I conquistadores
- Autore: Giotto Dainelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Che bella copertina, accattivante. Si distingue la riproduzione di un coloratissimo olio del XVIII secolo, della serie La conquista del Messico, che mostra Hernan Cortes alle porte dell’antica capitale dell’Impero azteco. Spicca il grande titolo in rosso, su fondo bianco di un volume extra formato (17x25 cm) di Giotto Dainelli, ottimamente allestito da Oaks Editrice di Sesto San Giovanni, nella collana “Ribelli”, con centinaia di grandi e piccole illustrazioni, immagini e fotografie in bianconero nel testo.
I conquistadores (marzo 2023, 389 pagine) è la ristampa anastatica di un saggio, apparso in prima edizione nel 1962.
Fiorentino di famiglia agiata, esploratore, geologo, paleontologo e geografo di altissimo livello, Giotto Dainelli Dolfi (1878-1968) cominciò a viaggiare da giovanissimo, seguendo gli spostamenti del padre, ufficiale dell’Esercito.
Laureato in Scienze naturali nel 1900 a Firenze, con perfezionamento a Vienna, si dette dal 1903 all’insegnamento della geologia e geografia fisica a Firenze, Pisa e Napoli. Nel 1924 ottenne la cattedra di Geologia e paleontologia dell’Università fiorentina, alla morte del maestro Carlo De Stefani. Quattro anni dopo, una serie di difficoltà politiche lo costrinsero a rinunciare a un incarico nell’Università del Cairo, pur avendo vinto il concorso internazionale.
Nell’ultimo periodo della vita si dedicò soprattutto alla divulgazione scientifica, quasi seicento pubblicazioni e più di mille carte originali. La carriera scientifica fu caratterizzata dall’esplorazione di terre remote, Karakorum, Turkestan cinese, Eritrea e Somalia. Monarchico, interventista nella Grande Guerra, aderì al fascismo e alla Repubblica di Salò.
Nel volume I conquistadores, non è solo il Centro America il territorio d’interesse del geografo e storico. Dainelli si sofferma sulla conquista di Cortes, ma si occupa anche della spedizione di Pizarro nel Perù.
Parte da una descrizione approfondita del terreno d’azione dei conquistadores nell’America centrale e meridionale. Inquadra l’affacciarsi dei primi scopritori (Colombo avanti a tutti) su quel vestibolo naturale d’accesso alle Americhe, il Mediterraneo americano come definisce la superficie marina fino alla stretta terraferma a occidente dell’isola delle Bahamas su cui il genovese mise piede nell’ottobre 1492.
Chiama esoticamente “Mar dei Caraibi” l’ampio bacino che conduceva verso quella linea costiera, che cominciò a essere esplorata, collocata in posizione mediana rispetto alle direttrici Nord-Sud obbligate per i navigatori, sempre alla ricerca di un varco, uno stretto, un canale, nell’ipotesi che fosse sfuggito alla ricognizione delle caravelle colombiane. In quelle che vennero chiamate prima Indie Occidentali poi “Nuovo Mondo”, una rotta si spingeva più a meridione del limite massimo raggiunto da Vespucci, l’altra portava a settentrione dell’Honduras, perché la costa risultava continua.
Assumendo il ruolo di storico, Giotto Dainelli non tace le violenze sanguinarie commesse dagli europei, di solito piccole compagnie di armati, poche centinaia, a volte soltanto poche decine. Gente pronta a menare le mani senza riserve, spesso con un passato delittuoso, al comando di capitani della stessa risma morale e comunque di energia spregiudicata e privi di scrupoli. Avevano fucili, anche cannoni, che usavano in modo micidiale contro le masse ingenue dei nativi, armati solo di archi, disorientati dall’arrivo di grandi case galleggianti sul mare e di gente protetta da strane armature, con strumenti che vomitavano fuoco e ferro incandescente. Alcuni di quegli uomini “nuovi” montavano bravamente strani animali, mai visti, con una criniera al collo e una lunga coda.
Si è trattato di una conquista “compiuta senza pietà”, che va però inquadrata:
Nei tempi, che non avevano certamente carattere di soverchia mitezza. Ed anche nella complessiva storia dell’umanità e del progresso civile, che ne trassero indiscussi grandi vantaggi, nonostante le crudeltà anche spietate, spesso anche inutili, dei primi tempi.
Dainelli si interessa alle vicende di Vasco de Balboa, alla scoperta del mare del Sud. Ci fu anche chi si dedicò al riconoscimento costiero del Golfo del Messico ed ecco che si affaccia Cortes, dopo il 1510. Il governatore di Cuba, Diego Velázquez, cercava un capo per guidare una spedizione all’interno. Serviva un condottiero perfetto, preparato culturalmente, in equilibrio tra gli opposti: uomo d’armi e al tempo stesso di pace, di ferma volontà ma saggia riflessione, coraggioso e all’occorrenza prudente, fedele alle istruzioni ricevute e comunque capace di agire d’iniziativa, ove necessario.
Tutte queste qualità concorrevano nel carattere di Hernando Cortes. Era nato in Estremadura,nel 1485, da una famiglia nobile. In gioventù aveva studiato a Salamanca, sempre attratto però dalla carriera delle armi, sebbene risultasse insolitamente erudito rispetto agli uomini d’azione.
Dopo due anni di studi e un ritorno in famiglia, si era arruolato fra le truppe di Gonzalo Fernandez Cordoba, detto il “Grande Capitano”, che guerreggiava in Italia. Un’improvvisa malattia interruppe il sogno militare europeo, restavano però le nuove terre oltreoceano, dove c’era da combattere, quasi dappertutto e per tanti obiettivi.
Cortes raggiunse l’isola di Santo Domingo, ma la trovò angusta per le sue ambizioni, in gran parte già colonizzata dagli spagnoli. Passò nel 1511 a Cuba, ancora soggetta a una campagna di conquista e si dimostrò combattente coraggioso, saggio nell’esprimere giudizi e nel prendere decisioni, ottimo condottiero.
Si fece stimare e benvolere, anche perché capace di attrarre per le maniere cortesi e un’innata generosità, oltre che per la fisionomia simpatica e l’energica fisicità.
I conquistadores
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