Il diavolo in corpo
- Autore: Raymond Radiguet
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
Il giovane Raymond aveva sedici anni quando iniziò a scrivere Il diavolo in corpo, il suo primo romanzo. Un libro immorale per i benpensanti dell’epoca, messo subito all’indice, ma rimasto nell’élite dei classici di inizio Novecento, un romanzo unico di un autore che morirà di lì a poco.
Raymond Radiguet nacque nei pressi di Parigi nel 1903 ed era il primo di sette figli. Frequentò con scarso profitto il liceo fino allo scoppio della guerra. La sua famiglia, a seguito degli eventi, decise di lasciare Parigi e di spostarsi sulle rive del fiume Marna, fino al termine della guerra. Il tempo che aveva a disposizione Raymond lo passerà leggendo gli autori del Seicento e del Settecento francese: Stendhal, Rimbaud, Mallarmé, Proust. Al suo rientro a Parigi iniziò a frequentare l’avanguardia letteraria e i suoi esponenti: Apollinaire, Max Jacob, Cocteau.
La pubblicazione de Il diavolo in corpo ottenne un enorme successo suscitato soprattutto dallo scandalo. Il giovane scrittore morirà di tifo nel dicembre del 1923 a soli vent’anni. La storia narrata, in parte autobiografica, si svolge durante la prima guerra mondiale. Il giovanissimo protagonista, del quale non conosciamo il nome, racconta in prima persona di quando insieme alla sua famiglia ha lasciato Parigi, per le vacanze in campagna dopo un anno scolastico non lusinghiero. Ad attenderli al villaggio c’è la famiglia Grangier, padre, madre e la loro figlia Marta con il fratello più piccolo. Marta, di appena diciotto anni, ha il fidanzato che è partito per il fronte e durante la sua assenza cura i preparativi dell’imminente matrimonio e si diletta nelle letture. Il nostro giovane adolescente vedendola arrivare sulla banchina della stazione nel suo abito semplicissimo, con il volto nascosto dal cappello, ne rimane incantato. Vorrà conoscere tutto della fanciulla, ne è già innamorato e non smetterà di cercarla di continuo. Si rivedranno successivamente a Parigi. Marta ha appuntamento con i suoceri per gli ultimi preparativi in vista del matrimonio, ma manda tutto all’aria per trascorrere l’intera giornata con il suo giovane amante. Altri incontri seguiranno e altrettanti periodi di silenzio. Sono consci che il matrimonio li separerà per sempre ma anche che il loro amore non può più essere ignorato.
“ … quand’ella dormiva, coi capelli sciolti accanto al fuoco, con la testa appoggiata al mio braccio, mi piegavo sopra di lei per vedere il suo volto circondato dalla fiamma. Era un giocare col fuoco. Un giorno che mi avvicinano troppo, ma senza che il mio viso toccasse il suo, fui come l’ago che oltrepassa di un millimetro la zona vietata e cade sotto l’azione della calamita. La baciai stupito della mia audacia.“
Un amore passionale difficile da controllare, un amore proibito vissuto con sofferenza che li trascinerà in un finale tragico.
Con una scrittura semplice ma con una sensibilità coinvolgente, l’autore appena diciassettenne riesce ad entrare nell’animo dei personaggi e a tratteggiarne i sentimenti e le malinconie. Una storia d’amore e di adulterio di due giovani amanti, vissuta con passione e sofferenza.
“Maledissi l’amore che obbliga a render conto agli altri delle nostre azioni, mentre avrei tanto desiderato non farlo, né cogli altri, né tanto meno con me stesso. Desideravo di esser presto tanto forte da fare a meno dell’amore e non dover, così, sacrificare nessun mio desiderio. Non sapevo che, servitù per servitù, vale ancor meglio lasciarsi asservire dal cuore che dai sensi.“
Il diavolo in corpo è un romanzo potente che si legge tutto d’un fiato, pagine coinvolgenti piene di emozioni e smania di amore che non lasciano indifferenti. È indimenticabile, inoltre, la versione cinematografica portata sullo schermo nel 1947 e interpretata dal giovane attore francese Gerard Philippe, un film divenuto ormai un cult.
Il diavolo in corpo
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Opera celebratissima di un genio precoce e dalla quale è stato tratto un film. tratta la storia di Jean, un sedicenne che dimostra un desiderio forte di vivere sopra le righe , anche a costo di dare scandalo. Intreccia una relazione con Marthe, una donna più vecchia di due anni e già sposata. Non è un amore platonico, ma una relazione passionale e criticatissima dalla società del tempo. Non dimentichiamoci l’epoca.
Lo sfondo è quello della Grande guerra, il marito di Marthe è un soldato, la moglie si annoia nel quadro soffocante della provincia francese e il resto è facilmente prevedibile. Ma la punizione non tarderà ad arrivare per l’adultera. La donna rimane incinta di Jean e muore per complicazioni di parto. Il finale non è da raccontare, ma sicuramente porta un cambiamento radicale nel giovanissimo amante.
La narrazione è in prima persona, quasi fosse un diario ( ed è logico considerata la tendenza adolescenziale all’autocompiacimento) e fatta di pochi eventi, ma in compenso molto analizzati. Si nota la tendenza già rilevata in altri autori francesi alla fredda analisi dei sentimenti, a capire le passioni più che a viverle. E non è poco considerato che Radiguet aveva 20 anni quando scrisse il romanzo.
E’ un’opera intimista, molto primonovecentesca, con una prosa fatta di brevi capitoli, ma forte nel contenuto perchè fondata su una passione non accettabile socialmente.
Lettura che regge bene la prova del tempo e perciò da consigliare per capire come anche a livello di una questione privatissima come una passione amorosa il Novecento fu il secolo che cambiò le regole del vivere.
Belle le tue parole...non posso che concordare con te Patrizia.
"Il diavolo in corpo" di Raymond Radiguet è un romanzo d’amore scandaloso per la morale corrente, scandaloso allora quando uscì in Francia nel 1923 (prima edizione italiana 1946) e scandaloso oggi e sempre. Non perché tratti di un amore clandestino tra una giovanissima ragazza sposata a un soldato partito al fronte nella Prima guerra mondiale e un ancor più giovane adolescente quindicenne; non o non solo per il sovvertimento dei valori, secondo i quali tradire è un atto riprovevole carico di sensi di colpa, oggi come ieri. No, lo scandalo sta appunto in quel diavolo, nella passione divorante e dirompente, esclusiva, gelosa, nello spazio accordato a quella passione.
È quanto fa svenire Dante, caduto per l’emozione "come corpo morto cade" dopo il racconto di Francesca, con un Paolo silenzioso avvinto a lei nella fiamma; è un silenzio/assenso che commuove. Scandalo inteso dunque come sobbalzo interiore, struggimento, saturazione dell’essere e travalicamento di tutti i confini.
Radiguet, ragazzo prodigio, scrive il libro a 18 anni, nel 1921. Aveva avuto una relazione con una donna dieci anni più vecchia di lui. Sicuramente l’autobiografia ha il suo peso nella scrittura. Il libro piace immensamente, specialmente a J. Cocteau.
Ne sono state tratte ben tre versioni cinematografiche: la prima nel 1947 dal regista Claude Autant-Lara; la seconda da Marco Bellocchio nel 1986; la terza nel 1989 da Scott Murray.
Le edizioni italiane del libro non si contano. L’ultima fresca fresca del 2021 è di Bompiani. Io sono affezionata alla mia del 1993 (Newton Compton editori, p. 97, traduzione e cura di Maurizio Enoch). In copertina è riprodotto il quadro "Amanti" di Egon Schiele del 1911.
Fuoco e trasgressione, questo è il diavolo. È lo stato esplosivo dell’adolescenza intesa come condizione archetipica; è il giovane Eros che mai invecchia, l’incoercibile che nella Bibbia grida al dio censore "Non serviam", "non servirò". Il motto viene adottato anche da James Joyce nel suo romanzo di formazione “Ritratto dell’artista da giovane”, in conflitto perenne con il bigottismo cattolico irlandese.
Scrive Radiguet:
"Ma nella società, solo gli spiriti grossolani potranno apparire immuni da peccati contro la morale".
Il diavolo non chiede approvazione o riprovazione, chiede di esistere, diritto di cittadinanza. Poi nel quotidiano, nei giorni feriali e non giubilanti, non può esistere a lungo. Infatti la ragazza, Marthe, non potrà vivere. Incinta dell’amante morirà di febbre con il suo nome sulle labbra, dando alla luce il loro bambino, fatto passare come figlio del soldato Jacques. Jacques è prototipo delle convenzioni. Altri personaggi, genitori, amici, il medico, sono la polvere dei giorni che non può essere partecipe del dramma estremo.
I baci e gli abbracci dei due amanti stringono un legame inestricabile. È bisogno reciproco vitale che paradossalmente sfiora il sentimento della morte.
“Le sue due mani si chiusero intorno al mio collo; non si sarebbero aggrappate più rabbiosamente durante un naufragio. E non capivo se lei desiderava che la salvassi, oppure che annegassi insieme a lei.”
“Si può morir” è un verso dell’ “Elisir d’amore” di Donizetti che mi ritorna in mente per analogia.
La maturità, possiamo chiederci, spegne le passioni? Goethe le sperimentò fino alla fine della vita. Esse vivono fuori del tempo, poste oltre bene e male, si autogiustificano. Sono luce quando escono dall’oscurità.
"Forse è vero che l’amore è la forma più violenta di egoismo"
è una delle frasi "scandalose" di cui abbonda il romanzo. Lo scrittore adotta un tono asciutto, quasi distaccato, pur facendoci provare l’intensità emozionale, il bruciare, il desiderare. Lo stile è limpido, misurato; nulla è di troppo nel raccontare il senza misura.
Pur così giovane, conosce molto bene la prossimità della morte: muore di tifo a vent’anni, nel dicembre del 1923. A Cocteau, accorso al suo capezzale, rivela, usando una metafora da grande scrittore quale egli è:
"Udite una cosa terribile. Fra tre giorni sarò fucilato dai soldati di Dio.”
È come se anche lui, come l’eroina del libro, non potesse vivere in un mondo più spento rispetto al diavolo interno.
Il diavolo resta nelle pagine a noi, interrogandoci. Quale sia il bene e quale il male dobbiamo scoprirlo nella nostra intimità. Ciò che è male spesso è bene e viceversa. Sul legame ufficiale tra Marthe e suo marito lo scrittore apre squarci dolorosi, come:
"[…] consideravo piuttosto Marthe una vergine, data per i primi quindici giorni di nozze a uno sconosciuto che l’aveva presa parecchie volte con la forza.”
Eppure tutta la società, sia quella virtuale del romanzo che quella reale, era concorde nel difendere il matrimonio, l’ordine ufficiale delle cose. Tutti certamente conoscevano per propria esperienza i patemi delle giovani spose nelle camere da letto, ma tacevano, sorvolavano. Rodiguet no.
La verità è la forza dell’arte. Ne abbiamo bisogno, oltre che per goderne la bellezza, per lavare l’anima e diventare specchio terso di noi stessi.
Graziella Atzori