Il citofono
- Autore: Zygmunt Miloszewski
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Voland
- Anno di pubblicazione: 2022
Il topos dell’edificio-trappola fa il paio con quello dell’edificio-stregato/infestato: cinema e letteratura ne attingono con esiti quasi sempre stereotipati. Relativamente al primo ambito – che è l’ambito a cui rimanda Il citofono del polacco Zygmunt Miloszewski (Voland, 2022, Traduzione di Raffaella Belletti) – difficile non riandare al “giallo-fantascientifico” Condominium di James Ballard oppure, in special modo, al capolavoro cinematografico di Luis Buñuel L’angelo sterminatore, dove un gruppo di facoltosi borghesi rimane imprigionato in un interno-metafora di un sistema (di benpensantismo e sterile manierismo) cui è difficile chiamarsi fuori.
Aggiornato a coordinate horror e di crisi (se non sbando) di coscienze post-sovietiche, Il citofono mi ha indotto a pensare ai toni dissacranti del film di Buñuel. Fatti i dovuti distinguo, sono simili in primo luogo la vocazione demitizzante e lo scavo parabolico operato sui personaggi, in fin dei conti ostaggio di demoni interiori più che infernali.
Ne discende una complessiva coloritura giallo-horror quasi pretestuosa per un libro concentrato in primis sui gironi inquietanti di vissuti spesso irrisolti.
La trama restituisce soltanto parzialmente il sottotesto psico-sociologico del romanzo.
Nel quartiere di Bródno, a Varsavia, esattamente al civico 41 di via Kondratowicz, l’11 ottobre 2002 viene ritrovato un corpo decapitato nell’ascensore del palazzo: è il più recente di una serie di strani incidenti avvenuti nella struttura dove peraltro molti inquilini appaiono tormentati da incubi e/o allucinazioni (Rosmary’s baby, L’inquilino del terzo piano). Seguiranno altre morti e, come se non bastasse, una sostanza viscida tracima dalla viscere del condominio, impedendo a chiunque di uscire o di comunicare con l’esterno. Wiktor, Agnieszka e Kamil sono gli anti-eroi predestinati a lottare contro i propri fantasmi e quelli del passato occulto del palazzo.
Se da un lato le dinamiche relazionali e la tessitura introspettiva del romanzo catturano la curiosità, per così dire antropologica del lettore, dall’altro il canovaccio orrifico (scricchiolii, rantoli, scantinati labirintici, oscure presenze, incubi notturni, ascensori maledetti) ne sollecita le emozioni di grana grossa, facendo de Il citofono un testo capace di coniugare senza frizioni alto e basso narrativi, come succede, in ultima analisi, ai romanzi di difficile aggettivazione ma riusciti.
Il citofono
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