Il Castello di San Michele
- Autore: Laura Caputo
- Anno di pubblicazione: 2012
Scrivere la biografia di un noto boss della Camorra - già condannato a diversi ergastoli - non è certo cosa facile. Siamo negli anni della scissione tra la Camorra di vecchio stampo e la Nuova Camorra Organizzata. Il compito viene assegnato a una giornalista del nord, naturalizzata francese, che a tale scopo decide di soggiornare nel suo paese (Settimiano, provincia di Napoli) per conoscere luoghi e persone ad esso legati. Il ‘Castello di San Michele’ è la storia narrata in prima persona dalla giornalista, che non accontentandosi delle informazioni ufficiali sul boss, decide di entrare nel suo ambiente, per conoscere personalmente il suo percorso esistenziale, le origini, i legami famigliari, la mentalità del luogo, i suoi amici e nemici.
Le prime tre pagine vedono la protagonista perdersi, suo malgrado, in un territorio che sembra abbandonato a se stesso, senza alcuna regola urbanistica né sociale. Metaforicamente, già in quelle prime pagine, ci si tuffa in un mondo a sé, che visto dal di fuori può risultare incomprensibile, che vivendolo, invece, spiega il senso della criminalità organizzata tipica del nostro meridione: completa assenza dello stato, collusione tra criminalità e istituzioni, prevaricazione, arretratezza sociale e solitudine umana.
Ora, se fosse solo questo, sarebbe forse l’ennesimo reportage storico-giornalistico su un fenomeno sociale del quale si conosce già abbastanza e che spesso ci si trova a ignorare per pura difesa mentale.
L’autrice, invece, riesce a narrare la storia in modo estremamente sanguigno, riuscendo nella costruzione di un romanzo realista dagli insospettabili spunti filosofici e psicologici. Spogliandosi da ogni pregiudizio etico, la protagonista si troverà a vivere, comprendendole a pieno, le condizioni delle donne della Camorra e di tutti quei personaggi che per nascita e status sociale formano il tessuto umano sul quale la stessa insinua le sue storiche radici da secoli.
I riferimenti alla realtà sono diversi, alcuni ben dissimulati, altri più palesi, ma la cosa che più colpisce è la disposizione interiore della protagonista, una donna dalla morale elevata e dalla spiccata ingenuità che spesso fa sorridere per solidale condivisione, una donna che fa della fiducia incondizionata nel genere umano una delle prerogative fondamentali per il riscatto salvifico dell’intera umanità. Esonerandosi da qualsiasi valutazione etica (un po’ come Pasolini con i suoi personaggi preferiti) si ritrova così a sperimentare una comprensione che non sarà un caso rappresentare l’unica reale possibilità di raggiungere la sostanza interiore del boss, scuotendolo nel profondo per la prima volta, verso una possibile redenzione.
La realtà, però, è un’altra cosa.
Il romanzo segue uno stile originale: sebbene racconti di un episodio del passato, il lettore si trova catapultato in un presente assoluto, grazie all’uso stravagante dei dialoghi, dove spesso sono gli interlocutori della protagonista a farsi domande e a darsi risposte, proprio a voler confermare quella mentalità che non permette alcuna interferenza, a giustificare così la radicata non volontà di cambiamento. L’ironia e la schiettezza del linguaggio, infine, rendono la lettura accattivante catturando il lettore attraverso un ritmo serrato che fa entrare il romanzo - a pieno merito - in quella categoria di letture capace di far battere all’unisono il cuore dell’autore e del lettore, nella condivisione delle medesime emozioni.
Il castello di San Michele
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