Italia, dell’Africa settentrionale, di quella orientale, del Mediterraneo e dei Balcani, teatro di sconfitte dal 1940 al 1943. Anche solo sfogliando il volume dell’autorevole studioso di storia militare della prima metà del ’900, docente emerito dell’Università di Leeds, si entra nel vivo di una tragedia senza precedenti, per il numero delle vittime e l’immane peso dei danni per l’Italietta del ventennio. Responsabile della tragedia, il cav. Benito Mussolini, con la sua sventata improvvisazione e per la fretta di cogliere l’attimo fuggente della resa della potente Francia davanti alla Germania hitleriana, senza considerare la variabile fatale della prosecuzione del conflitto da parte di una testarda e coraggiosa Gran Bretagna, alimentata dalla superpotenza statunitense e affiancata due anni più avanti.
Appassionato dalla storia italiana, il prof. Gooch ha consegnato alle stampe un lavoro ampio e innovativo, che tra gli altri aspetti d’interesse smaschera con drammatica evidenza i limiti di formazione militare e di visione strategica dell’ex sergente dei bersaglieri Mussolini, non fosse altro per l’inadeguata sopravvalutazione dello spirito rispetto ai mezzi. Non si era più nel 1915-18 post risorgimentale, ma in una colossale e mortale guerra di materiali e numeri, nella quale aveva gettato l’Italia impreparata. Nulla avrebbe potuto la volontà virtuale d’acciaio di otto milioni di baionette contro l’acciaio autentico di migliaia di carri armati, sfornati ogni mese dagli stabilimenti delle potenze industriali. Un gigante come gli Stati Uniti era in grado di costruire una nave trasporto Liberty in appena tre giorni.
Da Palazzo Venezia, Benito “tormentava e istruiva” quotidianamente i comandanti militari, “ma in realtà non li guidava e di certo non era interessato alla loro opinione sulla guerra, era ben informato sullo stato delle forze armate, ma non ne capiva nulla”, scrive Gooch, che punta l’attenzione sugli alti ufficiali delle Armi, che ricambiavano il duce con la stessa scarsa considerazione.
Il docente inglese cita le dichiarazioni rese ai britannici dall’amm. Leonardi, alla caduta della piazzaforte siciliana di Augusta, il 13 luglio 1943, dopo una resistenza irrisoria, per la mancanza di difese utili a fronteggiare l’attacco da terra, visto che le uniche artiglierie erano antinave o antiaeree. A suo avviso, Mussolini era “impazzito”, per quattro anni. Non era un pazzo invece per l’ex sottosegretario alla guerra Soddu, “semplicemente procedeva per intuizioni, con risultati a volte catastrofici”. Meno indulgente il gen. Castellano, firmatario dell’armistizio di Cassibile con gli Alleati: lamentava l’incompetenza e l’intemperanza di chi reggeva il governo.
Per un altro generale, Orlando, il condottiero era un giornalista che si improvvisava stratega. Secondo il maresciallo Messe, invece, il grande errore del duce era stato pensare che uno strumento delicato come l’Esercito potesse venire guidato da quelli che il suo arbitrio e le combinazioni politiche gli facevano mettere al comando: è noto che i colleghi dello Stato Maggiore non capivano niente di guerra.
Ma fino a che punto la sconfitta si dovette a un uomo solo, si chiede l’autore? Come gestirono la guerra i generali di Mussolini?
Sul campo, mancarono armamenti e mezzi di trasporto moderni. A fare ulteriore difetto fu poi un efficace approccio bellico pluriarma, che il nemico seppe adottare al contrario con successo. La Marina, svantaggiata da un complesso d’inferiorità materiale e numerica – coerente invero con la realtà dei fatti – gestì male le flotte in mare. L’Aviazione si rivelò troppo legata alle teorie dei bombardamenti e poco esperta nel supporto terra-aria e nella ricognizione a largo raggio in mare (a parte l’handicap strutturale degli aerei obsoleti).
Sotto l’aspetto professionale, generali, ammiragli e alti gradi dell’Aeronautica avevano fatto carriera più per l’adesione al regime che per le qualità tecniche messe in evidenza. È vero, però, che tutti, pur senza insistere cocciutamente, avevano segnalato l’impreparazione dell’Italia nel giugno 1940, ma Mussolini non dette mai retta agli esperti, a meno che non fossero d’accordo con lui.
Con la Francia in ginocchio, tentò la mossa d’azzardo e l’Italia perse la guerra e la faccia, non una semplice mano di poker.
Le guerre di Mussolini dal trionfo alla caduta
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