Il bandito Giuliano
- Autore: Alessio Basilico
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
È uscito di recente il libro Il bandito Giuliano, abbinato alla rivista Oggi, di Alessio Basilico, professore di Lettere in un liceo, storico e saggista (RCS Media Group, pp. 159, 2023).
La collana “Storia dei grandi segreti d’Italia” è curata da Barbara Biscotti, docente ed esperta in Diritto romano presso l’Università di Milano-Bicocca.
Biscotti è anche prefatrice del saggio, nel quale sottolinea che:
I cadaveri sono tanti, e chi ha posto fine alle loro vite non è un singolo uomo, ma sono forze occulte, che si muovono nell’ombra anonime e impersonali, sfuggendo a qualsiasi indagine.
Tale meccanismo non è nuovo, è stato messo in atto negli ultimi decenni in quella che è stata definita “strategia della tensione”, la lotta tra opposti estremismi in politica, dove il terzo gode, ovvero il potere costituito che si ritrova rafforzato e autorizzato a porre in atto un regime repressivo, con la giustificazione di dover sedare la violenza montante.
E di grande violenza si è trattato allora, nata dalla fame. In Sicilia nel 1943, anno del primo omicidio di un carabiniere da parte del giovanissimo contrabbandiere Giuliano (aveva 21 anni), il grano non si trovava, bisognava comprarlo al mercato nero. Giuliano trasportava due sacchi di frumento da 50 chili ciascuno, quando venne fermato dalle forze dell’ordine. Ancora prima di pensare aveva tirato fuori la pistola e ucciso un militare.
Da quel momento vive alla macchia, nei monti intorno a Montelepre, protetto dall’omertà popolare, sebbene fosse diventato ricco, portava al dito un brillante. Si era iscritto all’Evis (esercito volontario indipendenza della Sicilia) e odiava svisceratamente i comunisti. Secondo le rivelazioni del pentito Buscetta, era stato affiliato alla mafia.
Nella sua prima parte di “carriera” banditesca aveva costruito su di sé l’immagine dell’eroe che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Lo intervistavano giornali italiani e stranieri. La notorietà nutriva il suo narcisismo a dismisura.
L’idea dell’indipendenza siciliana era puramente velleitaria. L’uomo forte con marcate caratteristiche da leader con la sua banda assaliva caserme, rubava il bestiame, compiva sequestri ai membri di famiglie abbienti, chiedeva il riscatto di milioni. Eppure l’uomo forte era null’altro che una pedina, utilizzata sia dalla mafia che dai partiti che contrastavano l’ascesa di comunisti e socialisti in Sicilia, non volevano la riforma agraria, la ridistribuzione della terra a favore dei contadini.
Il libro fa luce su queste dinamiche, ma tutti i misteri permangono.
Come morì veramente Salvatore Giuliano? In uno scontro a fuoco o la sua fine fu un’esecuzione programmata, in quel 5 luglio 1950? Gli abitanti di Castelvetrano non udirono i 55 colpi di arma da fuoco che causarono quella morte.
Giuliano e la sua banda uccisero trecento persone, assalirono le camere del lavoro, le sedi dei partiti di sinistra; ciò proseguì anche dopo la morte del capo.
Nella strage di Portella della Ginestra avvenuta il 1° maggio 1947 morirono 11 persone inermi e ne furono ferite 27. Si trattava di lavoratori, agricoltori che festeggiavano nuovamente la loro festa dopo il ventennio dittatoriale, con i muli e i carretti pieni di vino e vivande. Nelle precedenti elezioni la coalizione tra comunisti e socialisti aveva ottenuto il 30% dei voti, molto più delle Democrazia Cristiana. Festeggiavano anche questa vittoria. A un certo punto la festa si mutò in tragedia, mentre parlava un calzolaio.
Chi ordinò la strage? Il ministero, Scelba, il ministro monarchico Marchesano, il principe Alliata, il deputato democristiano Bernardo Mattarella? Tali nomi vennero rivelati da Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano e contemporaneamente informatore dell’ufficiale Ugo Luca (poi promosso generale), durante il processo di Viterbo nel 1950.
Mattarella venne tirato in ballo anche da Danilo Dolci, che non poté produrre prove. Tutti gli accusati come mandanti furono assolti.
Nel 1946 l’amnistia aveva prosciolto tutti i banditi, meno la banda di Giuliano.
Pisciotta venne assassinato con un caffè alla stricnina nel carcere dell’Ucciardone a Palermo il 9 febbraio 1952. Nei banchi di giustizia a Viterbo aveva gridato:
Noi altri siamo un corpo solo: polizia, banditi e mafia. Come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Non avrebbe potuto più parlare.
Alessio Basilico, tra le varie opere che rendono omaggio ai poveri morti, eroi di Portella, ricorda il bellissimo film “Salvatore Giuliano” di Francesco Rosi del 1962, in cui le donne urlano con pianti strazianti, come antiche prefiche, scagliandosi contro un destino immutabile. Nomina il quadro di Guttuso Portella della Ginestra (1957), avvicinabile a “La Guernica” di Pablo Picasso.
I misteri restano misteri. La versione ufficiale di Scelba: per Portella non c’erano stati mandanti, ha lasciato nell’animo popolare un segno profondo, afferma l’autore, seminando il dubbio e la disaffezione sempre più crescente verso tutta la classe politica. Inizia da lì lo scollamento tra Stato e cittadino.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il bandito Giuliano
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