Il colore è una variabile dell’infinito
- Autore: Roberta Torre
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2014
La vita dell’ingegner Pierluigi Torre, matematico, progettista dell’idrovolante Savoia-Marchetti, inventore di un sistema di registrazione automatico, precursore della scatola nera, progettista della lambretta Innocenti, docente di Disegno di Macchine e Progettazione al Politecnico di Milano, ibridatore di una particolare rosa di colore blu, è raccontata dalla nipote, nota regista cinematografica e teatrale, Roberta Torre, ne “Il colore è una variabile dell’infinito” (Baldini&Castoldi, 2014).
«Questo agglomerato di numeri, segni, simboli che vedete è il risultato della mia vita… sì, la mia vita è tutta racchiusa in questa formula matematica. La matematica è l’alfabeto con cui Dio ha scritto l’universo. Se scorro lentamente ogni segno o cifra ci rivedo un pezzo della mia esistenza … Qui c’è tutta la mia infanzia, qui l’adolescenza, qui i primi anni di università: tutto quello che ci circonda è matematica, i vostri tavoli, le traiettorie che disegnate per arrivare qui in quest’aula, ebbene tutto si può racchiudere in una formula e anche Dio si può racchiudere in una formula numerica non più lunga di due centimetri.»
L’io narrante, l’ingegnere stesso, si racconta dal 1913, quando ancora bambino insieme all’amico Pasquale a Vieste, dove il padre faceva il guardiano di un faro, costruiva strane macchine volanti in legno sino alla sua malattia che lo colpisce nel febbraio del 1980 vissuta a letto con accanto al suo amico di sempre Mauro Alfieri e sua nipote Roberta. Circa settant’anni di storia personale che si intersecano con la Storia d’Italia:
- la fanciullezza trascorsa a Vieste, il Meridione dei primi anni del Novecento, povero, prettamente agricolo;
- gli studi universitari a Milano prima a Torino dopo, gli anni del diffondersi delle idee fasciste;
- il lavoro come progettista dei motori degli idrovolanti Savoia-Marchetti S. 55, uno dei quali usato da Italo Balbo per compiere la sua celebre trasvolata atlantica da Roma a New York nel 1933;
- la divisa da colonnello e poi da generale in forza alla Direzione Superiore degli Studi ed Esperienze di Guidonia della Reggia Aeronautica, la seconda guerra mondiale;
- la nomina d’ingegnere capo all’Innocenti dove crea la Lambretta, il boom economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta;
- la grave malattia della moglie Albertina, il suo ritiro dal lavoro e la passione per le rose che coltiva nella sua Villa di Stresa alla ricerca della variazione di colore blu, il declino economico dell’Italia;
- l’incarico di docente al Politecnico di Milano, che dovette abbandonare perché tacciato di fascista dai propri studenti, le rivolte studentesche degli anni Settanta;
- il suo ritiro dalla vita pubblica, la malattia, gli anni Ottanta.
Un viaggio attraverso le vicende umane di un inventore geniale, di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita a studiare e a brevettare, un uomo riservato, profondamente idealista e sognatore che amò profondamente la moglie tanto da creare una rosa e che credeva fortemente nel progresso scientifico.
A distanza di mezzo secolo Roberta Torre, scavando tra le carte, i disegni, i documenti, le vecchie foto e i suoi ricordi riconsegna alla storia la figura del nonno sia nella grandezza di progettista e inventore che sia uomo con paure e fobie. Dal romanzo ha preso vita uno spettacolo surreale per la regia della stessa scrittrice, dove a interpretare lo scienziato geniale è l’attore, cantante, cabarettista, Paolo Rossi.
"Avevo un mese di vita, più o meno, così avevano detto. Da quanti giorni è composto un mese? Quante ore secondi minuti, i mesi qui dentro sembrano anni. Il tempo non aveva più tempo, le giornate si accavallavano nei miei occhi come spezzoni di un film: la notte il giorno l’alba e di nuovo la notte, sprazzi di vita, il sole, la panchine, donne con grandi cappelli dalle ali bianche come gabbiani che ci rincorrevano in giardino, uomini ciondolanti che si trascinavano da un lato all’altro, camici bianchi, occhiali, minestra, petto di pollo, notte, giorno, pioggia e di nuovo notte, freddo, neve … era tutto condensato in un frammento di tempo che io non riuscivo davvero a decifrare, a collocare in un comprensibile spazio-tempo che mi avrebbe aiutato a capire e a distinguere i giorni, i mesi, gli anni che passavano. Ed era per questo che intere notti le trascorrevo a trascrivere in fretta tutta quella vita fatta di numeri e formule che ero riuscito a scoprire. La mia rosa blu, la mia rosa Albertina: era questa la formula più importante, la più amata e la ripetevo ogni giorno nel segreto della mia affollata testa".
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