I violatori di blocco italiani. Storia di uomini e navi
- Autore: Alberto Rosselli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Un libro piccolo, ma racconta una storia grande, pressoché sconosciuta, vicende di ardimento e di valore oltre le forze, nonostante la povertà di mezzi e la distanza dalla madrepatria. È un volume della collana “Archivio Storia” delle edizioni Mattioli 1885 di Fidenza, I violatori di blocco italiani. Storia di uomini e navi, di formato ridotto (14x21 cm) e di appena 86 pagine.
Con l’accompagnamento di numerose foto in bianconero, il giornalista e saggista storico Alberto Rosselli ricorda la condotta sempre coraggiosa di non poca nostra gente di mare nel 1940-43, premiata a volte dalla buona sorte, altre ricambiata da un esito infausto.
Questo volumetto, denso di notizie, riporta alla luce marinai italiani dimenticati, i forzatori di blocco, autentici eroi sconosciuti della seconda guerra mondiale, fa valere nella prefazione Marco Cimmino, storico, insegnante, giornalista e scrittore.
Per la maggior parte, si trattava di non militari, personale imbarcato su mercantili, civili non addestrati o pronti a combattere, ma che si sono dimostrati capaci di comportarsi valorosamente. Motonavi da carico e commercio, unità minori, sommergibili.
Il 10 giugno 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, 212 nostre navi erano in porti lontani dal Paese. Molte, addirittura all’ormeggio in scali nemici.
A ridosso della dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra, per un totale di 1.209.090 tonnellate di stazza, 33 mercantili e petroliere erano in porti inglesi e del Commonwealth; 3 in porti francesi dell’Atlantico; 33 unità in scali sicuri ma in Africa Orientale, tra Eritrea e Somalia; 11 in Europa settentrionale e orientale; 32 in Spagna e colonie iberiche; 3 in Portogallo e sue colonie; 26 negli USA; 14 in America Centrale; 8 in Colombia e Venezuela; 18 in Brasile; e in Uruguay; 16 in Argentina; 4 in Iran; 4 in Thailandia; 5 tra Cina e Giappone.
Appena cinque giorni prima, i comandanti erano stati avvertiti dal Ministero della Marina di salpare verso porti neutrali. Tuttavia, neanche un terzo di quel contingente navale oceanico riuscì a rientrare in acque amiche. Due terzi andarono persi alla sola dichiarazione dell’apertura delle ostilità, costretti alla neutralizzazione oltremare o alla cattura. Comunque, sottratti a un impiego prezioso nel conflitto: un danno incalcolabile, perché la maggior parte delle 212 unità apparteneva a classi moderne e di notevole tonnellaggio (6 superavano le 10mila, ben 64 non scendevano sotto le 6mila).
Lo stesso vale per la perdita di 136 mercantili tra le 2mila e 6mila tonnellate, navi agili che avrebbero assicurato rotte veloci tra l’Italia e la Libia. Ed anche di 46 cisterne, di cui la nostra marina difettava (nel 1940, le petroliere rappresentavano solo lo 0,4%).
A partire dal luglio 1940, Supermarina si adoperò per fare avvicinare ai porti francesi occupati dai tedeschi le unità internate in Spagna, nelle Canarie e in Brasile.
Il progetto funzionò in parte, grazie al coraggio degli equipaggi italiani.
Un secondo e più impegnativo piano si rivolse ad alcune delle migliori unità (diverse si erano distinte nella forzatura del blocco britannico) e previde lunghe e insidiose missioni di collegamento tra Bordeaux e il Giappone, per rifornire l’Asse delle materie prime di cui difettava. La scelta cadde innanzitutto sulle motonavi Himalaya, Orseolo, Glitea, Fusijama, Cortellazzo e sulla cisterna Carignano, che si trovavano in porti asiatici controllati dal Giappone.
Si tratta perciò della storia poco nota di connazionali a metà strada tra militari e civili, tra pirati e gentiluomini. Italiani e battelli impegnati in una guerra asimmetrica e particolare - sottolinea Cimmino, esaltando il lavoro di Rosselli - tra Betasom e Massaua, Kobe e Singapore, che ha interessato mercantili e sommergibili, sulle rotte del Pacifico e dell’Atlantico. Protagonisti di una “saga dimenticata” d’altri tempi, furono soprattutto i civili del naviglio rimasto isolato dall’Italia, che tornarono fortunosamente nei porti di partenza o vennero impiegati in imprese difficili e pericolose, quasi sempre con l’obiettivo di trasportare materiali rari, utili allo sforzo bellico.
La parte principale del libro si occupa delle motonavi, selezionate per capacità di carico, velocità e sagoma, che seguirono rotte anomale per eludere il pattugliamento alleato, specie dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti a fine 1941. La Cortellazzo fu la prima delle violatrici del blocco: raggiunse Bordeaux da Kobe, dopo più di 21mila miglia di navigazione, fra il novembre 1940 e il gennaio 1941.
Rosselli si sofferma sui dettagli del viaggio rocambolesco: il camouflage cui venne sottoposta a più riprese dall’equipaggio, per somigliare a un cargo nipponico e a un mercantile svedese; le unità di scorta che l’accompagnarono; il cambio di personale a Bordeaux e il secondo sfortunato viaggio, che terminò con l’autoaffondamento, poco lontano dalle coste francesi.
Alberto Rosselli collabora da tempo con numerosi quotidiani italiani ed esteri e diversi siti internet tematici di etnologia, geopolitica, storia militare, delle religioni e diplomatica. Vanta un gran numero di opere di narrativa e soprattutto saggi su argomenti vari. È direttore responsabile della rivista Storia Verità.
Particolare commovente per chi ha servito nella Marina Militare. L’autore ha voluto anticipare il testo con la Preghiera del Marinaio di Antonio Fogazzaro, che viene letta dall’ufficiale più giovane nell’ammainabandiera a bordo delle unità in navigazione o al termine delle cerimonie religiose a terra.
A Te, o eterno Iddio, Signore del cielo e dell’abisso... Benedici le nostre case lontane, le care genti. Benedici nella cadente notte il riposo del popolo, benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.
I violatori di blocco italiani. Storia di uomini e navi
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