Il Col Moschin e gli arditi di Giovanni Messe. Il IX Reparto dal Monte Grappa all’Albania
- Autore: Filippo Cappellano, Basilio Di Martino, Paolo Gaspari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Il Col Moschin, un rilievo sui 1300 metri di altitudine nel massiccio del Grappa, venne riconquistato dalle truppe italiane in appena dieci minuti di combattimenti e con solo cinque caduti il 16 giugno 1915, con l’uso delle nuove tattiche d’assalto coordinate col tiro preciso dell’artiglieria.
Per prendere il Monte San Michele sul Carso, elevato appena 275 metri, c’era voluto un anno e più, il primo del conflitto e non di singoli assalti, ma di spallate frontali, ben sei, costate decine di migliaia di perdite. È un esempio per puro amore di paradosso, perché le condizioni belliche, organizzative e ambientali-territoriali differivano tanto tra i due monti da non autorizzare paragoni. Sarà però cresciuta a questo punto tanta curiosità, soddisfatta - é garantito - dal recente eccellente saggio di Filippo Cappellano, Basilio Di Martino e Paolo Gaspari, Il Col Moschini e gli arditi di Giovanni Messe. Il IX Reparto dal Monte Grappa all’Albania, un volume nell’ampio formato album, 21x26 cm, della collana “La Storia raccontata” e illustrata della casa editrice Gaspari di Udine (ottobre 2023, 112 pagine), con diverse illustrazioni, fotografie, cartine nel testo, in bianconero, seppia e a colori.
Una collaborazione collaudata quella tra gli autori, due ufficiali superiori e l’editore e storico udinese: Di Martino è generale del Genio Aeronautico, il colonnello Cappellano è capo dell’Ufficio Storico dell’Esercito. Sempre in tre e sempre editi da Gaspari, hanno già firmato La Champagne italiana. Arditi e Curzio Malaparte in Francia, nel 2019, Gli Arditi sul Grappa e a Susegana. Storia del VI reparto d’assalto, nel 2021.
Solo una manciata di morti sul Col Moschin, non il tragico tributo di sangue pagato dai nostri fanti in tutte le altre azioni contro le posizioni nemiche. Se quel miracolo militare è l’evento più rappresentativo (9° Col Moschin è l’attuale Reggimento d’assalto paracadutisti, i primi incursori del nostro Esercito), mancava finora una ricerca storica attenta all’intero ciclo operativo del IX Reparto arditi nella Grande Guerra. È un altro dei pregi di questo contributo del trio di tecnici, storici e straordinari divulgatori.
Trovano spazio, infatti, il più sanguinoso e comunque vincente sacrificio delle fiamme nere di Messe sul Monte Asolone, poco dopo sempre sul Grappa e l’attività militare nel campo trincerato di Valona, in Albania, nel 1919, nel contesto dello sciagurato protettorato del Paese delle Aquile tentato dal Regno l’Italia per il controllo totale dell’accesso all’Adriatico.
Il IX Reparto era nato come IV all’interno della IV Armata nel settembre 1917 e dopo la ritirata di Caporetto, al comando del ventitreenne capitano Angelo Zancanaro, aveva operato a difesa del Piave di Vidor, nel novembre 1917.
Il maggiore Giovani Messe, classe 1883, figlio di un pastaio mesagnese (Brindisi), aveva fatto carriera dalla gavetta, allievo sergente volontario a 18 anni. Già decorato con due medaglie d’argento, proveniva dal 57° fanteria, era basso, bruno, vigoroso, con due occhi neri penetranti e intelligenti. Parla poco e bene, dicevano di lui, è simpatico.
Il fronte del Grappa è stato uno dei più spaventosi di tutta la guerra, ereditò i bagni di sangue e i sacrifici estremi dell’Isonzo. In un anno di fronteggiamento continuo, si distinsero le due decisive resistenze alle offensive austro-ungariche, a novembre ’17 e giugno ’18. avviando la battaglia d’arresto del Solstizio, dalle 3 del 15 giugno l’artiglieria nemica preparò la strada all’assalto delle Sturmtruppen, che ignorando le forti posizioni di Cima Grappa tentarono l’aggiramento attaccando i colli in successione ai due lati. A occidente nella Nave del Grappa, gli imperiali riuscirono a prendere il Col Fenilon e il Col Fagheron e ad aggirare e occupare il Col Moschin. Un altro sforzo e le truppe dell’aquila bicipite sarebbero scese nella valle del Brenta. Bassano era sotto di loro.
Si capisce l’esigenza italiana di contrattaccare per respingerli. Non c’è da perdere tempo. Lo stesso giorno, l’ordine di contenere la spinta offensiva austroungarica e riprendere le posizioni viene dato al colonnello Giorgio Boccacci. Comanda la Brigata di fanteria Basilicata e gli viene messo a disposizione il IX d’assalto. Illustra a Messe l’intenzione di riconquistare inizialmente il Fagheron, rivolgersi poi contro il Fenilon per puntare da questo al Moschin. Gli arditi sarebbero stati appoggiati dall’artiglieria e rincalzati dal I battaglione del 91° reggimento della Basilicata.
Alle 23 del 15 giugno anche il Fenilon è sotto il controllo italiano. Il tiro di sbarramento dei nostri pezzi non consentiva rifornimenti e rinforzi al nemico, sempre più esausto. Alle 6 del mattino, Messe concentra gli arditi nella selletta del Col Moschin, i cannoni italiani battono per un’ora, alle 7 non hanno ancora allungato il tiro e il maggiore compie un azzardo vincente, che il nemico non si attende.
Le granate scoppiano ancora avanti a loro quando irrompono sulle posizioni, lanciando bombe a mano e petardi. Ottomila, pare, in pochi minuti.
Sorpresa, slancio, capacità d’iniziativa di tutti e rapidità di decisione garantiscono un successo istantaneo. Non mancano imprevisti, ma il severo addestramento preteso da Messe permette di far fronte a tutte le sorprese.
Affidata la posizione ai fanti, il IX Reparto torna in riserva. Il conteggio delle perdite in due giornate, oltre alla morte del capitano Pinca e al ferimento di un altro ufficiale, conta nella truppa cinque morti e ottanta feriti.
Tantissimi i decorati, decine di medaglie d’argento e di bronzo anche ai soldati. A Messe, l’Ordine Militare di Savoia.
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