Il cinema di Elio Petri
- Autore: Alfredo Rossi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Casa editrice: Gremese
- Anno di pubblicazione: 2022
Ripensare Elio Petri (1929-1982) aldilà delle traduzioni circostanziate. Tipo esclusive tenuta e tenore del suo cinema politico. Tipo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso, Todo modo. Tipo Elio Petri uomo e regista vocato all’impegno, e basta e avanza così.
Tutto vero, purché non si tralascino gli aspetti ulteriori della sua eloquenza registica: il para- fantascientifico La decima vittima, ne rimarca, per esempio, l’ipertrofia pop come l’anti-convenzionalità espressiva. Un tranquillo posto di campagna, la carica allegorica insita nei suoi film (compresi i politici). Quello del regista romano si (im)pone insomma come uno specifico cinematografico personale e sui generis, affluiscono in esso sovrabbondanza del tratto e asciuttezza del cinema di denuncia, taglio documentaristico (Tre ipotesi sulla morte di Pinelli) e tendenza alla spettacolarizzazione, eco di neorealismo e cinema popolare.
Se rivisto nel complesso delle sue tante stratificazioni, il cinema di Elio Petri risulta continuamente pervaso da irrequietezza, testimonianza di uno sguardo cinematografico dotato di coraggio e di vigore, scaturigini di un’autonomia ideale e narrativa.
Tutto questo per dirvi di un libro – l’ennesima gemma uscita per la collana “CineAlbum” dell’editrice Gremese – che dello specifico di Elio Petri, tratta tanto, bene, e al netto della pigrizia incensante della celebrazione postuma Alfredo Rossi , Il cinema di Elio Petri.
Un saggio di gradevole esattezza analitica (nessuna pomposità) dove la traiettoria umana e artistica del regista è scandagliata dentro e fuori il set, tra alti/bassi, vita/cinema, militanza politica-culturale.
Come sostiene a ragione l’autore:
“Oggi la critica non può più (…) limitarsi a gestire ideologicamente o esteticamente i suoi film, ma deve approfondire il suo essere un intellettuale per avvicinarsi a lui in modo non cieco. Deve abbandonare ogni clichè facile: quello, su tutti, del rappresentarlo come uno degli autori, magari il migliore con Rosi, del cosiddetto cinema-politico italiano inteso come genere; o, in modo più sofisticato, di inquadrarlo come autore o precursore di un cinema pop (secondo i dettami della pop art e non secondo quelli del cinema popolare da lui sempre difeso come cinema di popolo) oppure, ancora, come regista post moderno, nel senso della commistione di stili”.
Materialista ateo. Di estrazione culturale francese. Sartriano. Comunista capace di strappi decisi con l’ortodossia. Chi è stato allora e davvero Elio Petri? Da cosa discende il suo taglio a impatto - visivo e concettuale – personalissimo e grottesco, violento, schierato, ipnotico, curioso?
L’ìndagine di Alfredo Rossi (ma è ovvio che questo libro non è una biografia) muove non a caso dalla fine (Cominciare dalla fine). Cioè dagli anni precedenti la morte prematura del regista, e segnati più che mai da quell’inquietudine intellettuale che ne è stata forse la cifra autentica.
(…) Per questo è bene cominciare dalla fine, per quanto sia giusto ribadire che quella che chiamiamo fine poteva essere pensata soltanto come una penosa ma temporanea malattia. Questa inquietudine ansiosa di vita, nel privato e nel lavoro, questa pulsione verso la scrittura e lo scriversi addosso, come per situarsi in un’età simbiotica (aveva 53 anni), illuminano l’ultimo periodo della sua vita di regista, quello che altrove ho chiamato la sua ‘maggior fase’, come i critici americani definivano gli ultimi grandi romanzi di Henry James.
Disseminato di analisi, spunti, dichiarazioni dello stesso regista (di cui compaiono anche due racconti), da un corposo corredo di foto, Il cinema di Elio Petri si offre, in ultima analisi, come un punto di vista aggiunto, autorevole, sfaccettato, a partire dai suoi focus di osservazione, spesso inediti e tra i più significativi espressi sul regista.
Elio Petri e il cinema politico italiano. La piazza carnevalizzata
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