La vicenda dello scrivano Ciampa, ispirata a una novella scritta dallo stesso Pirandello qualche tempo prima, è un documento esemplare della visione umoristica della realtà umana da parte dell’autore siciliano
Luigi Pirandello (1867-1936) approda al teatro negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale dopo aver scritto alcuni romanzi e numerose novelle. La sua idea, esposta nel suo saggio "L’umorismo" (1908), era che la vita fosse essa stessa una finzione molto simile a quella che si rappresenta su di un palcoscenico.
Si possono evidenziare tre fasi del teatro pirandelliano:
- Attorno alla grande guerra ("Il berretto a sonagli") in cui domina il motivo del contrasto tra normalità e anormalità.
- Negli anni venti ("Sei personaggi in cerca d’autore") egli scrive le opere che lo consacrano a livello mondiale e che ruotano intorno al problema del rapporto con la realtà e sulla dialettica persona-personaggio.
- Gli ultimi anni ("I giganti della montagna"), contrassegnati da un ripensamento profondo da parte dell’autore su stile e tematiche del suo teatro e una rilettura della realtà in chiave mitica.
Nella prima fase la scelta di argomenti e personaggi all’insegna del comico non è fine a sé stesso; il comico nel momento in cui appare anormale e quindi si contrappone alla normalità della società, la mette radicalmente in crisi, con tutti i suoi valori apparentemente saldi e condivisi.
Questa idea è presente in Pirandello anche nelle sue riflessioni teoriche ed è frutto del contesto storico e della temperie culturale in cui egli visse e operò.
Pirandello, in anticipo su tanta provinciale letteratura italiana di quegli anni (emblematica in tal senso la lettura riduttiva dell’opera pirandelliana da parte di Croce), come Gide ("I sotterranei del Vaticano") , Musil (si pensi in particolare a "L’uomo senza qualità"), Kafka ("La metamorfosi"), Pirandello è un artista che coglie e interpreta nei suoi lavori la crisi di un’epoca, il trapasso problematico dall’Ottocento al Novecento, che inizia all’insegna della perdita di valori fino a ieri fondamentali e ora impraticabili, della perdita di senso della realtà, a cui si contrappone il relativo (La teoria einsteiniana è del 1904) di una zona oscura e sfuggente della nostra coscienza (Freud inaugura la psicoanalisi all’inizio proprio del secolo).
Pirandello avverte, come altri grandi autori europei, che la realtà con il suo sistema di valori e leggi non è più compatta, ma irrimediabilmente frantumata e la prima rottura di questa compattezza del reale avviene in lui attraverso quello che ne "L’umorismo" definisce “L’avvertimento del contrario”, il comico, cioè attraverso la sensazione di qualcosa intorno a noi, nella vita, nel rapporto con gli altri, con la società ecc che non è come dovrebbe essere (che non funziona secondo i valori o le leggi convenzionali), qualcosa quindi di abnorme, di anormale che fa capolino proprio alle spalle della normalità.
Se il vecchio sistema di valori si rompe, viene a dissolversi anche la distinzione tra giusto e non giusto, normale e anormale, tra bello e brutto. Tutto è relativo, tutto diventa problematico, tutto spaventosamente possibile. La vita quotidiana si frantuma in una girandola di atti gratuiti, di scelte immotivate.
"Il berretto a sonagli": trama e personaggi dell’opera di Pirandello
"Il berretto a sonagli" è ispirata, come spesso avviene in Pirandello, a una sua novella di qualche anno prima, "La verità", che l’autore rielabora e amplia in forma teatrale, scritto in dialetto siciliano e rappresentato per la prima volta a Roma il 27 giugno 1917. L’anno dopo (1918) Pirandello la ripropone, questa volta in italiano, sviluppandola in due atti.
L’azione si svolge in una cittadina siciliana di provincia. I protagonisti sono: Ciampa, un anziano e umile impiegato che svolge da anni il lavoro di scritturale presso un facoltoso uomo di affari; sua moglie, giovane e avvenente; donna Beatrice, moglie del suo principale e altri personaggi di secondo piano.
Da tempo la giovane moglie di Ciampa e il padrone hanno una relazione. Ciampa lo sa, come tutto il paese, ma è come se nessuno sapesse. Leonardo Sciascia, lettore critico acutissimo di Pirandello, ne ha dato una spiegazione storico-sociologica nel saggio "Pirandello e la Sicilia": per secoli i contadini dipendevano anima e corpo dai loro padroni; la miseria, l’indigenza e piccoli o grandi reati li spingevano in galera anche per lunghi periodi. La loro famiglia, in particolare la moglie, restava a carico del padrone, che provvedeva ai suoi bisogni, alla sua vita, ma spesso estendendo questa sorta di patria potestà e tutela alla sfera sentimentale, diventando in assenza del legittimo sposo, l’amante. Questa situazione di illecito sessuale, di per sé disonorevole, veniva però accettata da tutti, anche dal marito defraudato, purché non desse adito a chiacchiere e si salvassero le apparenze.
Era il retaggio di un antico sistema di vassallaggio sociale che diventava, per necessità, vassallaggio sessuale. In questo caso l’onore era salvo e il marito non aveva ragione di ritenersi becco (cioè caprone e dunque dotato di… corna) e non c’era bisogno di lavare la vergogna con il sangue, ammazzando gli adulteri.
Nel caso di Ciampa però Beatrice, donna tutto d’un pezzo, scoprendo la relazione, la rende di dominio pubblico; suscita uno scandalo, rendendo visibile al piccolo paese ciarliero la vergogna del povero Ciampa. Questi pertanto è chiamato a ristabilire le apparenze (che sono più importanti della verità nel sistema di valori e nel modo di pensare di quell’ambiente) e minaccia apertamente di uccidere la moglie e il padrone, ma nello stesso tempo ammette la sua ripugnanza a compiere quell’azione. Pensa e ripensa (è, pirandellianamente, un ragionatore instancabile, sottilissimo) riesce a escogitare una soluzione di comodo che eviti il delitto senza macchiare la reputazione sua e del suo padrone.
Ciampa riesce a capovolgere la situazione in suo favore proponendo uno stratagemma: bisognerà far credere a tutti che Beatrice sia folle e che il tradimento del marito sia stato una sua montatura. L’idea di Ciampa piace a tutti tranne naturalmente a Beatrice. Messa sotto pressione da sua madre e dal fratello Fifì, Beatrice viene alla fine convinta che sia meglio – per il bene di tutti – recitare il ruolo della pazza e farsi quindi ricoverare per qualche tempo in una casa di cura. Come Beatrice impara a sue spese, mostrare in faccia a tutti la nuda verità si rivela assai problematico:
BEATRICE: Pazzo da chiudere sarete voi!
CIAMPA Nossignora, Lei. Per il suo bene! E lo sappiamo tutti qua, che Lei è pazza. E ora deve saperlo tutto il paese. Non ci vuole niente, sa, signora mia, non s’allarmi! Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel’insegno io come si fa. Basta che Lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza
Non siamo più nell’Ottocento verghiano, in cui l’onore si ristabiliva a coltellate e con il sangue (Cavalleria rusticana). In questo caso invece la follia diventa il rimedio per salvare le apparenze e ristabilire l’equilibrio delle convenzioni sociali, della normalità.
Folle è chi pretende di rivelare una verità, gridandola (ricordiamo che l’etimologia latina di verità è "verum boare", cioè appunto dire una cosa gridando). Pirandello instaura dunque un corto circuito tra verità e follia, un cerchio fatale da cui non si esce e in cui si resta rinchiusi ed emarginati per sempre dalle convenzioni sociali, bollati con il marchio infamante della pazzia.
Ma Pirandello ci dimostra anche in questa circostanza che quella follia marchiata di infamia e di anormalità non è altro che la degenerazione di quella stessa normalità artificiale e convenzionale su cui la società pretende di fondare la sua credibilità e ogni norma di convivenza.
L’opera è uno dei titoli più rappresentati dalle compagnie teatrali italiane ancora oggi. Memorabile l’interpretazione di Eduardo De Filippo, che ne ha dato negli anni settanta anche una versione televisiva.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il berretto a sonagli: Pirandello tra vita e teatro
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