Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore
- Autore: Lucia Vasilicò
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
Amo molto gli epistolari o meglio da un po’ ne sono quasi ossessionato: spiegano meglio il mondo interiore del personaggio principale, se sono scritti bene ti arricchiscono e ti fanno venire voglia di scrivere una lettera. Una cosa che non si fa più.
Lucia Vasilicò mette nelle lettere malinconia, abbandono, grigiore, pigrizia e umiliazione.
La persona che scrive è Giovanni, detto Babila. Un uomo "senza qualità", proprio prendendo il titolo del romanzo di Robert Musil che viene espressamente citato. Non lavora, vive con i suoi genitori e una sorella, Ilaria. Siamo alle prime lettere nel 1957. La prima missiva va al dottore di famiglia che conosce tutte le idiosincrasie del suo paziente: una certa morbosa verbosità, una emotività da tenere sotto controllo con i farmaci.
Giovanni non nega di avere soprattutto una grande ossessione: si lava le mani ogni cinque minuti, deve averle sempre pulite, è una coazione a ripetere, in quanto lui non tocca niente che possa dargli infezioni, malattie o quant’altro. Un piccolo stralcio da una lettera può dare al lettore la figura di umiliato e offeso di Giovanni:
"Sono agli estremi. Ma è necessario cominciare. Sembro chiuso da grosse sbarre di ferro. Anche il pavimento e fatto di sbarre, sospeso qualche metro sopra un fondo terroso e sporco, sono messo alla gogna. C’è poca luce, niente aria, sto esagerando. Dovrai perdonare questo momento di cupo pessimismo. Sospendo, sono molto stanco..."
Giovanni scrive da Reggio Emilia anche alla sorella Amalia, che sta in Versilia, dove gestisce un piccolo alberghetto, per mettersi d’accordo per andare al mare, in estate. Reggio Emilia lo rifiuta: i suoi coetanei tendono a isolarlo, perché un uomo adulto che non ha mai lavorato per presunti problemi nervosi, veniva considerato meno di zero.
Giovanni non ha passioni: non fa giardinaggio, non legge molto, avendo avuto una storia travagliata anche nell’Istituto Tecnico che frequentava, l’uniche sue entrate arrivano dalla sorella Ilaria, che tiene i cordoni della borsa. Se apparecchia la tavola per desinare riceve duecento lire, se lava i piatti sono altre trecento lire. Basta. Un uomo che può andare gratis dalla sorella in albergo, ma che non si è mai spostato dall’asse Reggio Emilia - Versilia, per mancanza di mezzi. Non è mai stato a Roma, per dire, che lui immagina bellissima e piena di colori.
Più in là nell’epistolario la sua musa ispiratrice diventa la nipote Orsola, figlia di Amalia, che lo sopporta e sembra volergli sinceramente bene. Più cresce Orsola più si fa sfacciata, uno spirito libero, perde presto la verginità, ha continui fidanzati che esasperano lo zio, che ha nei confronti della nipote un affetto anche sessuale, anche se un rapporto come quello di Lolita di Nabokov non ci sia mai stato. Anzi Giovanni fa finta che le sue siano solo attenzioni da zio, rifiuta qualsivoglia desiderio di possesso, si fa impotente nei confronti della nipote, perché anche di questo ha paura, essere innamorato non rientra nei suoi programmi minimi. Teme il caldo, teme il freddo, il rapporto con il padre è inesistente, anzi non si parlano nemmeno e fanno finta di essere due estranei che vivono sotto lo stesso tetto.
A un certo punto il cattolico Giovanni perde anche la fede, comincia realmente a pensare che la sua sia stata una vita sprecata, fatta di mille abitudini mutuate dalla famiglia. Infatti dopo pranzo, tutti in casa, madre, padre, Ilaria dormono fino alle cinque e oltre tutti i santi giorni.
Il matrimonio di Orsola lo accascia definitivamente, scrive:
"Se Orsola vorrà ritornare bisogna avvisare i miei... ubriachi di odio, anche sedersi vicino come per una confidenza, fingere di chiedere un consiglio invitando ad una passeggiata, innocua all’apparenza, invece cominciare un discorso pesante, gradatamente velenoso, carico di accuse."
La famiglia è convinta che Orsola si sia servita dello zio per i suoi scopi, che forse l’abbia sedotto sul serio, quando proprio Giovanni non è mai riuscito interamente a esternare il suo desiderio d’amore verso la nipote.
Giovanni cade in un’indescrivibile vecchiezza e rassegnazione alla morte della madre: non è mai vissuto.
Scritto bene da Lucia Vasilicò, con un italiano intriso anche di cadenze dialettali, "Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore" (Aracne, 2014) è veramente da consigliare, non fosse altro per come l’autrice sa disegnare Giovanni nella sua interezza, nel bene e nel male.
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