I fratelli di Kabul
- Autore: Caroline Brothers
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2013
Le ambientazioni mediorientali e l’origine afgana dei due giovani fratelli protagonisti de “I fratelli di Kabul” di Caroline Brothers (Newton Compton, 2013) ricordano alcuni elementi dei romanzi di Khaled Hosseini. Qui, però, di romanzesco c’è ben poco e la forza di questo racconto sta nella descrizione diretta e senza filtri di una storia realmente accaduta: la cronaca di un viaggio di dolore e di speranza simile a quella che tante volte ci è capitato di leggere e ascoltare dai media e che la giornalista australiana Caroline Brothers ci fa ora conoscere attraverso gli occhi di due bambini.
Rimasti soli nella propria terra d’origine, Aryan e Kabir diventano l’uno il punto di riferimento per l’altro, l’unico ricordo vivente della propria famiglia e della loro terra. Un legame indissolubile li lega e li spinge a decidere di partire insieme alla volta di un lungo viaggio per raggiungere Londra, la città tanto sognata, dove poter studiare e costruire un futuro migliore. Kabul-Teheran-Istanbul-Atene-Roma-Parigi-Londra. Queste le tappe del loro sofferto peregrinare che li porterà a patire la fame, il freddo, a subire violenze, a soffrire la solitudine ma anche a fare esperienza della generosità umana, a conoscere luoghi diversi, a ritrovare vecchi amici perduti… a crescere. Il viaggio e il libro si concludono con il racconto di Kabir, il più piccolo dei fratelli, giunto in Inghilterra dopo l’assurda traversata all’interno di una cella frigorifera che non ha risparmiato il fisico già provato di suo fratello Aryan, la sua guida, il suo amico, la sua famiglia.
Attraverso le avventure dei due piccoli protagonisti l’autrice riporta con estrema precisione quelle che sono le conseguenze morali e materiali della guerra, le esperienze che ogni giorno tante persone, profughi e rifugiati, vivono e affrontano per cercare di cambiare il proprio destino. Apparentemente la trama del libro può sembrare, perciò, non molto diversa da quella di tanti altri racconti che si sviluppano attorno al tema della guerra e delle complesse vicende mediorientali; anche la scelta di porre due ragazzini al centro della scena non è nuova alla produzione letteraria di questo tipo, in quanto è spesso proprio attraverso l’innocenza e la naturale spensieratezza a cui si accompagna l’infanzia che molti autori puntano a sottolineare il contrasto con la cruda e violenta realtà. L’elemento che, a mio parere, differenzia questo libro dagli altri analoghi è il fatto che qui la guerra non viene lasciata sullo sfondo, non appare come il pretesto per sviluppare una trama indipendente ma diviene essa stessa protagonista del racconto, una presenza tangibile anche se a volte appare banale e scontata nelle letture di noi occidentali. Il merito dell’autrice è proprio quello di aver riportato l’amara realtà delle vicende narrate senza alcuna omissione: nella semplicità dei gesti, nei discorsi a tratti elementari dei due bambini… è la crudezza dei fatti a farla da padrone in questo libro, che si presenta come un suggestivo reportage, un diario di bordo dei due piccoli protagonisti. Colpisce quindi il commovente racconto della quotidiana lotta per la sopravvivenza dei rifugiati, piuttosto che l’esasperata ricerca di effetti sensazionali a cui, invece, molte trame ambiscono.
I fratelli di Kabul
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