Il Grande Mare. Storia del Mediterraneo di David Abulafia

“Benedetto sei tu, Signore, nostro Dio, re dell’Universo, tu che hai creato il Grande Mare”.

David Abulafia evoca questa benedizione nel titolo di una nuova e affascinante storia del Mediterraneo. Il Grande Mare è uno dei modi in cui le civiltà antiche hanno chiamato il Mediterraneo: Mare nostro per i Romani, Mare bianco (Turchi), Mare di mezzo (Tedeschi), Grande verde (Egizi), il mare tra le terre. Esemplari anche le definizioni di storici e scrittori moderni: “il mare corruttore”, il “continente liquido”, espressioni che aiutano a determinarne la natura e la spazialità.

Il Grande Mare (Mondadori, 2013) è una storia globale del Mediterraneo e utilizza numerose fonti, scritte e cartografiche, ma anche, fonti archeologiche. Abulafia ricorre spesso alle evidenze materiali, mostrando una grande conoscenza di studi che si sono occupati di tutti i periodi, dalle origini epiche delle civiltà sino all’ultimo Mediterraneo, quello delle grandi migrazioni dal sud del mondo verso l’Occidente.

Vi sono raccontate le storie dei famosi Popoli del mare e degli eroi omerici, le imprese di Romani e Cartaginesi, di Catalani, Veneziani e Turchi. La vasta serie di vicende raccontate è la forza, ma anche il limite di quest’opera, che riesce a trovare quasi sempre forme originali, in alcuni tratti forse troppo rapido, ma non per questo meno suggestivo.

Uno dei periodi di maggiore crisi del Mediterraneo, tra V e IX secolo, viene affrontato ad esempio in poche facciate. Il debutto delle società islamiche è appena affrescato, un periodo che segnò una nuova epoca di rapporti tra sud e nord del mare, in grado di creare una rinnovata Società Mediterranea. Le merci circolarono in quantità inferiori, gestite prevalentemente da mercanti privati e da avventurieri. Molto più dettagliato è il racconto delle vicende che riguardano il Grande Mare nei secoli centrali del Medioevo, un periodo nel quale dimostra una profonda conoscenza e dimestichezza. Si sofferma sulle descrizioni di racconti e diari delle traversate del Mediterraneo compiute da pellegrini ed ebrei dalla penisola iberica fino all’Oriente. Analizza inoltre le tecnologie di costruzione delle navi e i sistemi di stoccaggio a bordo attraverso l’analisi dei relitti. L’edizione italiana è di eccezionale bellezza e cura.

Questo libro è un monumento alla storia del Mediterraneo e s’inserisce nella tradizione del racconto inaugurata da Braudel, che con la sua opera ha influenzato diverse generazioni di studiosi, tra cui Horden e Purcell, (The corrupting sea). Questi autori si sono concentrati prevalentemente sulla storia dei territori che si affacciano sul Grande Mare, trattando in genere di una storia della terraferma ai confini del continente liquido piuttosto che affrontando un racconto che interessi la superficie del mare.

Braudel affermava che la storia del Mediterraneo è una storia di lento svolgimento e che gli uomini sono chiusi nel loro destino “che fabbricano a stento”. I condizionamenti geografici, il paesaggio in cui vivono le genti del Mediterraneo, condizionerebbero le loro scelte e il loro comportamento, tanto da risultarne ‘predestinati’. Fondamentale è la comprensione del territorio che si affaccia sul Mare e i suoi venti, le sue correnti, come indicano anche Purcell e Horden.

Il Grande Mare invece pone l’accento sulle trasformazioni del tempo. È una storia in cui i protagonisti sono gli uomini e non i territori in cui vivono. Braudel considera la storia politica del Mediterraneo come una mera successione di eventi ‘una storia evenenziale’. La ruota della storia gira e il risultato è imprevedibile, ma a imprimerle la spinta è la mano dell’uomo. Il libro di Abulafia pone l’accento sugli uomini più che sulle correnti e sui venti. È un libro dove sono sottolineate le decisioni politiche, le grandi battaglie e le conquiste (Siracusa, Cartagine, Acri, Famagosta, Minorca e Malta). Insomma un libro che racconta la storia di un mare di molti uomini.