Hiroshima
- Autore: John Hersey
- Casa editrice: Skira
- Anno di pubblicazione: 2015
“La storia di sei sopravvissuti” è il sottotitolo di Hiroshima (Skira, 2015, traduzione di Annalisa Carena) di John Hersey (1914-1993), giornalista e scrittore statunitense, corrispondente di guerra per Time e Life, che racconta a settant’anni dal primo impiego della nuova arma nucleare le fatali conseguenze di quel “lampo silenzioso” che decretò la fine della II Guerra Mondiale.
“Il 6 agosto 1945, esattamente alle otto e quindici minuti del mattino, ora del Giappone, nel momento in cui la bomba atomica esplodeva sul centro di Hiroshima, la signorina Toshiko Sasaki, impiegata all’ufficio personale della Fonderia di Stagno dell’Asia Orientale, si era appena seduta al suo posto negli uffici dello stabilimento e stava girandosi a parlare con la ragazza della scrivania accanto”.
Nello stesso istante il dottor Masakazu Fujii nella veranda del suo ospedale privato stava leggendo l’Asahi” di Osaka. La signora Hatsuyo Nakamura, vedova di un sarto, si trovava affacciata alla finestra della sua cucina intenta ad osservare un vicino che stava abbattendo la propria abitazione che sorgeva sulla linea tagliafuoco della difesa antiaerea. Padre Wilhelm Kleinsorge, un gesuita tedesco, all’ultimo piano dell’edificio che ospitava la missione del suo ordine, leggeva una rivista. Il dottor Terufumi Sasaki stava percorrendo un corridoio del moderno ospedale della Croce Rossa in mano un campione di sangue per un test di Wassermann. Infine, il reverendo Kiyoshi Tanimoto, pastore della Chiesa metodista di Hiroshima, era fermo davanti alla casa di un uomo ricco, nel sobborgo occidentale di Koi, e si preparava a scaricare da un carro le cose che aveva portato via dalla città a causa di un probabile attacco dei B-29 americani. Furono centomila gli individui uccisi dalla bomba atomica, queste persone citate furono tra i pochi superstiti, destinate per tutta la vita a chiedersi perché proprio loro erano state risparmiate dal fungo atomico, quando sulla terra era disceso l’inferno.
Sedici ore dopo Harry Truman (1884-1972), 33° Presidente degli Stati Uniti d’America, avrebbe annunciato che aerei americani avevano decimato Hiroshima scaricando dal cielo un ordigno più potente di ventimila tonnellate di alto esplosivo. In seguito si sarebbe saputo che il bombardiere B-29 Superfortress che aveva sganciato su Hiroshima la prima bomba atomica della storia ad essere stata utilizzata in guerra, soprannominata Little Boy, si chiamava Enola Gay dal nome della madre del pilota, il colonnello Paul V. Tibbets. Poche ore dopo Radio Tokio dava il suo lugubre bollettino: la bomba atomica aveva letteralmente polverizzato tutti gli esseri viventi che si trovavano a Hiroshima. I morti e i feriti erano irriconoscibili, le autorità non erano ancora in grado di fornire dati certi sul numero approssimativo delle vittime. Ora Hiroshima era un cumulo di rovine.
“Una bomba ci ha preso in pieno”.
John Hersey, considerato uno dei primi esponenti del “New Journalism” che impiega tecniche narrative nel contesto giornalistico, meno di un anno dopo il bombardamento atomico di Hiroshima si recò sul luogo del disastro offrendo ai lettori una testimonianza potente senza retorica di ciò che era avvenuto. Le pagine contenute in questo volume furono dapprima pubblicate il 31 agosto 1946 sulle pagine del New Yorker che dedicò l’intero numero della rivista al reportage di Hersey e due mesi dopo in un volume che ottenne il Premio Pulitzer. Nel 1985 il giornalista tornò a Hiroshima per ritrovare i sei sopravvissuti, i cui racconti successivi formarono il capitolo finale del libro intitolato “Il dopo”.
Suggestiva la copertina del testo che raffigura i resti della cupola dello Hiroshima Peace Memorial, nato per ospitare la Fiera commerciale della prefettura di Hiroshima, unico edificio rimasto in piedi nella zona dell’esplosione, oggi parte del patrimonio Unesco.
“Poi uno spaventoso lampo luminoso squarciò il cielo”.
Hiroshima
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