Il flauto rovescio. Controstoria della letteratura italiana
- Autore: Marco Cimmino
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Il politicamente scorretto irrompe nella critica letteraria. Il flauto rovescio (Edizioni Bietti, Milano, 2014)è una provocatoria, corrosiva e corposa controstoria della nostra letteratura: fuoco ad alzo zero su falsi miti e qualche pallone gonfiato per ristabilire meriti ad autori ingiustamente dimenticati.
Quasi ottocento pagine di incisiva polemica che faranno storcere il naso a molti critici di professione, ammesso che decidano di aprire il libro di Cimmino.
Da quel dongiovanni e attentatore alle virtù delle mogli altrui che fu Foscolo si arriva al Manzoni, il quale, al netto del romanzo per antonomasia I promessi sposi, non avrebbe più pubblicato nient’altro di davvero rilevante.
Trilussa e, ancor più, Carlo Porta non avrebbero avuto quegli apprezzamenti che invece avrebbero meritato, mentre a ben altri autori sarebbe stato tributato l’onore di apparire sulle antologie scolastiche.
Ad un Carducci poco considerato farebbe da contraltare un sopravvalutato Svevo, sul cui stile di prosatore Cimmino nutre perplessità persino sotto l’aspetto delle regole sintattiche.
Frecciate poi alla poesia ermetica – vista come autoreferenziale e chiusa in sé - all’indirizzo soprattutto di Montale e Ungaretti: quest’ultimo è considerato da Cimmino un bravo poeta, ma non certo da annoverare tra i grandi della letteratura.
Si ricorda polemicamente la trasmigrazione in massa di tanti scrittori, artisti, intellettuali dal sostegno al regime fascista all’approdo all’antifascismo – specie di area comunista -, con lo scopo, terra terra, di mantenere i privilegi acquisiti durante il ventennio. E allora vai con le stilettate al curaro ai vari Silone, Calvino, Alvaro, Guttuso, Brancati, Luzi, Pratolini, Argan.
La stessa letteratura resistenziale, sempre ad avviso del nostro, avrebbe prodotto romanzi piuttosto mediocri, elogiati da una critica conformista soltanto per motivi politici (uno su tutti, L’Agnese va a morire di Renata Viganò, uscito nel 1949).
Correnti, scrittori e poeti sono passati al setaccio senza soggezioni di sorta. Su alcune icone (leggi Calvino), pur riconoscendone l’indubbio talento narrativo, non mancano le critiche per le sospette e rapide conversioni di comodo che avrebbero aiutato ad aprire le porte più importanti negli ambienti giusti.
Dopo il neorealismo, dagli anni Sessanta la letteratura italiana avrebbe conosciuto una vera e propria crisi di autori e libri di qualità: tranne qualche eccezione, dunque, non si scriverebbero più i capolavori di un tempo. Su questo punto, in effetti, Cimmino non ha tutti i torti: viviamo tempi in cui abbonda una narrativa di basso livello, talvolta spacciata - con superficialità e intenti commerciali - per opera d’arte, con schiere di pseudoscrittori che magari non hanno mai aperto un classico in vita loro.
La storia della letteratura viene impietosamente rovesciata come un calzino, per dare a Cesare ciò che il nostro ritiene sia di Cesare: ristabilire riconoscimenti a chi li merita e smascherare qualche raccomandato.
Il libro potrebbe rivelarsi indigesto per chi nutre idee ortodosse sull’argomento, ma, comunque la si pensi, ti seduce dall’inizio e si legge spedito.
Le spigolose e caustiche, quanto colte, penetranti e raffinate asserzioni di Cimmino non meritano di essere snobbate dai critici di maggior grido: casomai sarebbe interessante provare a confutarle con argomenti convincenti.
E poi, dopo le intramontabili antologie dei vari Salinari-Ricci, Guglielmino, Asor Rosa, Sapegno, ecc. - autentici testi sacri in materia -, perché non stuzzicarsi un po’ con questa versione audace, pungente e alternativa?
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