Il gabbiano di Torrefiamma di Silvia Bellia

Il racconto Fantasy raggiunge i suoi massimi livelli quando la narrazione è così evocativa da rappresentare la storia attraverso la sinuosa forma delle immagini. Ed è proprio questo che accade, leggendo il piacevole racconto della giovane esordiente Silvia Bellia: la forza comunicativa delle parole si trasmette in immaginifiche visioni. Una storia visionaria, dunque, i cui strani personaggi si compiacciono per una luce solare che acceca, non hanno consapevolezza dei sogni, attraverso pratiche ascetiche raggiungono stati di leggerezza fatali, si nutrono della conoscenza e del suo diretto contrario con il medesimo impegno, auspicando il medesimo intento.
Personaggi che, certamente, si sono persi nei labirinti delle proprie esistenze, ma in ogni caso ammirabili perché a costo di perdersi, hanno trovato il coraggio di sperimentare le proprie forze, anche attraverso percorsi tortuosi, nel raggiungimento di una consapevolezza vitale.
È indubbiamente un racconto di fantasia, ma l’allegoria con la vita contemporanea è molto forte. Lottando contro la propria staticità emotiva, Clarminia riesce a prendere la coraggiosa decisione di fuggire da Torrefiamma, il rifugio dove vive insieme al padre, che al contrario non ha mai avuto il coraggio di interrompere quella spirale d’immobilità, e dal quale sente di non poter compiere il proprio destino.
Inizia quindi il suo percorso verso un futuro indubbiamente oscuro, rischioso, difficile, soprattutto per una bambina che non sa nuotare (Torrefiamma è una montagna a picco sul mare), ma indubbiamente un futuro che prevede l’assolvimento di un diritto/dovere fondamentale per qualsiasi creatura vivente, quello di vivere, e vivere seguendo i propri sogni, riconoscendo i propri desideri, incontrando le persone con cui condividere l’Amore.
Così questo singolare viaggio alla ricerca di sé, per Clarminia, si svolge dapprima con la conquista di Biblicanto, una torre di libri, la cui scalata porta agli alti cieli della conoscenza, poi attraverso la disciplina appresa dai Funamboli del mare. Gente che vive, anzi non vive, ai limiti dell’essere. Insomma fughe potrebbero sembrare, in realtà lo sono, ma fughe che alla fine portano ad una crescita interiore, fino ad arrivare alla riconciliazione con il proprio passato, la cui accettazione consapevole non è che la base solida per un glorioso presente.
Un messaggio importante, quello lanciato dall’autrice, che probabilmente vuole raggiungere i lettori e spronarli ad agire contro un’immobilità preoccupante, che prima di tutto risiede nella mente, e che porta una sconfitta a quel dono prezioso che è la vita. Un racconto dai risvolti esistenziali, pertanto, espresso sotto forma di fiaba, che attraverso un linguaggio poetico racconta la necessità di risveglio di un’intera generazione.