Il cilindro di giada
- Autore: Paolo Ponga
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
Gli squali non spaventano Paolo Ponga: sono le chiese gotiche a metterlo a disagio. Lo destabilizzano, in particolare le cripte sotterranee delle cattedrali. Avverte una specie di spaesamento, quasi di paura. Vede cose che non ci sono. Non le immagina soltanto, le vive davvero e le ha volute scrivere nel suo primo romanzo. Lo ha fatto strano, non etichettabile, più facile da leggere che da classificare: fantasy, fantascienza, horror, realtà distopica? Che importa, meglio gettarsi senza farsi troppe domande tra le pagine del sorprendente Il cilindro di Giada (Pathos Edizioni, 2020, 238 pagine).
Manager monferrino di una multinazionale alimentare, cinquantenne iscritto all’Ordine dei giornalisti del Piemonte, non perde occasione di spiegare che questo primo lavoro è un “libro di viaggio e di viaggi”, a passi lunghi e spesso affannati, in mezza Europa e in un mondo fantastico che ha immaginato-sognato, nel quale convivono la realtà e una fantasia sfrenata. Un mondo dell’anima che si apre accanto a quello fisico e figura come lo scenario di un film d’avventura nelle foreste tropicali, condito con un pizzico di sesso, tanto mistero e orrore quanto basta.
Riconosce ch’è la storia di un uomo perduto, che dubita fortemente della sua lucidità mentale. Non sa se quelle che si trova ad affrontare sono fasi di vita cosciente o incubi onirici e dedica tutto se stesso alla soluzione di un antico enigma, col solo aiuto del contenuto di un astuccio cilindrico di giada e di tanta determinazione.
Si fa torto Paolo, però, nel giudicare severamente il protagonista: dopotutto è un alias di se stesso e Paolo è tutt’altro che un uomo perduto. Non può essere un derelitto chi da subacqueo ha nuotato tra una quarantina di squali mangiatori di uomini nel mare delle Isole Fiji, con più di un brivido, ma senza sottrarsi. Non è uno qualsiasi chi ha sconfitto “il piccolo mostro” che lo minacciava da dentro: un cancro, sospette metastasi, due operazioni, la chemioterapia e mesi di trincea ospedaliera. Ma la grande guerra l’ha vinta.
Paolo è quel protagonista. Le vicende di quell’uomo sono le sue esperienze, tanto nelle ambientazioni fantastiche - la foresta fitta, le pozze d’acqua, gli alberi giganteschi - che per la suggestione provata in particolare nella Cripta dei Cappuccini a Vienna, sotto la cattedrale di Santo Stefano, dove ha subito uno stordimento visionario analogo a quello della morfina somministrata dai medici come antidolorifico.
Anche l’uomo del romanzo è a Vienna per un tumore, tra terapia e convalescenza, quando si ritrova in un parco che gli sembra della città ma non potrebbe esserlo. È illuminato dalla luna, con grandi spazi aperti interrotti da grandi alberi disposti a casaccio l’uno accanto all’altro. Sul più colossale, sono sedute tre persone, che lo guardano, gli parlano e torneranno a farlo ogni volta che s’incontreranno. Vestono abiti antichi e sbiaditi, senza colore. Sono di questo mondo o non lo sono?
Fabien è un ricco mercante francese di metà Ottocento. Il conte Hans un ufficiale austriaco del XVII secolo. Il terzo, che i due disprezzano, lo presentano come un ciabattino romano, Enzo Zoccoli, ma si rivelerà ben altro e ben diversamente determinante.
Ognuno di loro ha conosciuto e posseduto in epoca diversa la stessa donna, bellissima, di colore, attraente in modo irresistibile, andando incontro a una maledizione comune. Secondo le leggende amazzoniche, la Yakumama è un mostruoso serpente predatore che può mostrarsi sotto varie forme, anche femminili. I tre raccontano che vive di dolore e di carne viva. Le anime degli uomini che uccide con un morso alla gola finiscono nella sua foresta, dove continua a nutrirsi di loro. Ci sono solo pochi angoli di luce nei quali la belva non può ghermire di nuovo le anime, fino ad annullarle. Il grosso albero su cui siedono i tre è un samauma, ha l’aspetto di una vecchia quercia maestosa ma è “un’antica madre”, piena di curupias, esseri magici che proteggono le radici e tengono lontana la Yakumama.
Il protagonista è sempre più coinvolto dalle sue incursioni in quello che chiamerà l’extramondo, indeciso se considerarle allucinazioni della mente provata o brutti sogni tanto vividi da sembrare reali, se non i sintomi di un’altra neoplasia al cervello. Si chiede se non sia da prendere in esame anche l’ipotesi assurda che sia tutto vero: i tre, le anime, la storia di Yakumama e tutto quello che comporta.
L’uomo si mette a studiare la mitologia dei popoli antichi e scopre che vi ricorrono esseri mutaforma, capaci di modificare a piacimento il loro aspetto. Le tre Madri delle Acque, ad esempio, crudeli e capaci di diventare figure antropomorfe o mostri: la babilonese Tiamat, la greca Teti e l’amazzonica Yakumama, che gli indios collocano in un fiume bollente del Perù.
Nella ricerca sempre più febbrile della verità, l’uomo chiede collaborazione a qualche amico e conoscente, da Genova alla Russia, ostacolato ferocemente dalle orribili serve del mostro donna. Una è una figura dall’età indefinibile, con lunghi boccoli grigi e un volto mobile, quasi stesse liquefacendosi. L’altra sembra una bambina, ma solo perché nana, con una gamba sola e un sigaro sempre in bocca.
Il monito dell’autore: la caccia alla Yakumama è questione vitale, l’alternativa è solo la morte o un destino ancora peggiore.
Il cilindro di giada
Amazon.it: 14,25 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cilindro di giada
Lascia il tuo commento