Il gesto femminista. La rivolta delle donne nel corpo, nel lavoro, nell’arte
- Autore: Ilaria Bussoni, Raffaella Perna (a cura)
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Le “streghe” avevano facce libere & belle, altro che le sculettanti suffragette dell’attuale “velinume” tv. Erano tante, erano donne, ed erano “streghe” davvero, di quelle che volano però senza la scopa, piuttosto per via della coscienza di classe (che è anche coscienza “di genere”) e di una testa fatta apposta per pensare. Pensare, per esempio, che se la Storia è sempre stata una faccenda di uomini per uomini un motivo ci dev’essere, e non è buono quasi mai.
Vale la pena, allora, farlo sapere al mondo che l’angelo del focolare è stufo, è meno angelo del solito, fatto di carne, ossa, occhi, e una bocca che serve per salmodiare in coro il mantra corteale dell’affrancamento domestico, i tormentoni di gruppo della lotta senza quartiere femminista: “tremate-tremate-le streghe son tornate”, maschio-represso-masturbati-nel cesso”, “dito-dito-orgasmo garantito”, e diverse altre robe così.
E però, a pensarci bene, è stato soprattutto un gesto - iconico, metaforico - a consegnare le “streghe” alla leggenda sociale: pollice e indice di ciascuna mano a formare una doppia L, congiunti in un simbolo che è rottura e metonimia insieme, l’evocazione dell’organo genitale femminile come atto rivendicativo di tutto ciò che non è mai stato e che adesso invece può darsi: orgoglio, dignità, rabbia, sfida, sesso, scelta, libertà. Dalla “coda” dei Sessanta fino alla fine degli anni Settanta “quel” gesto diventa “il” gesto in cui migliaia di donne – studentesse, operaie, movimentiste, casalinghe – si riconoscono, mentre occupano, protestano, provocano, sfilano, diventano una forza politica trasversale che ispira complessi di castrazione, timore e tremore: il mondo brucia là fuori (brucia di idee, di sogni, di piazze, e sempre e comunque di libertà), e le “streghe”, insomma, sono tutt’altro che pompieri. Come scrivono Ilaria Bussoni e Raffaella Perna ne “Il gesto femminista. La rivolta delle donne nel corpo, nel lavoro, nell’arte”, DeriveApprodi, 2014:
“Un gesto che, così come compare, in una genealogia incerta, poi scompare(…) Sembra durare circa un decennio: i Settanta. Spunta insieme ai movimenti delle donne, al femminismo. Insieme alla pillola anticoncezionale, ai consultori, allo speculum, al divorzio, all’aborto, ai processi per stupro, dopo le minigonne forse insieme agli zoccoli. Va a mettersi tra uomini e donne, tra marito ne moglie, tra compagno e compagna, anche tra donna e donna. All’incrocio di relazioni amorose, affettive, familiari. Di rapporti di potere, di gerarchie, di forme di subordinazione. Di rapporti di produzione e di riproduzione”.
La semantica della “vagina” è dunque una semantica mica da poco. Portavoce di un "segno" a partire dal quale niente sarà più lo stesso e come prima, un segno che questo libro per immagini e (più) voci, affresca, teorizza, indaga, nel suo accumulo molteplice di significati e ricadute sociali: dalle femministe vintage al tempo del bigottismo democristiano alle irreggimentate Pussy Riot dell’era Putin, la storia politica del "gesto femminista", in fondo, è una storia infinita e questo libro si segnala, per ciò, come un meta-saggio: memorial fotografico e insieme analisi antropologica sull’arte e sul costume più recenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il gesto femminista. La rivolta delle donne nel corpo, nel lavoro, nell’arte
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