Il metodo 15/33 di Shannon Kirk

Una ragazza sta andando a scuola. Ha sedici anni. È incinta di sette mesi. La strada è quella di ogni giorno, ma a volte prende una scorciatoia. Al bivio, girare a destra o a sinistra? Nella frazione di un secondo si compie il suo destino, così come quello dei suoi rapitori. Sì perché, eludendo la strada più breve, questa ragazza si dirige dalla parte sbagliata, dove c’è un uomo ad attenderla. Viene caricata a forza su un furgone e condotta in un posto isolato, dove viene fatta prigioniera e rinchiusa in una vecchia stanza ammuffita. Le sole visite giornaliere sono quelle del suo carceriere, che le porta i pasti e che lei chiama ossequiosamente “signore”. E poi, talvolta c’è un dottore dalle mani fredde e una coppia che desidera solo bambini biondi. Ma l’educazione della giovane è di facciata. Dopo aver capito che tutti mirano al bambino e che a parto avvenuto sarà uccisa, non si perde d’animo. Sfrutta la sua intelligenza e il suo grande autocontrollo per attuare un piano di fuga. Ogni oggetto che entra nel suo campo visivo viene meticolosamente catalogato con un numero, fino a mettere in atto una strategia che vede schierati in prima fila oggetti semplici e presenti nella sua stanza – in primis i numeri 15 e 33 – che, se utilizzati con ingegno, possono anche dare la morte. La sedicenne però non intende solo liberarsi. Medita vendetta e, lentamente, astutamente, la ottiene.

“Il metodo 15/33” (Rizzoli, 2017), romanzo d’esordio dell’americana Shannon Kirk, non è il solito thriller scontato. Sebbene parta da una trama non troppo originale – il mostro che rapisce giovani ragazze o il traffico di neonati non sono nuovi in letteratura – ribalta completamente il ruolo fra vittima e carnefice. La protagonista infatti non se ne sta buona in un angolo a supplicare di essere liberata. Ella scruta, analizza, prende nota, tanto da mettere nel suo carceriere un grande senso d’inquietudine. Sebbene incinta, e quindi fisicamente vulnerabile, questa eroina moderna ci insegna a godere di ogni risorsa a nostra disposizione e a ribaltare una situazione che appare disperata. Al di là del dubbio che l’autrice insinua, circa la capacità di provare emozioni della sua protagonista, il suo coraggio fa sì che ella sappia riscattare, almeno in parte, le tante donne descritte nei romanzi come vittime sacrificali di uomini rozzi e pazzi. Una giovane che protegge se stessa, il suo bambino e altre donne, seppure nel caso specifico istighi alla violenza, infonde un barlume di speranza, affinché il genere femminile non soccomba, ma sappia difendersi e uscire in autonomia dalle situazioni difficili. Sebbene i giochi siano fatti, dall’inizio, poiché la protagonista racconta quello che le è accaduto diciassette anni prima, il romanzo ha un buon ritmo e i colpi di scena non mancano. Anche il finale è incalzante ed avvincente.

Shannon Kirk deve avere però letto i romanzi di Patricia Cornwell. Una volta terminata la vicenda del rapimento, infatti, pensa per la sua protagonista un epilogo che ricorda fortemente la vita di Lucy, la nipote di Kay Scarpetta. Come se, nel frattempo, fosse stata dotata dei medesimi “superpoteri”.
È questa l’unica nota stonata, in una storia che invita a lottare e a non arrendersi. Un libro consigliato a chi ama il thriller adrenalinico, ed è disposto a considerare che una ragazzina possa essere davvero “tosta”, avendo nelle sue mani il destino di tante persone.