Il lato sbagliato del cielo
- Autore: Laura Baldo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Laura Baldo pubblica solo da due anni, ma non si è fermata un attimo: racconti, un giallo breve, fiabe stravaganti per bambini, una saga fantasy in preparazione e tanta passione per la storia, soprattutto della seconda guerra mondiale. È stato l’argomento del romanzo d’esordio, nel 2019 e lo è anche del nuovo testo di narrativa storica di cui ci occupiamo, Il lato sbagliato del cielo, per i tipi delle edizioni cagliaritane Arkadia (febbraio 2021, 243 pagine), nella collana Eclypse.
Nel titolo precedente, Qualunque sia il tuo nome, ha raccontato una vicenda di guerra tinteggiata di rosa, con il confronto solo a tratti conflittuale tra un ufficiale delle SS e una ragazza attiva nella resistenza polacca, una storia considerata prevalentemente romantica e premiata come tale dalla giuria del secondo concorso eLove Talent, promosso da Harmony e Kobo Writing Love.
In questo secondo romanzo, l’attivissima narratrice trentina si sposta verso una visione più storica che sentimentale, pur sempre un prodotto di fantasia, sebbene il racconto si mantenga nel contesto di eventi e situazioni autentiche. E quali! La rivolta di Varsavia del 1944, la vita e la morte nei lager nazisti, bombe, raffiche, macerie.
Storia “cupa”, secondo papà Baldo, che non si è fatto condizionare dall’affetto filiale nel giudicare le pagine “tristi”, ma va detto che non si fermano al contesto strettamente bellico, si allargano verso contenuti che possono attrarre anche il pubblico femminile.
Pur trattando di nazisti e di partigiani, non è un romanzo manicheo, in cui il male sta tutto dalla parte dei tedeschi e il bene da quella dei polacchi. Quantomeno, il “cattivo” non è rappresentato tanto senza speranza da non aprirsi a valori diversi, per la buona mano dell’autrice. Sotto questo aspetto, tocca dar torto alla mamma di Laura - la signora perdonerà l’intromissione - quando chiedeva alla figlia di piantarla con lo scribacchiare, invitandola a darle una mano a pulire i vetri.
La scrittrice emergente ha tenuto affettuosamente testa ai genitori e ha dimostrato di stare dalla parte giusta. Chi milita invece in quella sbagliata, nel romanzo, è il giovane cattolico Rainer Fiehler. Nel 1945 ha solo 22 anni e tre li ha consumati sul tremendo fronte orientale, combattendo contro i russi nei reparti delle Waffen SS, volontari dal partito hitleriano non attivi come polizia politica ma aggregati alle formazioni dell’esercito regolare, la Wehrmacht, in divisioni scelte di soldati motivati e ben addestrati. Rainer ha superato per un soffio la selezione iniziale, un metro e settanta è l’altezza minima per il Corpo, ma le SS hanno guadagnato un ottimo combattente e un soldato-manifesto della “pura razza ariana”: biondo, con gli occhi blu (“come il cielo estivo un po’ offuscato”). La madre lo chiamava “il mio angelo” e i prigionieri di Flossenburg “l’angelo della morte” e non perché si comporti in modo crude ma per l’aria pensierosa, assente, come gli angeli di pietra dei cimiteri.
Giovanissimo sergente maggiore, non ha tutto in ordine nella testa, soffre vuoti di memoria dopo l’esplosione che nel settembre precedente gli è quasi costata una gamba, lo ha lasciato fuori conoscenza per giorni e costretto prima all’ospedale poi al servizio nelle retrovie, nel corpo di guardia di un campo di concentramento. Cammina a stento, zoppicando.
Flossenburg, in Baviera, non è un lager di sterminio ma di smistamento. Vi si muore ugualmente, sebbene non nelle camere a gas, quanto per stenti, malattie, freddo, denutrizione. All’appello nell’atrio, i prigionieri ultimi arrivati - partigiani rastrellati di recente - si distinguono perché hanno ancora un po’ di carne sotto il pigiama informe a strisce, rispetto a quelli trasferiti dai campi raggiunti a Est dall’avanzata dell’Armata Rossa.
Gli uomini tengono sempre gli occhi bassi, ma uno sostiene lo sguardo del sottufficiale. Ha solo 17 anni, è arrivato da poco, catturato a Varsavia, dove aveva impugnato le armi contro i tedeschi e imparato a combattere insieme a ragazzi ancora più giovani. La mamma è rimasta sotto le macerie della città devastata.
Fiehler non può saperlo, ma Lucjan, che lo fissa con uno sguardo senza sfida o insolenza, ha riconosciuto in lui l’SS che ha visto compiere un gesto incomprensibile, umano. I tedeschi erano impegnati a liberare il lungofiume della Vistola dai civili insorti. Rainer guidava i suoi uomini in un quartiere semidistrutto e non si era accorto di un gruppo di giovani vestiti alla meglio che li spiava dai tetti. Aveva visto bene invece un ragazzino sui dieci anni sbucare dalle macerie, proprio mentre la coda della sua colonna veniva attaccata. Il bambino si era voltato con sorpresa verso il tedesco, bloccandosi e dando le spalle alla bomba a mano lanciata dai partigiani che roteava anche verso di lui. Di puro istinto, il tedesco si era lanciato verso il piccolo, spingendolo con forza in un vicolo prima che l’ordigno si frammentasse esplodendo in schegge roventi, proiettate verso il militare. La più grossa si era conficcata nella gamba sinistra sotto il ginocchio, altre nella schiena e nelle braccia, un orecchio era stato lesionato dal rombo. Prima di perdere i sensi, aveva visto il bimbo guardarlo con aria meravigliata dal vicolo, incerto tra la realtà e il sogno. Un tedesco buono? Anche Lucjan aveva seguito la scena, dai tetti.
Tra il militare e il polacco nasce un dialogo, che prosegue per tutto il romanzo. Rainer sarà posto di fronte a una scelta che l’autrice illustra con grande sensibilità, in un romanzo di vicende forti, che si apre però alla speranza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il lato sbagliato del cielo
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